BPB, GLI AZIONISTI LUCANI PRONTI A CHIEDERE IL CONTO DEI “DANNI”
di Ferdinando Moliterni A seguito dell’articolo del “Roma” sulle vicissitudini azionarie della Banca popolare di Bari sono giunte altre
di Ferdinando Moliterni
A seguito dell’articolo del “Roma” sulle vicissitudini azionarie della Banca popolare di Bari sono giunte altre segnalazioni di soci lucani dell’Istituto pugliese che si sentono “truffati”. Affermazioni queste raccolte dal “Roma” direttamente dalla viva voce dei soci (e non da altri). È opportuno precisare in premessa che il livore degli azionisti, determinato da anni di “sofferenza” senza vedersi vendute le proprie azioni, non iplica nell’espressione “truffati” un valore penalmente rilevante, ma va inteso come lo sfogo di chi si ritiene “danneggiato” da un comportamento “sui generis” dell’Istituto barese. Come scritto ieri, e come ci ha tenuto doverosamente a rimarcare, data l’importanza della questione, il legale Domenico Romito, referente per l’associazione l’avvocato dei Consumatori, le vicende giuridiche che riguardano la BpB sono varie, ma quelle relative alla vendita delle azioni, con particolare riferimento allo scavalcamento dell’ordine cronologico, si riferiscono all’ambito civile, in quanto attengono all’eventuale violazione dei diritti degli azionisti e al loro vedersi riconosciuto, ove verrà accertato, il giusto risarcimento economico per il danno subito. In tal ottica, va contestualizzata l’affermazione sui soci “ingannati”. Cioè che all’attualità le loro azioni non solo sono di fatto “invendibili”, ma oltre ad aver subito un deprezzamento per i motivi che di seguito si spiegheranno, hanno visto, secondo i documenti che il giudice civile ha imposto di mostrare, anche venir meno agli ordini cronologici di vendita. Come se, in sostanza, esistessero azionisti di serie A (quelli i cui ordini di vedita sono stati eseguiti prima di quelli depositati precedentemetne) e azionisti di serie B.
I FATTI
Sul borsino ufficiale azionario della banche non quotate in borsa Hi-Mtf risulta che la Popolare di Bari aveva, al 31 dicembre 2016, oltre 160 milioni di azioni in circolazione al prezzo di riferimento di 7 euro e 50 centesimi. Per i circa 70 mila soci dell’Istituto pugliese, tra i quali centinaia di lucani, l’incubo finanziario che al 2016 già si protraeva da tempo, ha continuato da allora ad oggi a persistere ininterrottamente. Con la conseguenza che per gli azionisti della Basilicata, in primis continua a non esserci un mercato di sbocco per i loro titoli, sono gli stessi dati dell’Hi-Mtf a descriverlo, e in secondo luogo il valore unitario per azione prosegue irrimediabilmente a calare.
Tanto che da quei 7 euro e cinquanta centesimi, stabiliti con lo sbarco sulla piattaforma delle banche non quotate, dapprima con una perizia dell’Istituto pugliese, poi tramite un’agenzia di rating, l’ultimo valore rilevato dall’Hi-Mtf riporta 6 euro.
Ragion per cui gli azionisti lucani che già nel 2016 si erano visti svalutare di netto il prezzo dei titoli del 20%, da 9,53 euro a 7,50, stanno assistendo a un vertigionoso e ulteriore crollo. Oltre la perdita economica, il problema reale è che per l’Hi-Mtf, se la Banca popolare pugliese non raggiunge ogni due mesi una determinata massa critica di scambi, il prezzo fissato per le nuove aste calerà ancora. In breve il valore potrebbe abbandonare quota 6 euro e iniziare la discesa dai 5 euro e 90 centesimi. Piano piano gli azionisti lucani si trovano tra le mani titoli che hanno valore sempre più di carta e meno di liquidità. Non riuscendo a vendere neanche in forte perdita: non ci sono compratori.
In tale contesto, ma cronologicamente precedente, si incasella la questione dei ricorsi in sede civile che gli azionisti possono fare se hanno il sospetto di aver subito danno.
È il caso dei possibili scavalcamenti, con riferimento particolare al periodo dal 2015 al 2016, degli ordini cronologici.
Gli azionisti lucani hanno il diritto di verificare se, nella circostanza in cui hanno alla Banca l’ordine di vendere le azioni, ciò non sia stato fatto in favore di altri che avevano presentato lo stesso ordine, ma successivamente al loro.
La Banca popolare di Bari usava, quando operava nel borsino interno, il criterio dell’anzianità per smaltire la lista dei compratori. Che però non è riuscita mai a snellire.
I soci lucani possono, grazie al decreto ingiuntivo della quarta sezione civile del tribunale di Bari, analizzare nello specifico se hanno subito un danno o meno. La Banca non voleva rilasciare il registro cronologico, opponendosi per motivi di privacy. Per questo ora gli azionisti lucani vogliono andare fino in fondo.