BPB, AZIONI NON VENDUTE. INSORGONO I SOCI LUCANI: «CI SENTIAMO TRUFFATI»
di Ferdinando Moliterni «Sta crescendo il numero degli azionisti lucani della Banca popolare di Bari che vuole vederci chiaro sui
di Ferdinando Moliterni
«Sta crescendo il numero degli azionisti lucani della Banca popolare di Bari che vuole vederci chiaro sui titoli che da tempo non riesce ormai a vendere. Aumenta il numero di lucani che crede di essere stato ingannato dalla banca pugliese».
Così il legale Domenico Romito, in qualità di rappresentante dell’Associazione avvocati dei Consumatori, ha iniziato a dettagliare al “Roma” i punti focali delle battaglie giuridiche che sta portando avanti presso il Tribunale di Bari a tutela degli azionisti contro l’Istuto di credito pugliese.
La documentazione che l’avvocato Romito sta raccogliendo potrebbe rivelarsi una vera e propria bomba per la BpB. Ritornano così prepotentemente alla ribalta le cronache circa le vicende finanziarie della Banca Popolare di Bari. Le vicissitudini del mercato azionario dell’Istituto, relativo alle banche non quotate in borsa, stanno continuando a mettere a dura prova la solidità Banca. Il bivio fatale dopo il quale si scoprirà se il gigante ha i piedi d’argilla o meno è sempre più vicino.
Qualora la risposta si rivelasse affermativa, l’onda lunga dello tzunami non potrà non sommergere anche le centinaia di azionisti lucani. Che, di qualsiasi ordine e grado, dalla pensionata materana al dipendente pubblico potentino e così via, hanno investito i loro guadagni e i loro risparmi nelle azioni della BpB per trovarsi poi in un vicolo cieco senza sbocco di vendita. Il problema per gli azionisti lucani è sempre lo stesso da anni: in tantissimi vogliono vendere le azioni, le richieste di acquisto, però, sono pochissime. La consueguenza è che il valore unitario si deprezza sempre di più.
Oltre al danno, potrebbe esserci stata anche la beffa. In molti dei casi anche doppia. Qui entra in scena l’avvocato Romito che sta sollevando, con le sue azioni legale, il tappo dalla bocca del vulcano.
AZIONI BPB: DUE PROFILI DI ILLEGITTIMITÀ
«La storia delle azioni della Popolare di Bari – ha spiegato il legale al Roma – è complessa e attiene molteplici aspetti. Mi preme, però, soffermarmi su due profili di indagine. In primis c’è la difficoltà degli azionisti a vendere e il contestuale problema, come è il caso della causa pilota che abbiamo intentato, dell’eventuale scavalcamento degli ordini cronologici. In secondo luogo vanno approfondite le condizioni nelle quali i compratori hanno sottoscritto l’acquisto di azioni della Banca popolare di Bari, le stesse che non riescono a vendere». Da queste prime informazioni si possono quindi enucleare due aspetti: l’uno operativo, il secondo informativo.
«L’associazione, inoltre, – ha proseguito Romito – per quanto riguarda le mancate vendite dei titoli, si sta occupando di ciò che è successo nel preciso arco temporale che si estende dal 2015 all’aprile 2016».
Fino al 2016 la Banca aveva un mercato azionario interno. Tramite il quale prometteva ai soci di vendere le azioni. Gli ordini di cessione delle azioni BpB venivano inseriti nel sistema interno di negoziazione e poi sulla base del criterio cronologico, dal più anziano al più recente, sarebbero dovuti essere, così teorizzava la Banca, via via smaltiti. Sennonché delle due liste cronologiche, l’unica che con il tempo si ingrandiva è stata solamente quella degli ordini di vendita. Il 2016 ha segnato il confine discrimine, in quanto la BpB ha deciso in quell’anno di liberarsi della “patata bollente” approdando sulla piattaforma del mercato azionario Hi – Mtf, dedicato alle Banche non quotate in borsa. In questo modo le azioni, secondo i vertici dell’Istituto, avrebbero dovuto trovare, tramite il meccanismo dell’incrocio della domanda con l’offerta, il naturale sbocco per tenere tutti contenti. Ad oggi tutto ciò ancora non è accaduto, anzi. Le azioni perdono valore ogni due mesi circa. Già al debutto fu così. Precedentemente il prezzo era di 9,53, ma alla prima asta sull’Hi –Mtf era di 7,50. Questa, però, è un’altra storia e si inserisce nel caleidoscopio di sfaccettature preoccupanti che riguardano il colosso finanziario pugliese. Su questo fronte nei prossimi mesi sono attesi sviluppi così importanti da scoprire se è vero o meno che la banca, fondata nel 1960 da Marco Jacobini, è too big to fail: troppo grande per fallire.
