DE FILIPPO: «LA MINORANZA AVEVA GIA’ DECISO». SANTARSIERO: «HO CHIESTO IL COMMISSARIAMENTO. IN REGIONE NON C’E’ PARTITO»
Le stanze al secondo piano del Palazzo del Consiglio regionale a Potenza, dove “abita” tutto il quartier generale del Partito
Le stanze al secondo piano del Palazzo del Consiglio regionale a Potenza, dove “abita” tutto il quartier generale del Partito democratico lucano si riempiono lentamente, perché è lunedì mattina presto e perché è il giorno dopo l’Assemblea nazionale che ha segnato l’addio di pezzi da Novanta del Pd. I “piddini” sono visibilmente scossi. Si parlano tra loro a prescindere dalle correnti. Non è il giorno delle distinzioni. Il primo consigliere ad arrivare è Castelgrande in compagnia del sottosegretario Vito De Filippo. Poi arriva Mario Polese. Piero Lacorazza era dato in viaggio di ritorno da Roma mentre Roberto Cifarelli, il capogruppo era impegnato fuori dalla Regioni. Gli altri arrivano alla spicciolato. Tiene banco la conta di chi seguirà Roberto Speranza fuori dal Pd. Ed è sorpresa alla Regione: tranne colpi di scena nessun diventerà scissionista. Nemmeno (a quanto pare) Piero Lacorazza, che più agevolmente diventerà il capocorrente lucano di Emiliano, e nè tanto meno Cifarelli. I renziani ovviamente stanno dove stanno. Notizie anche da fuori Regione: Filippo Bubbico in via di uscita, mentre Salvatore Adduce non avrebbe intenzione di togliere la casacca dem. Insomma Speranza si ritroverebbe con Vincenzo Folino, con Bubbico e i suoi consiglieri comunali potentini. Gli altri? Evidentemente stanno bene dove stanno.
De Filippo: «Credo che la minoranza abbia deciso prima del dibattito»
Il Sottosegretario alla pubblica istruzione, il lucano Vito De Filippo, non si fa pregare per entrare nel merito della scissione che sta avvenendo nel Pd.
Dal suo “osservatorio” di uomo del governo Renzi e big del Pd lucano, come vede la questione di queste ore che ha praticamente catalizzato l’attenzione di tutta la politica italiana?
«La situazione è molto delicata. Il dibattito nell’ultima Assemblea è stato a tratti molto profondo e reale. Ma si percepisce purtroppo, la presenza di elementi che muovono una parte del Pd a uscire fuori dal partito. E’ sempre molto grave quando si determinano scissioni o rotture. La sensazione che si è avuta nel dibattito è, tuttavia, che più che sulle proposte da discutere o anche da “combattere” in termini dialettici una parte del partito abbia palesato un vero e proprio problema nei confronti del proponente (e cioè Renzi ndr). E questo è sicuramente un fatto non bello o addirittura deleterio all’interno di un dibattito. Detto questo io continuo a sperare che ci possano essere dei ripensamenti dell’ultimo momento».
Ma ci sono secondo lei i margini per una ricomposizione in extremis?
«Onestamente gli spazi mi sembrano molto stretti. Vedo poco margine di manovra nonostante ci siano autorevoli esponenti del nostro partito che anche in queste ore sono impegnati in maniera costante a provare a ricucire un minimo di rapporto. Tra tutte vedo l’iniziativa propositiva di Orlando e quella di Guerini. Ma non solo lui. Tutti i più alti vertici del Pd stanno provando a evitare in tutti modi la rottura. Credo però, in tutta onestà, che ci sia poco spazio per evitare la scissione. Ho la netta sensazione che molte delle decisioni della minoranza non siano state determinate dal dibattito ma siano state assunte da fattori esterni e già maturati nel tempo».
Ma a chi giova la scissione?
«Secondo me a nessuno. Nemmeno a chi potrebbe avere, e spero non ci siano, miopi prospettive di tipo personale. Determina solo un effetto negativo sull’unico grande Partito democratico che c’è in questo Paese; sull’unico partito che apre e svolge il proprio dibattito in maniera pubblica. E questo è ancora più importante rispetto agli altri partiti dei quali nemmeno si comprende quale sia il luogo del loro dibattito. E’ gravissimo che l’unico vero grande partito d’Italia venga indebolito da questa decisione. Ho il timore che questa scissione non fara male solo al Pd ma a tutto il Paese».
A leggere i commenti l’opinione pubblica si divide tra chi assegna la colpa a Renzi e chi agli scissionisti. Si tende troppo a banalizzare?
«Sono esattamente delle banalizzazioni. Sono molti mesi che si percepisce un crescendo di critiche e di malessere interno. Per la verità noti commentatori, che non sono mai stati teneri con il Pd, come Michele Serra su Repubblica per citarne uno, rilevano che le posizioni alternative al segretario non siano facilmente decodificabili in termini politici».
E quindi?
«Resto del parere che quando ci sono posizioni diverse all’interno di un grande partito il luogo più autorevole e significatico per discuterle, esprimerle e farle vincere rimane il congresso. Un partito trova nell’attività congressuale il momento più alto per il confronto. Per tutti questi motivi saremmo stati entusiasti di poter vivere i prossimi mesi proprio dentro questo confronto congressuale».
In Basilicata volendo considerare anche solo Speranza e Bubbico la scissione non rischia di essere ancora più drammatica?
