Rosario Angelo AVIGLIANO: Crocco e Don Mimì
Crocco e Don Mimì di Rosario Avigliano Era stramazzato al suolo con una spalla sanguinante squarciata da una palla di fuoco
Crocco e Don Mimì di Rosario Avigliano
Era stramazzato al suolo con una spalla sanguinante squarciata da una palla di fuoco sparata da molto vicino.
Il sangue uscito a fiotti aveva persino cambiato colore alla giubba di comandante. La camicia ancor più, da bianca a rossa esattamente come quella dei mille garibaldini che il 5 maggio da Genova si imbarcarono diretti in Sicilia.
Don Mimì Asselta di Laurenzana a capo di una colonna di insorti proveniente dalla Camastra era nei vicoli di Potenza il diciotto agosto del 1860 a difendere la città insorta al Re Borbone. Eppure era un esperto militare e, a molte battaglie, molto più aspre di questa, era riuscito sempre ad uscirne indenne. Questa, che addirittura sembrava essere l’ultima e per certi versi la più semplice, si stava rivelando fatale.
Era riverso a terra, in un vicolo vicino alla piazza del sedile con le forze e la lucidità che gli stavano venendo meno. Aveva la sensazione di volare e le immagini della vita terrena stavano diventando sempre più sfocate.
Aveva voglia di chiudere gli occhi ma li teneva aperti perché una voce ancestrale, divina, severa, strana gli vietava di farlo. Sembrò Violante sua madre, ma non poteva essere. Era morta molti anni prima. Eppure, a lui, parve proprio lei.
Una voce di donna vestita da Madonna lo implorava di non morire. E’ incredibile come nell’attimo così vicino alla morte le immagini della vita ti attraversano in un secondo e quelle che pensavi di non rivedere mai più, in quel preciso momento invece, si schiariscono nitide e definite come non mai.
Fra nuvole, fumo e frastuono di battaglia la vita di Don Mimì era lì, appesa ad un filo, negli scontri di fuoco fra urla e lamenti. Sembrava davvero la fine con la sua Laurenzana che tornava prepotente, nel sogno di fine corsa.
Gli spari in quel vicolo parevano batterie di mortaretti nelle solenni processioni della Madonna del Carmine e di San Rocco. Si rivide candido in uno specchio di lui bambino portato per mano da Violante. Sentì la musica della banda e poi vide i colori ed udì i boati dei fuochi pirotecnici.
Ad un tratto Don Mimì perse i sensi per il forte dolore. Un’impietosa lama di pugnale lo stava maciullando. Un carnefice dalle sembianze disumane, stava tendando di scardinare la palla ancora calda conficcata nella spalla.
Perse molto sangue ma quell’uomo gli salvò la vita. Era certamente uno abituato a curare ferite. Sicuramente una mano esperta.
Quell’uomo, si seppe poi, essere Carmine Donatelli Crocco anche lui fra gli insorti lucani di quel giorno. Gli raccontarono che fu lui a trascinarlo in un malfamato sottano, a strappargli da dosso gli abiti insanguinati e con precisa maestria chirurgica estrasse la palla che lo avrebbe portato, nel volgere di qualche ora, alla morte.
Dopo mesi, Don Mimì guarì! Cercò invano e fino alla fine dei suoi giorni di ritrovare il gigante buono dell’insurrezione. Avvertiva un grande senso di riconoscenza ed un forte desiderio di ringraziarlo e ricompensarlo. Mai riuscì ad incrociarlo. Le loro strade presero direzioni completamente diverse. Don Mimì fu eletto deputato e Crocco acclamato generale dei brigante.
Era sabato 18 agosto 1860 un sabato diverso da questo. Quello fu di battaglia per un ideale di libertà, questo di parole e versi e avendo l’onore di stare qui non potevo non raccontarvi una storia di un patriota di qua! In memoria di Domenico Asselta figlio di Francesco e Violante un patriota Laurenzanese
INSURREZIONE di Gianfranco Blasi
Ci resta
poco tempo
per insorgere.
Non ne abbiamo
affatto
per morire.
La resurrezione
è qui
è ora.
Per i vicoli
e nei sottani
da Laurenzana a Potenza
soffia
un’idea
di libertà.
Insorgere
alla fine
è come
risorgere
per lasciare
alla morte
i tiranni.
Laurenzana è un posto magico. In un maniero sopra una chiesa è stata una sera di amore sopra la paura.
Gianfranco sulla parola “Insurrezione” invece, ci ha costruito versi.
Ad Alba Montagnuolo un grazie di cuore per averci voluto lì e a Laurenzana per l’ospitalità. Buona lettura.
Domenico Leccese