VIOLAZIONE DEL CRONOLOGICO
Le pratiche giudiziarie curate dall’avvocato Romito approfondiscono il tema se nella finestra temporale di cui sopra, ci sono stati degli azionisti “privilegiati” ai quali sarebbe stata concessa la possibilità di vendere i titoli prima del previsto. Prima di altri soci che aspettavano da mesi di vendere. «L’azionista della causa pilota – ha specificato Domenico Romito – aveva il sospetto che il suo ordine fosse stato scavalcato. Si ipotizzava che ci fossero stati uno o più ordini, presentati dopo il suo, che erano stati eseguiti in maniera completa».
Si tratterebbe, pertanto, di violazione dell’ordine cronologico di vendita delle azioni, che avrebbe permesso a qualche azionista “privilegiato” di liberarsi prima del previsto dei propri titoli. Ciò sia rispetto a quanti erano già in attesa, sia rispetto alla svalutazione del 2106 che ha comportato la perdita di circa il 20% del valore azionario dei titoli.
L’avvocato ha già ottenuto una vittoria in tribunale. L’Istituto non voleva concedere, all’azionista rappresentanto da Romito, l’accesso al registro elettronico contenente l’ordine cronologico di vendita delle azioni della Bpb. Un decreto ingiuntivo, della quarta sezione civile del tribunale di Bari, emesso dal giudice Sergio Cassano. «Il socio – si legge nella sentenza – deve essere ammesso all’esame dei registri elettronici degli ordini di vendita e di acquisto e quindi ha diritto di ricevere copia documentale delle relative risultanze e per tale ragione è legittimato ad avvalersi dello strumento processuale monitorio per ottenere la consegna di tale documentazione».
Da questo registro uscirà la verità dei fatti.
«Voglio precisare agli azionisti lucani – ha proseguito Romito – che tutti quelli che hanno dato, nel periodo indicato, un ordine di vendita, senza che questo poi sia stato effettivamente eseguito, hanno titolo per verificare se hanno subito un danno. L’associazione si sta occupando proprio di questo. Per tali finalità, stiamo raccogliendo, come detto, segnalazioni anche dalla Basilicata. Le quali stanno già arrivando in un certo numero».
«Il registro cronologico è fondamentale – ha sottolineato Romito –. Perchè l’analisi consentirà di verificare le posizioni dei soci che lo richiederanno, al momento del conferimento dell’ordine. Ciò, conseguentemente, sarà utile all’accertamento del dato che l’ordine non sia stato eseguito in favore di altri che hanno presentato solo successivamente la richiesta di vendita».
I RISARCIMENTI
«Se dal controllo del registro cronologico – ha evidenziato Romito – emerge la violazione da parte della Banca, si ha diritto al risarcimento. Per il soggetto che è stato scavaltato, e che ha subito una violazione di tipo contrattuale, si origina il risarcimento della perdita secca. La Banca dovrà corrispondergli una cifra economica corrispondente all’entità che il socio avrebbe ricavato al momento della mancata vendita».
Riannodando le fila dell’intricata faccenda azionaria della Banca popolare di Bari, l’avvocato dell’associazione dei Consumatori ha inteso fornire al “Roma” delucidazioni anche sul secondo profilo di illegittimità accennato in apertura.
LA TRASPARENZA DELLE INFORMAZIONI
«La compravendita delle azioni e gli aspetti del registro del cronologico si inseriscono – ha chiarito Romito – all’interno di una macroquestione conferma pienamente alla tutela degli azionisti. Vogliamo scoprire se i soci avevano contezza, in base ai contratti sottoscritti e alle informazioni fornite dalla banca, dellla tipologia dei titoli che stavano acquistando. Si tratta di titoli,che Consob definisce illiquidi e che sono estremamente volatili e che presentano un rischio alto.
Tra l’altro non avevano un prezzo riconosciuto dal mercato. Soprattutto, però, sta affiorando l’inquietante versione dei soci che ci riferiscono, quando si rivolgono all’associazione, che hanno scoperto solo in seguito alla sottoscrizione d’acquisto molti dettagli sulla reale natura dei titoli azionari. In più, per sintetizzare, ci dicono che la Banca aveva assicurato loro che avrebbero potuto vendere subit e senza problemi le azioni quando lo avessero voluto» Le vicissitudini da anni raccontano una storia diversa. Purtroppo, allo stato attuale delle cose, il mercato per le azioni della BpB non c’è. Più passa il tempo e più quelle azioni che per la Banca si poteveno vendere in qualsiasi momento, perdono di valore.
Il vero dramma poi è proprio questo. I soci non sono liberi per niente. Non possono svuotarsi dei titoli neanche a volerci andare a perdere. Sono costreti a tenerseli fino a quando non spunta il compratore. Compratori all’orizzonte non ce ne sono. Così quei titoli vanno via via somigliando a carta senza valore.
«Per tutti gli azionisti lucani – ha concluso l’avvocato Romito – l’associazione ha aperto uno sportello telematico e un relativo indirizzo di posta elettronica tramite il quale chi vuole analizzare la propria situazione può avere un primo contatto: info@avvocatideiconsumatori.it».