IMU-TASI: SALASSO PER 220 ALBERGHI LUCAN
Saranno ancora una volta i titolari dei circa 220 alberghi lucani a pagare il costo maggiore di Imu e Tasi
Saranno ancora una volta i titolari dei circa 220 alberghi lucani a pagare il costo maggiore di Imu e Tasi sborsando in media per la seconda rata circa 6 mila euro (a cui si aggiungono i 6 mila della prima rata) con un incremento rispetto allo scorso anno di poco inferiore al 100 per cento. Ma ci sono alberghi che arriveranno a versare sino a 35-40 mila euro in tutto. Sono i conti della Federalberghi per quanto riguarda l’esborso del comparto turistico delle tasse “più odiate” dagli imprenditori del ricettivo turistico. Una somma che Federalberghi considera particolarmente gravosa, considerando anche il fatto che viene applicata anche in relazione ai periodi in cui gli hotel sono vuoti o semivuoti. «E’ da tempo – dice Michele Tropiano, presidente Federalberghi-Confcommercio – che chiediamo di riconoscere la tipicità dell’immobile alberghiero, che costituisce un investimento ad uso produttivo, al pari dei cosiddetti imbullonati che si prevede di esentare». In mancanza di misure ad hoc per il settore turistico, secondo l’opinione di Federlaberghi, si finirebbe per avvantaggiare le strutture ricettive che sorgono all’interno di immobili destinati all’abitazione o alla produzione agricola, come b&b e affittacamere. Stesso mercato, stesse regole – conclude la nota -. «È questa la bussola che chiediamo alle istituzioni di seguire”. “Dal 2011, ultimo anno in cui abbiamo pagato l’Ici, al 2016 l’incremento del carico fiscale sugli immobili ad uso produttivo e commerciale è cresciuto senza limiti con grandi disagi per le pmi. Accanirsi fiscalmente su questi immobili come è avvenuto in questi ultimi anni non ha alcun senso, se non quello di fare cassa, danneggiando l’economia reale del Paese e, conseguentemente, l’occupazione». Confcommercio evidenzia inoltre che per i negozi l’aumento è stato del 140,9 per cento, per circa mille euro in totale e con negozi a Potenza che pagano sino a 25mila euro. Oltre al pagamento della seconda rata dell’Imu e della Tasi, le imprese saranno chiamate a versare le ritenute Irpef e i contributi previdenziali dei dipendenti e dei collaboratori. Inoltre, coloro che hanno optato per il pagamento su base mensile dell’Iva dovranno versare all’erario quella riferita al mese di novembre. «Per almeno un terzo delle imprese della nostra provincia – commenta il presidente di Confcommercio Fausto De Mare – l’accresciuto peso del fisco ha causato ritardi nel pagamento di alcune imposte, con effetti negativi anche sull’occupazione: il 16% delle imprese ha rinunciato ad assumere personale e il 14% ha dovuto licenziare i dipendenti o ricorrere agli ammortizzatori sociali. E solo nell’ultimo anno per gli imprenditori sono aumentati anche gli adempimenti burocratici in campo fiscale rendendo ancor più insopportabile la pressione fiscale sul sistema produttivo. Si pensi che un contribuente di Potenza con imponibile Irap pari a 50 mila euro e un imponibile Irpef pari a 50 mila euro versa alle casse di Regione, Comune e Stato 17.776 euro. La pressione Irp più Irpef è pari al 35,6%. Sono numeri che parlano chiaro: se vogliamo ritrovare la strada per uscire dalla crisi, è indispensabile intervenire per ridurre la pressione fiscale sulle imprese. Per questo – dice ancora il presidente De Mare – la rottamazione delle cartelle esattoriali come il taglio di more e interessi sono sicuramente provvedimenti da salutare positivamente ma insufficienti a liberare le nostre pmi dal peso debitorio per consentire la ripresa».