SALTANO I NEGOZIATI: 4 FILIALI LUCANE A RISCHIO
di Ferdinando Moliterni Salta il tavolo delle trattative tra la Banca popolare di Bari e le organizzazioni sindacali. Tutto colpa di
di Ferdinando Moliterni
Salta il tavolo delle trattative tra la Banca popolare di Bari e le organizzazioni sindacali. Tutto colpa di un articolo di giornale. La testata in questione è Panorama. La quale, lo scorso 27 luglio, ha pubblicato un articolo dal roboante titolo “Popolare di Bari rilancia al 2020”. Catenaccio dello stesso: “L’istituto supera la crisi del settore bancario. chiude l’esercizio in utile e aumenta gli impieghi. Nei suoi piani c’è la crescita ulteriore nelle regioni del Centro-sud”. È accaduto che proprio la mattina del giorno incriminato,Fabi, Sinfub, Ugl Credito, Unisin e Fisac-Cgil stavano trattando con la dirigenza dell’Azienda sulle condizioni relative al Piano di riorganizzazione. Quando è cominciata a girare, tra i presenti al vertice, la notizia diffusa da Panorama, i rapporti tra le parti si sono incrinati. L’interrogativo verosimilmente posto dai sindacalisti al consiglio di amministrazione può essere sinteticamente racchiuso nella domanda: ma se la Banca sta economicamente così bene, perchè invece stiamo discutendo di pesanti tagli e di un Piano “lacrime e sangue”? A questo punto è stata dichiarata, ufficialmente e nell’immediato, l’inturruzione delle trattative. Parrebbe che poi, nello stesso pomeriggio del 27, la Banca abbia cercato contatti con una parte dei rappresentanti dei sindacati citati al fine di ricucire il negoziato. Dichiarando espressamente due cose: che l’articolo non era veritiero, non è dato sapere in che percentuale, e che per tale ragione si auspicava una ripresa della mediazione. La risposta non è tardata a giungere. Le parti sociali hanno comunicato alla Popolare che la trattativa rimane sospesa: almeno fino al 1 agosto. In quella data si svolgerà, a Bari, una riunione intersindacale, alla quale prenderanno parte anche alcuni segretari nazionali, a seguito della quale verrà deciso come proseguire. Il “casus belli” è servito a porre in evidenza anche altri fattori. Sembrerebbe che qualcuno tra coloro che rivestono ruoli apicali all’interno della Bpb, abbia fatto trapelare, seppur in maniera velata, che sulla compressione dei costi che la Banca vuola attuare siano giunte pressioni, affinchè i tagli venissero compiuti, direttamente da Palazzo Kock. Leggasi pertanto Banca d’Italia. Sulla fondatezza di predetta indiscrezione, però, pare che vi sia scettismo da parte sindacati.
Ad ogni modo, il unto centrale è che adesso le organizzazioni sindacali hanno espresso la loro volontà di avere un quadro economico della situazione quanto più cristallino possibile. Sarebbe utile a tal fine, che la BpB fornisse, poichè come è noto i bilanci si chiudono a dicembre, perlomeno una sorta di consuntivo semestrale relativo all’anno in corso. Che permetta ai sindacati di analizzare meglio le causanti finanziarie poste alla genesi del Piano di riorganizzazione. Anche per comprendere meglio quali sono i dati che nello specifico supportano le affermazioni riportate nero su bianco dalla Banca. Le quali, tra l’altro e non è un dettaglio superfluo, sono piuttosto in contrasto con «l’improvvido articolo», come è stato definito, di Panorama. Faciliteranno l’intendimento di quanto detto, semplici comparazioni. Per esempio, sulla testata giornalistica citata si legge «nonostante le difficoltà del settore bancario, il gruppo è riuscito a crescere negli impieghi e ha tenuto sul fronte della raccolta. I numeri, positivi, permettono di guardare con fiducia a una crescita ulteriore». Ebbene la stessa Banca, che con i sindacati ha, in una situazione quasi paradossale, smentito un articolo che parlava delle sue attività in maniera più che positiva, circa un mese fa scriveva: «Il Sistema bancario agisce nell’ambito della peggiore congiuntura economica …
Il quadro economico è addirittura più grave di quello della crisi degli anni ‘30». Dunque «è necessario conseguire una riduzione dei costi del personale di circa 30 milioni di euro a regime su base annua, corrispondente ad un correlato efficientamento delle risorse stimato in circa 500 unità». E ancora, Panorama scrive che «Nonostante il respiro nazionale, il Gruppo tuttavia mantiene la propria vocazione territoriale e intende rimanere un istituto vicino alle esigenze del proprio territorio. Il piano di sviluppo al 2020 prevede una ulteriore crescita nelle Regioni di riferimento, che sono la Puglia, la Basilicata, la Campania, 1′ Abruzzo e l’Umbria».
Eppure il Piano presentato dalla Banca afferma della volontà di: «procedere alla chiusura delle sedi di Potenza, Teramo e Pescara ». Nonchè a quella di almeno 20 filiali. Azioni che almeno all’apparenza mal conciliano con un programma di radicamento nel territorio. Proprio a proposito delle filiali che potranno essere interessate dalla chiusura, la Banca le ha elencate ai sindacati. Mettendoli a conoscenza di quali sono e dove sono ubicate. Di queste, quattro riguardano la Basilicata. Sono due quelle a rischio nel capoluogo lucano. Nella fattispecie si tratta della filiale sita in Parco Aurora e di quella del palazzo della Regione Basilicata, in via Verrastro a Potenza. Le altre due sono, una a Pescopagano e l’altra a Trecchina. Allo stato attuale delle cose rimarrà tutto fermo fino al primo di agosto.
In tale giorno le organizzazioni sindacali decideranno come proseguire le trattative. Prima che il tavolo saltasse, sindacati e dirigenza stavano valutando in che modo la Banca potesse contribuire al risparmio, momentaneamente fissato a 30 milioni, ma si tratta anche su questa cifra, ritenuta irrangiugibile, tagliando dai costi in seno all’azienda, quindi non da quelli del personale, circa una decina di milioni di euro. Poi la stampa, e l’interruzione. Ed ora l’attesa per conoscere i successivi sviluppi.