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Massaro Gianfranco Agostino ci descrive MAST MICHEL – Michlin Ross – Il Fabbro per antonomasia

GLI ANNI SETTANTA A GUARDIA PERTICARA – MCHLIN ROSS – MAST MICHEL (Rossi Michele) Se penso alla bottega di Mchlin

GLI ANNI SETTANTA A GUARDIA PERTICARA – MCHLIN ROSS – MAST MICHEL (Rossi Michele)

Se penso alla bottega di Mchlin Ross la penso come l’Università della carpenteria metallica. Non mi chiamate idiota, ma io non riesco a trovare a Guardia Perticara uno che abbia un’età intorno e sopra i cinquant’anni che sappia saldare e che non sia stato discepolo “r Mchlin Ross”, sembra che l’arte di lavorare il ferro sia stata appresa, per quelle generazioni, solo da Mast Mchel.

Il Fabbro per antonomasia per noi adolescenti degli anni settanta e, credo, non solo per noi degli anni settanta.

E per me, pensare ad una dizione con la ERRE moscia non significa, come per la maggior parte degli Italiani, a Gianni Agnelli ma a Mast Michel. Michlin Ross era uno che ai discepoli, come una volta si faceva un po’con tutte le arti ed i mestieri, insegnava non solo a lavorare ed a praticare un mestiere secondo le regole della buona arte, ma anche le regole per una buona condotta civile. Insegnava ai discepoli anche come rapportarsi con le persone e con i clienti.

Raramente ricordo qualche mulo o asino sottoposto al cambio dei ferri; un po’ perché negli anni settanta andava scomparendo la locomozione animale ma anche perché Mast Mchel, pur sapendo praticare l’arte del maniscalco, era più vocato alla costruzione di arredi urbani, infissi ed ogni altra opera d’arte per l’edilizia civile. Credo non ci sia ringhiera o porta di garage in paese che non sia passata sotto la saldatrice di Mast Mchel. La scala cromatica delle verniciature oscillava dal minio antiruggine al grigio, fino ad arrivare al verde e raramente al nero; quattro tonalità che si sovrapponevano di volta in volta al muro dove appoggiava porte o ringhiere sottoposte ai cicli di pittura. Il calco che ne veniva fuori assumeva la caratteristica di un’opera d’arte POP che ora son convinto che andava preservata e non eliminata. Proprio per lasciare il segno di un paese laborioso e capace di costruire ed industriarsi.

Mast Mchel lavorava con un camice di colore grigio, leggermente macchiato da qualche goccia in rilievo di vernice arancione, che donava un aspetto un po’ POP a quello che oggi chiameremmo D.P.I. (dispositivo di protezione individuale); ed a differenza di altri artigiani metalmeccanici non era lercio e sporco di fuliggine tipica della “FORGIA”, ma assomigliava più ad un tecnico di laboratorio che ad un fabbro. Sobrio e ligio anche nell’abbigliamento. Un vero maestro.

E la schiera di allievi che oggi risiedono in paese ne sono un esempio, perché pur non praticando l’arte che hanno appreso sotto la guida di Mchlin Ross, la svolgono con sapienza e spesso gli torna utile come punto d’eccellenza nelle ditte in cui sono chiamati a lavorare per altre mansioni. Vi sono autisti di macchinari industriali che hanno un punto di vantaggio perché sanno maneggiare l’arte del ferro e della saldatura; un po’ come un impiegato di concetto che pur svolgendo mansioni amministrative non dimentica di essere ragioniere e di tanto in tanto il suo datore di lavoro lo elogia quando ne assapora le competenze di contabilità e “computisteria”.

E poi che dire, Mast Mchel lo ricordo con la sua Fiat 850 colore caffèlatte con portapacchi rigorosamente costruito da lui, così come tutti i portapacchi delle macchine circolanti in paese. Aveva orari ben strutturati e la sera era al tavolo del tressette e nonostante sovente i suoi compagni di partita erano più esagitati, lui redarguiva gli errori del suo compagno con severo cipiglio ma mai ad alta voce.

Io quando penso ad una saldatrice la immagino con un trasformatore che ronza ed un volano tipo volante automobilistico dove poter sterzare per aumentare il livello della corrente per saldare spessori più consistenti; ed un compressore d’aria compressa con relativo motore di grandi dimensioni.

E poi chi non ricorda l’incudine in prossimità della porta a vetrina ed il martello pesante che Mast Mchel usava come uno strumento da conservatorio musicale e la musica che ne usciva fuori con la cadenza di un perfetto musicista.

E la cosa che mi stupiva, come anche per altri maestri di quel tempo e di quello spessore, era l’occhio usato per verificare l’allineamento o la perfezione del pezzo sottoposto alla modellazione. Occhiali d’osso di colore marrone, tenuti nel taschino del camice grigio e che indossava solo quando doveva “smicciare” il pezzo di ferro addrizzato sotto i sapienti colpi del martello. I suoi allievi oggi ancora lo ricordano bene e molti ancora fanno paragoni con l’arte di Mast Mchel quando si parla di porte di ferro o di ringhiere, ma anche per gli insegnamenti ricevuti durante la permanenza d’apprendistato. Era, al pari di altri artigiani e commercianti del posto, la borghesia del luogo, la confindustria/confartigianato locale; competente e laboriosa.

E Guardia Perticara ancora oggi porta i segni di una classe dirigente semplice, umile e lavoratrice, che ha pagato il prezzo più alto per l’emigrazione di quanti hanno dovuto trovare lavoro altrove. Una classe medio borghese che ha dovuto osservare, con l’occhio di chi capisce in profondità i problemi di un territorio, il lento declino del paese che oggi tenta di riprendersi con altre e diverse attività. Ma ciò nonostante hanno resistito e continuato a praticare attività con la sapienza che li ha distinti.

E Mast Mchel era uno di questi. Altri tempi, altri uomini ed altra fibra.

Domenico Leccese

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