IN RICORDO DEL LUCANO ANTONIO SANTORO, LA PRIMA VITTIMA DI CESARE BATTISTI
di Leonardo Pisani Trentanove anni per ottenere giustizia null’altro, la sua memoria ad Avigliano rimaneva impressa in una strada, Via
di Leonardo Pisani
Trentanove anni per ottenere giustizia null’altro, la sua memoria ad Avigliano rimaneva impressa in una strada, Via maresciallo Santoro, voluta fortemente dall’amministrazione comunale guidata da Gerardo Coviello, erano i primi anni 80. Con il passare degli anni si stava correndo il pericolo di perdere la memoria di Antonio Santoro, relegato semmai a un’anonima toponomastica. Non è stato così, le proteste e le richieste di estradizione di Cesare Battisti, puntualmente arrivavano: i sindaci Domenico Tripaldi e Vito Summa, i consiglieri regionali Donato Paolo Salvatore e Gianni Rosa, che presentò una mozione approvata al Consiglio regionale della Basilicata. Il sottoscritto che riportò il caso Santoro all’opinione pubblica lucana- ci sono articoli e fatti ben prima poi chela questione fosse trattata da altri. Era il 2009, quando vi fu Il rifiuto alla richiesta di estradizione per il terrorista Cesare Battisti, da parte dello Stato Italiano, ultima decisione del ormai ex Presidente del Brasile Inacio Lula. Un aviglianese, un lucano fu la prima vittima di Battisti, all’epoca appartenente al gruppo terroristico Proletari Armati per il comunismo. Era il 6 giugno 1978, a Udine, dove Antonio Santoro, nato il 26 aprile 1926 nella cittadina gianturchiana, si recava in servizio preso la casa circondariale, dove era maresciallo capo degli allora agenti di custodia. Erano le 7,45, Santoro ci andava a piedi al carcere come consueto, una vittima facile data la consuetudine giornaliera. Lì gli fu atteso un agguato, proprio sotto il carcere. Una vera esecuzione: quando arrivò lo freddarono con una pistola militare, due colpi, l’ultimo alla tempia: il colpo di grazia. A sparare, secondo gli inquirenti e la testimonianza del collaboratore Petro Mutti l’esecutore materiale fu proprio Cesare Battisti, che lo attendeva assieme complice, mettendo in atto una falsa scena di un’innocua coppietta di fidanzati che si scambiavano carezze fino al momento di colpire. Poi i due sicari, fu ricostruito poi, fecero perdere le loro tracce, scapparono con una ‘2 cavallì con tanto di gommone sul tetto, facendosi scambiare per turisti si allontanarono verso Grado. L’omicidio di Antonio Santoro fu il battesimo di fuoco per i Pac. L’omicidio a sangue freddo, in un periodo storico che diede un tragico contributo di sangue con oltre 500 attentati, scosse profondamente Avigliano, dove risiedevano – e ancora risiedono- i familiari e i parenti di Santoro, che non aveva mai perso i contatti con la terra natia. Gli fu dedicata una via, dall’allora primo cittadino Gerardo Coviello, che quando lo contattai nel dicembre del 2010, dopo l’ennesimo rifiuto del governo brasiliano mi disse «fu un atto doveroso e non formale. Antonio Santoro fu un vero servitore dello Stato, che compì il suo dovere fino in fondo. Da Avigliano e dagli Aviglianesi partì un messaggio di difesa della libertà e della democrazia, che ci contraddistinto dai tempi dei Palomba e dei moti del 1799».
Antonio Santoro è stato riconosciuto “Vittima del Dovere” ai sensi della Legge 466/1980 dal Ministero dell’Interno e il 15 aprile 2004 gli è stata conferita dallo stesso Dicastero la Medaglia d’Oro al Merito Civile alla memoria, inoltre gli sono intitolate le Caserme Agenti degli istituti penitenziari di Udine e di Nuoro. Poi arrivò nel 2013 l’intitolazione della casa circondariale di Potenza. Presentando la mozione in consiglio regionale nel gennaio 2011, Gianni Rosa dichiarò «Da Lucano e Aviglianese mi sento colpito e mortificato dalla decisione di Lula, che nega che Giustizia sia compiuta, una Giustizia che anche il popolo lucano e le istituzioni della nostra regione chiedono a gran voce, che rivendicano con forza, affinché il sacrificio di un figlio di Basilicata e umile servitore dello Stato non rimanga vano, lo chiediamo nel ricordo di una delle vittime di Battisti e del suo gruppo criminale».
