CASTA A ME? VUOI VEDERE CHE LA CASTA SONO IO?
La battaglia referendaria ha assunto toni impossibili. L’aggressività è l’arma in più dei gladiatori delle due fazioni; pare che essere
La battaglia referendaria ha assunto toni impossibili. L’aggressività è l’arma in più dei gladiatori delle due fazioni; pare che essere più provocatori, infelici nelle espressioni, grossolani negli esempi, violenti nelle espressioni siano ritenuti assi nella manica di discussioni sempre più rissose e contemporaneamente noiose. Il bello è che gli epiteti che si scambiano fra di loro, i nostri impenitenti politici, sono quelli che entrambe le fazioni si meriterebbero da parte del popolo italiano, unico utente vero, escluso però da questa vicenda che assume sempre più i contorni di una questione di vita o di morte. La banda del sì chiama casta la banda del no. Eh no, fermi un attimo. Casta significa sicuramente Renzi, Veltroni, Franceschini, e quelli che rappresentano, dalle banche a confindustria, passando per l’editoria di regime e tanto altro. Ma casta è anche un D’Alema, un Berlusconi, un Brunetta o un Bersani, che, nella pratica godono privilegi da quando io facevo il chierichetto. Casta, dal mio punto di vista, comincia a essere anche qualche personaggio del M5S, non foss’altro che per l’autocompiacimento del ruolo e di quanto ha fatto o intende fare. E’ il popolo italiano che deve dire basta alla casta, sia a quella del fronte del Sì che a quella del fronte del No. Ci avrete fatto caso come i dibattiti, ormai più che quotidiani, come una assunzione di metformina 500, vedono sempre gli stessi personaggi più o meno politici o para-politici.
L’escluso di lusso è il cittadino italiano che, invece, avrebbe tutto il diritto di avanzare le sue perplessità o convinzioni. Perché se è vero che la Costituzione regola il funzionamento degli organismi istituzionali, è altrettanto vero che il destinatario dell’esercizio del potere costituito è, appunto, e scusate se è poco, appunto il popolo italiano. Loro, i partiti, finiranno per alternarsi, con coalizioni sempre più improbabili, temporanee e improvvisate, in quei ruoli. Noi, italiani, non potremo alternarci, come popolo, per esempio, con gli inglesi, che pagano metà delle nostre tasse e viaggiano in treni puntuali, neanche per una stagione. Noi dovremo subire, e chissà per quanto tempo ancora, la corruzione di destra come di sinistra, i reati di falso nelle liste elettorali del PD, come del M5S, dovremo vederci superare, da destra come da sinistra, dai raccomandati dei politici di tutto l’arco costituzionale, nei concorsi, negli appalti e nella indicazione degli scrutatori ai seggi. Il mio sogno, ma credo quello di tanti italiani, è di svegliarmi un giorno, magari un solo giorno all’anno -sarebbe davvero tanto- senza la notizia di una ruberia, di un crollo per risparmiare sui prodotti utilizzati, un concorso truccato, una bustarella, con una lista finalmente lecitamente preparata. Un sogno che sembra irrealizzabile. Ecco. Ma che il bue chiami cornuto l’asino, e cioè che Renzi chiami casta D’Alema, prontamente ricambiato, no, è uno spettacolo indecente, soprattutto se si parla di Costituzione. Di Costituzione si dovrebbe parlare con competenza, senza slogan -su malati di cancro e simili- tecnicamente, in maniera approfondita e raffinata, sciogliendo dubbi, evitando certezze, fra avversari ma non nemici giurati, sentendo tutti, come recita lo statuto del PD, l’unico documento più violentato della nostra Costituzione, e non nella barbara maniera che spregiudicati politucoli ci propinano. Varrà appena il caso di far presente che una riforma costituzionale non dovrebbe mai essere scritta da esponenti del governo, ma esclusivamente dalle camere, magari allargate. Vero è che le nostre camere hanno una composizione qualitativa figlia del correntismo o galoppinismo più sfacciato, ma al governo non stiamo messi granché meglio, anzi vedo coerenza assoluta fra le qualità di entrambi, ma almeno dovrebbe essere salvata la forma. Quella forma che vieterebbe decisamente atteggiamenti da bulli o espressioni colorite fra esponenti politici. E, se un personaggio pubblico deve essere anche un esempio, stiamo messi davvero male. Sopravviveremo, sì, questo sì, perché come ha originalmente detto nientepopodimenoche Obama, Mr Obama, come lo chiamò il Berlusca, che vinca il sì o vinca il no, domani alle quattordici le nostre forchette andranno a caccia di maccheroni. E ho detto tutto.