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POTENZA. L’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale della Basilicata è completamente nel caos e meriterebbe di essere azzerato. Talmente tanta

POTENZA. L’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale della Basilicata è completamente nel caos e meriterebbe di essere azzerato. Talmente tanta è la “confusione” (volendo usare un benevolo eufemismo) che il banco rischia di saltare, come sarebbe a questo punto auspicabile. In rapida sequenza dopo che a finire nel vortice dei guai giudiziari è stato il numero due, il vicepresidente Paolo Castelluccio, per il caso delle presunte pesanti persecuzioni nei confronti di una sua ex compagna, è stata la volta del presidente: Francesco Mollica. Per lui la questione ruota intorno alla paventata manipolazione delle votazioni per il rinnovo dell’Ufficio di presidenza svoltesi a dicembre scorso. Le cose si sarebbero così aggravate che parrebbe che lo stesso Mollica, che opera in regime di proroga, stia valutando l’ipotesi dimissioni volontarie. E parrebbe già circolare il nome di un suo ipotetico sostituto, una figura terza e di garanzia delle minoranze. Nell’ambito di questa opzione il favorito è il consigliere regionale Giannino Romaniello di Liberi e uguali, vincitore solo pochi mesi fa del premio “Consigliere dell’anno”, indetto dal Roma. Ad onor del vero, però, in pochi scommettono sulle sue dimissioni. Il nodo delle vicissitudini politiche che incombono sulla Presidenza del Consiglio è che l’operato di Mollica sarebbe al centro di un’indagine della squadra mobile per i fatti relativi alla seduta consiliare del 13 dicembre 2017. Gli accertamenti peritali afferiscono in primis alla visione dei filmati del Consiglio di quel giorno riguardanti i minuti in cui l’Assise era stata chiamata a votare per il rinnovo dell’Ufficio di Presidenza. Al quale ambisce, inefficacemente, da mesi il consigliere regionale Aurelio Pace, mai eletto perchè ogni volta è mancato il numero legale. E questa e una delle vicende nelle vicende.
In secondo luogo, tornando alle indagini sui fatti del Consiglio, gli inquirenti avrebbero già escusso, in qualità di testimoni diretti, almeno quattro consiglieri regionali: Michele Napoli, Gianni Perrino, Vito Santarsiero e Vincenzo Robortella che erano in quella seduta chiamati a fungere da componenti della Commissione che si occupava del seggio durante il voto nelle dello scorso 13 dicembre. 
LA VOTAZIONE INCRIMINATA
L’ipotesi di reato al quale lavorano gli investigatori potrebbe essere quella di falso e sostituzione di persona.
Mollica, durante il Consiglio del 13 dicembre scorso, si è fatto consegnare dal commesso, come si evince dai filmati, tre schede bianche per il voto e non una sola come sarebbe dovuto accadere. A supporto della tesi accusatoria c’è anche l’audio della scena in cui parrebbe sentirsi Mollica «dammene tre».
Stando alle immagini sembra che poi ne abbia compilate due. Di queste una viene passata, direttamente dall’interessato, al consigliere Napoli che la ripone nell’urna. Il presidente, è questo il nocciolo dell’accusa, non si sarebbe limitato a votare la sua scheda. Avrebbe preso quella del consigliere regionale Vincenzo Robortella, seduto al suo fianco, consegnando, però, nuovamente a Napoli come scheda da inserire nell’urna non quella del vicino Robortella, ma una di quelle che aveva preso in più.
L’esito della seduta è noto e per altro ripercorre in pieno il canovaccio delle analoghe votazioni, svoltesi nei mesi precedenti, per il rinnovo della Presidenza. La seduta è stata interrotta e il voto annullato per una questione normativa. Il Consiglio regionale, quindi, è stato sciolto per mancanza di numero legale.
LA DIFESA DI MOLLICA
Il presidente del Consiglio regionale, da parte sua, pur valutando, secondo i rumors, l’ipotesi dimissioni, ha affidato a brevi e concise affermazioni una prima difesa.
«Avendo appreso – ha dichiarato Mollica – che ci sarebbe una indagine in corso nei miei confronti per l’errore compiuto durante una votazione, poi annullata e quindi del tutto ininfluente, avvenuta in Aula il 13 dicembre scorso, comunico che ad oggi non ho ricevuto alcun avviso di garanzia e mi riservo di verificarne l’esistenza nelle sedi opportune».
«Pur mostrando stupore per la diffusione mediatica dei fatti – ha proseguito Mollica -, che devono essere ricondotti a quella che è la realtà delle videoregistrazioni, le quali di per se stesse già chiariscono l’irrilevanza penale dei comportamenti, devo rinviare qualsiasi mia intervista ad un momento successivo agli accertamenti giudiziari. Nonostante abbia tranquillità di coscienza ed operato, anticipo che porrò in essere tutte le scelte necessarie alla tutela delle istituzioni e della mia immagine, lamentando, però, già da ora una non corretta comunicazione a mio danno, sicuramente finalizzata ad altri scopi, che il tempo chiarirà e riporterà in equilibrio».
«Chi appartiene alle istituzioni – ha concluso il presidente del Consiglio Regionale Mollica – deve necessariamente anteporle al proprio legittimo desiderio personale di difesa».
PRIME REAZIONI POLITICHE
Davanti a tutti, pronti a cavalcare l’onda delle polemiche per le vicende di cui sopra, si sono posti i due consiglieri regionali del Movimento cinque stelle: Gianni Perrino e Gianni Leggieri. I quali hanno nell’immediato chiesto le dimissioni di Mollica.
«Dopo – hanno dichiarato i due pentastellati – l’ormai famoso “t’ n’aia ‘sci!”, “te ne devi andare”, intimato a Mario Polese, il padrone del vaporetto, nonché presidente del Consiglio Regionale, Franco Mollica, ci propone una nuova specialità: il gioco delle tre carte». «Le immagini che stanno facendo il giro del web – hanno evidenziato i due consiglieri regionali – in questi giorni sono eloquenti e le indiscrezioni stampa di oggi confermano la gravità di quanto accaduto. Mai ci saremmo aspettati un gesto di una portata simile durante i lavori del Consiglio Regionale e in diretta streaming: barare miseramente in quel modo mortifica l’intera assemblea regionale e sancisce un ulteriore strappo alla credibilità delle istituzioni».
«A questo punto – hanno concluso Perrino e Leggieri – dovrebbero essere scontate le dimissioni da parte di Mollica, oltre che da Presidente del Consiglio Regionale, anche da semplice consigliere regionale: sarebbe un gesto nobile per chi chi occupa quella poltrona dal lontano 2000. Ora, Caro Mollica, “t n’aia ‘sci!” è l’imperativo che ti rivolgono i cittadini lucani».