Poco dopo – su un’idea di Sergio Ragone- intervistai in chat di Facebook, in modalità pubblica Gianni Pittella, altro uomo delle istituzioni vicino alla memoria di Antonio Santoro e delle altre vittime di Cesare Battisti,. A Bruxelles vi fu una mozione sottoscritta da tutti i partiti italiani -Pdl, Pd, Idv, Udc, Lega-, per chiedere l intervento dell Unione europea a sostegno della richiesta italiana di estradizione di Cesare Battisti dalla Repubblica Federativa del Brasile. L assemblea di Strasburgo diede il via libera con 86 voti a favore, uno contrario e due astenuti. Al dibattito e al voto vi erano anche alcuni familiari delle vittime di Battisti, tra cui Alessandro Santoro, figlio dell aviglianese Antonio.
Tra i promotori dell iniziativa europea, vi era Gianni Pittella, che incontrò i parenti delle vittime. Nella sua iniziativa virtuale ossia una Chat su Facebook alla mia domanda se dopo l approvazione della risoluzione, vi siano state le reazioni da parte della Repubblica Federativa del Brasile. Gianni Pittella mi rispose «ufficialmente nessuna….però credo che il colpo l abbiano sentito”. In Basilicata, nonostante la prima vittima sia stata un lucano, la questione dell estradizione stava passando inosservata se non fosse stato per un articolo sulla Nuova del 2 gennaio – articolo di Leonardo Pisani ndr. ». A gennaio 2011 Riccardo Nencini, accolse l’invito dei socialisti lucani e dei cittadini di Avigliano, ha assistito una commemorazione pubblica in ricordo di un eroe dello stato. «Se non c’erano uomini come Santoro, oggi saremmo tutti meno liberi mi disse Nencini «potremmo dedicare minor tempo a parlare di libertà, questo sapere i tanti Battisti, che ancora cercano di sfuggire alla Giustizia. Dobbiamo ai tanti Santoro un pezzo di storia d’Italia, la buona storia di chi ha difeso un pezzo di nostra libertà ». In quell’occasione fu cambiata l’intestazione della strada, non più l’anonima “Via Maresciallo Santoro” ma in grande, ben visibile Lapide con “Via Maresciallo Santoro- Vittima del Terrorismo”, un atto simbolico per preservare la memoria storica di un uomo dello Stato, morto a difesa dei valori democratici e della Libertà. Vi erano tutti, oltre alle Istituzioni e rappresentanze delle forze dell’ordine anche i parenti, i cugini, tanti cittadini. Ora siamo nel 2017, la notizia è dell’arresto di Cesare Battisti nella città brasiliana di Corumbà mentre cercava di fuggire in Bolivia. Battisti sarebbe stato fermato dalla polizia stradale federale durante un normale controllo.I media brasiliani, sostengono e Battisti stava provando a fuggire in Bolivia. L’ex terrorista sarebbe stato fermato dalla polizia stradale federale durante un normale blitz. Condannato a due ergastoli per omicidio, tentato sequestro di persona, ferimenti e una serie impressionante di rapine e altri reati minori. Giudicato in tre gradi di giudizio e condannato sulla base di molteplici prove e testimonianze. Battisti sette anni fa ha ottenuto lo status di rifugiato politico in Brasile dall’allora presidente della Repubblica, Inacio Lula. Nessuna vendetta ma solo giustizia, era ed è il grido delle sue vittime e dei familiari di chi ha perso la vita a causa sua. Questo mentre ballava anche ai carnevali di Rio De Janeiro, da “rifugiato politico”.