MORTE DEL “PENTITO” TELESCA: C’È QUALCOSA CHE NON QUADRA
POTENZA. Al momento si indaga per omicidio stradale ma la Procura ha deciso di vederci chiaro sui contorni ancora nebulosi
POTENZA. Al momento si indaga per omicidio stradale ma la Procura ha deciso di vederci chiaro sui contorni ancora nebulosi dell’incidente del pentito Alessio Telesca, morto l’altro giorno investito da un auto su una desolata stradale nel cuore della notte.
Il nome di Telesca alla cronache non è di certo nuovo. Si tratta del pentito 46enne di Potenza, ex affiliato alla famiglia dei Basilischi che nel 2010 decise di diventare collaboratore di giustizia. Ed è proprio intorno a questa “carica” che gli inquirenti stanno vagliando tutte i contorni della tragedia che sono ancora da chiarire e per ora trovano riscontro solo nel buio di una strada poco illuminata, nel cuore della notte. Alessio quasi all’alba tra venerdì e sabato, intorno alle 3 del mattino è stato investito da una Seat Leon, guidata da un 55enne di Ostra, lungo la Statale 16 Adriatica a Montemarciano, fuori dal centro abitato, al confine tra Marzocca e la frazione di Marina (provincia di Ancona ndr). A essere investito è proprio il 46enne di origini lucane, ma residente nell’anconetano sotto copertura, per via del suo status di “collaboratore di giustizia, Alessio Telesca. L’investitore si ferma e chiama immediatamente i soccorsi che arrivano tempestivi, l’uomo è agonizzante sulla strada. È ancora vivo ma spirerà nel trasporto disperato in ambulanza verso l’ospedale regionale di Torrette. Ci sono volute diverse ore per identificarlo, non aveva infatti documenti con sé. Non è chiaro se fosse in procinto di attraversare la strada o se camminasse ai bordi. L’investitore, risultato negativo all’alcoltest, non l’avrebbe visto o comunque non avrebbe potuto fare nulla per evitarlo.
È veramente una morte accidentale? E se anche lo fosse, cosa faceva un collaboratore di giustizia alle tre di notte, a piedi, su una strada tale, ancora in giro a quell’ora e fuori dal centro abitato? Queste sono solo alcune delle domande a cui la stessa Procura e la Polizia stradale di Senigallia, guidata dal comandante Paolo Molinelli, stanno cercando di rispondere. È noto a tutti che i collaboratori di giustizia una volta raggiunta la località protetta in cui il Servizio centrale di protezione del ministero dell’Interno li nasconde, devono sottostare a rigide e ferree regole. Telesca poteva a quell’ora andarsene in giro o doveva stare a casa? Ma sopratutto quale attività stava svolgendo a quell’ora della notte? Alessio Telesca, nell’ambiente potentino era molto noto.
Quando urlava i cori del Potenza calcio con la sciarpa rossoblù al collo lo consideravano tutti ancora un bravo ragazzo. Uno che aveva difficoltà nel lavoro, nella vita, negli affetti. E che l’unica soddisfazione la trovava la domenica allo stadio. Tutto sembrava meno che l’autista dell’ex boss dei basilischi Tonino Cossidente. Alessio Telesca, 46 anni, spacciatore pentito, nel 2010 decide di parlare contro la “Quinta mafia” per questo viene portato in una località protetta. La credibilità delle sue accuse e sopratutto quella del suo capo Cossidente è sempre stata incerta, sopratutto quella di quest’ultimo più volte anche oggetto in tal senso di pronunciamenti della magistratura.
E poi, Telesca doveva essere ufficialmente irrangiungibile, nell’anonimato, in una località segreta e protetta. A quanto pare, manco tanto, visto che Alessio tramite la sua pagina Facebbok condivideva con parenti e amici potentini le sue giornate. Non era registrato con il suo nome di battesimo, ma con il nickname Bebote Lucano che riportava la sua foto, per cui era molto facile poterlo contatattare.
Per ora la Procura ha provveduto al sequestro del veicolo, mentre la salma è a disposizione dell’autorità giudiziaria e con tutta probabilità verrà disposta nelle prossime ore l’autopsia per chiarire la natura delle lesioni all’origine della morte.