 

Paolo Castelluccio

GLI ALTRI GUAI DELLA PRESIDENZA
Come detto in apertura, il prosieguo funzionale dell’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale della Basilicata è a un bivio decisivo. Poichè la vicenda oltrepassa il caso Mollica. Il vicepresidente Paolo Castelluccio si trova attualmente, dopo alcuni giorni trascorsi in carcere, agli arresti domiciliari per via del procedimento aperto presso la Procura di Matera inerente l’accusa di stalking nei confronti di una sua ex. Castelluccio, già condannato per danno erariale dalla Corte dei Conti di Basilicata, è, pertanto, indagato sia presso il Tribunale di Potenza che presso quello di Matera. I profili penalmente rilevanti sono diversi e attengono a due sfere separate della vita di Castelluccio, l’una politica, a Potenza per il caso “Rimborsopoli” e l’altra privata, per il caso persecuzioni presunte alla ex compagna.
Ma non è tutto, c’è dell’altro per il tribolato ufficio di presidenza del Consiglio regionale di Basilicata. L’altro vicepresidente di Mollica, Paolo Galante, è fino a poco fa sospeso dall’incarico ed è tornato in Aula, dopo oltre un anno di sopsensione, solo poco più di un mese fa.
Su di lui ha gravato la condanna di primo grado, ricevuta durante l’incarico citato e precisamente nel giugno del 2016, a 3 anni e sei mesi di reclusione. Pensare che il già vicepresidente sotto Lacorazza, aveva ricevuto il rinnovo solo poche settimane prima. Il Tribunale di Potenza alla fine di quel processo condannò, per concorso in peculato, a pene comprese tra i tre anni e tre mesi e quattro anni di reclusione in tutto 10 persone.
L’inchiesta della Procura del capoluogo ha riguardato l’utilizzo di risorse economiche del Consorzio per lo sviluppo industriale di Potenza, tra il 2007 e il 2008, da parte di alcuni componenti del consiglio di amministrazione.
All’allora vicepresidente a seguito della condanna era stata applicata la legge Severino che prevede la sospensione dall’incarico per un periodo di almeno diciotto mesi per i condannati, anche solo in primo grado, per reati quali corruzione, concussione, abuso d’ufficio e per l’appunto peculato.
IL PRETENDENTE AURELIO PACE
Alla poltrona di Mollica, ambisce, senza efficacia, il consigliere regionale Aurelio Pace. Poichè, come accennato, ogni volta che si è trattato di votarlo il Consiglio regionale è stato sciolto per mancanza di numero legale.
Pace allo stato attuale delle cose non ha riportato condanna alcuna.
Su di lui, però, pende un procedimento in corso presso il Tribunale di Potenza per peculato. Il collega di partito di Mollica è finito nel mirino della magistratura per le spese, ritenute dall’accusa, “allegre”, da qui il nome giornalistico dell’inchiesta “Scontrinopoli”, quando svolgeva l’incarico di consigliere presso la Provincia di Potenza.
L’accusa per lui è di falsità ideologica, truffa e peculato. La prossima udienza del processo, nella quale verranno ascoltati in aula due testimoni, è stata fissata a metà Maggio prossimo.

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