«Ci sono storie politiche in Basilicata che negli ultimi decenni si sono costruite non solo su un piano politico ma anche personale. Il piano umano non verrà senz’altro intaccato, ma rimane per me un grandissimo dolore dover immaginare che con le personalità che lei cita non debba più avere una costante e permanente relazione all’interno dello stesso partito. Io sono cresciuto politicamente proprio con questi amici e questi compagni. Non c’è dubbio inoltre, che le personalità che in Basilicata rappresentano quest’area sono molto importanti. Non a caso uno dei leader nazionali del Pd all’interno della minoranza è proprio lucano. Per questo nella nostra regione l’impatto è sicuramente più delicato. Registro però, che al netto delle appartenze e delle filiere i tesserati paiono più interessati a rimanere all’interno di un Pd unito che alimentare la scissione».
Il consigliere regionale Vito Santarsiero chiede a Roma il commissariamento del Pd regionale: «In Basilicata non c’è il partito»
Si dice preoccupato per la scissione del suo partito. Il Pd. Ma allo stesso tempo, il consigliere regionale Vito Santarsiero è doppiamente preoccupato per la situazione di stallo e di “caos” che il Pd lucano vive a livello regionale. In tale logica il consigliere in queste ore sta per inviare una lettera ai due vice segretari del Pd nazionale, Guerini e Serracchiani per chiedere il commissariamento regionale del Partito democratico della Basilicata.
Cosa sta accadendo al suo partito?
«La scissione è una sconfitta per tutti. La gente non comprende. Percepisce non già un confronto e una diversità di posizioni su come affrontare i problemi del Paese e in particolare quelli di chi oggi vive il dramma della disoccupazione, della povertà, della carenza di servizi; purtroppo la gente percepisce uno scontro tra persone, un interesse per gli organigrammi e questo fa male al Pd e alla politica in generale, alimentando l’antipolitica che non è soluzione ad alcun problema».
Si aspettava lo strappo della minoranza dem?
«Sinceramente non capisco Emiliano, Speranza e Rossi. Chiesto e ottenuto il Congresso mi sarei tuffato sui territori per discutere e parlare alla gente. I tempi? In Italia impieghiamo poco più di un mese per eleggere il Parlamento e il Presidente del Consiglio, possiamo davvero credere che tre mesi per eleggere il segretario di un partito siano pochi? Anzi in un clima di conflittualità e tensioni prima si fa e meglio è, nel rispetto di regole e statuti. E’ evidente che se si va via, si va via per una scelta già assunta».
Quale invece la strada maestra?
«Dobbiamo tornare a parlare al Paese dei suoi problemi, essere capaci di tornare ad essere una speranza, una prospettive per un futuro diverso e migliore. Il Pd se perde è solo perché non fa il Pd. Le nostre radici, la nostra storia, i nostri valori, le nostre stesse classi dirigenti, il nostro essere partito ci rende opportunità, unica opportunità per il Paese. Non è un vantaggio, è invece una responsabilità enorme».
In Basilicata sembra addirittura andare peggio…
«In Basilicata non possiamo continuare a non avere un partito, non possiamo continuare a non avere né segretario e né organi. Lo dobbiamo alla nostra gente. Una sommatoria di parti non fa un partito, fa il caos, non risolve i problemi, li moltiplica. Non possiamo affrontare una fase congressuale nazionale e le prossime amministrative così come abbiamo fatto negli ultimi anni. Anche laddove gli uomini del Pd impegnati nelle istituzioni hanno colto risultati positivi, e ve ne sono a partire dalla Regione, a mio parere gli stessi sono stati vanificati dalla mancanza di un luogo di elaborazione delle strategie comuni e di confronto con la società civile. In una situazione che resta di crisi generale ha ragione Cazzullo che oggi sul Corriere dice “il malcontento popolare è tale che alle forze antisistema è perdonato tutto, a quelle tradizionali nulla”. Siamo in tale contesto anche da noi».
Cosa fare?
«Non ci salveranno le relazioni corte e le logiche clientelari. Abbiamo bisogno di respirare l’aria dei drammi del quotidiano e confrontarci con la gente, definire con essa strategie, soluzioni, prospettive, regole. E questa è un’operazione che fanno soprattutto i Partiti. Per quel poco che conta chiederò ai nostri responsabili nazionali in carica, ai nostri due vice-segretari di intervenire in Basilicata, in un qualsiasi modo ma intervenire. Sia convocata da Roma l’Assemblea regionale regolarmente eletta per nominare segretario ed organi, se non basta si nomini un Commissario e si vada verso il Congresso. Ma si faccia presto».
In tutto questo che fine ha fatto l’annunciato rimpasto regionale?
«Senza partito e senza politica ha poco senso il resto, sarebbe un chiedere per sé. I miei maestri e le mie radici mi hanno sempre insegnato che ha poco senso operare da soli se non vi è una comune casa entro cui sviluppare la propria azione. Un sano impegno politico e una sana azione istituzionale passano attraverso i luoghi ove costruire la sintesi tra interessi contrapposti e non sempre convergenti nella prospettiva della costruzione del bene comune. E questi luoghi sono quelli che appartengono alle grandi forze politiche popolari. Proprio da noi gli ultimi anni ci dicono chiaramente che fuori dal partito le sintesi non ci sono state e le soluzioni non hanno dato stabilità e risposte».
Salvatore Santoro