Eventi e Cultura

36 ANNI FA IL TERREMOTO CHE FECE SPROFONDARE IL SUD

Oggi 23 novembre è il 36° anniversario del tremendo terremoto dell’Irpinia e della Basilicata. Un sisma che nel 1980 causò quasi

Oggi 23 novembre è il 36° anniversario del tremendo terremoto dell’Irpinia e della Basilicata. Un sisma che nel 1980 causò quasi tremila vittime fra Campania e Basilicata. Nessuno dimentica il dramma di quel terremoto. Il sisma avvenne alle 19 e 34 ed ebbe una magnitudo 6.9. La faglia responsabile del terremoto dislocò un enorme area e anche per questo i danni furono ingentissimi, estesi su un’area di circa 17 mila chilometri quadrati. L’area colpita si estendeva dall’Irpinia al Vulture, a cavallo fra le province di Avellino, Salerno e Potenza. I comuni maggiormente colpiti (l’intensità raggiunse il 10° grado della scala Mercalli) furono Castelnuovo di Conza, Conza della Campania, Laviano, Lioni, Sant’Angelo dei Lombardi, Senerchia, Calabritto e Santomenna. Gli effetti si fecero tuttavia notare su un’area ben più vasta, con pesanti danni anche a Napoli. Il sisma del 1980 è stato uno dei più forti del Novecento in Italia. Mise a nudo un enorme ritardo da parte dell’Italia in tema di protezione civile e prevenzione sismica. L’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini lanciò una dura accusa e un invito a darsi da fare. Chi c’era, quel 23 novembre del 1980 ricorderà per sempre l’ora del terremoto. Trentasei anni fa, alle 19 e 34. Novanta interminabili secondi. Il terremoto colpì una regione dell’Italia meridionale compresa tra la provincia di Avellino e la Basilicata. Una delle più grandi tragedie del nostro Paese che Alberto Moravia così descrisse ne “Ho visto morire il Sud”: «A un tratto la verità brutale ristabilisce il rapporto tra me e la realtà. Quei nidi di vespe sfondati sono case, abitazioni, o meglio lo erano». I bambini furono le principali vittime del dramma. Nella sua disperazione il presidente Pertini parlò in generale di calamità naturali, sottolineando già da allora la grande vulnerabilità del nostro territorio, e dell’inerzia di alcuni apparati dello Stato nei confronti di una realtà dura a essere recepita da chi è chiamato ad un dovere morale nei confronti della popolazione e delle generazioni future. Un ricordo straziante per le vittime e la distruzione che portò con sé e che oggi è ancor più sentito pensando alle popolazioni del centro Italia che stanno vivendo i disagi del post sisma e piangono i morti che hanno perso la vita sotto quei maledetti edifici crollati sotto l’impeto dell’onda tellurica.

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