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IL 26 SETTEMBRE È STATO PROIETTATO A MATERA “SULLA MIA PELLE”

Un film che noi non volevamo vedere da soli, nessuno di noi, e che abbiamo voluto proiettare nel Museo per condividerlo con più persone possibile

MARTA RAGOZZINO :

Questa sera (N.d.r. 26 settembre 2018) abbiamo proiettato nel museo di Matera ‘Sulla mia pelle’ il film di Alessio Cremonini sull’ultima settimana e la morte, diciamolo: l’uccisione, di Stefano Cucchi.

Abbiamo fatto due spettacoli, insieme a Cinergia e a Matera2019, e la sala Levi era gremita all’inverosimile entrambe le volte.

 

Non posso scrivere quante persone ci fossero, tra cui centinaia di ragazzi delle superiori seduti per terra con me.


Io voglio ringraziare tutte queste persone, una per una, per aver voluto vedere insieme, e insieme con noi, questo film importante.

Un film che noi non volevamo vedere da soli, nessuno di noi, e che abbiamo voluto proiettare nel Museo per condividerlo con più persone possibile.

Farlo diventare un’esperienza collettiva come altrove era stato fatto nelle piazze cittadine.
Devo ringraziare oltre a Cinergia, Il Piccolo cinematografo, la Lucana Film Commission e Paride Leporace, la Lucky Red che ci ha autorizzati a fare questa proiezione speciale.

‘Sulla mia pelle’ racconta una storia vera, terribile, ingiusta. Lo fa senza retorica, senza giudizio, con lingua asciutta. Si esce senza lacrime ma molto doloranti. E molto colpiti, perché una storia brutta e vergognosa come quella che il film ricostruisce e narra senza troppe parole ma immagini potenti non dovrebbe accadere in un paese civile come il nostro.

“Sulla mia pelle” sulla nostra pelle (perché la famiglia di Stefano e’ esattamente come la nostra famiglia: siamo noi, potremmo essere noi) cerca la verità, che gradi successivi di giudizio non hanno saputo disvelare.
Bravo il regista, bravi gli attori, bravissimo Alessandro Borghi che non diventa Stefano Cucchi, è Stefano Cucchi. Con il suo corpo, la sua voce, il suo dolore, la sua sfortuna.
La sua speranza, che muore dopo di lui.
L’ingiustizia assoluta che ha subito, nell’indifferenza assoluta delle figure ‘tecniche’ che si sono occupate di lui dal momento del fermo (e della atroce violenza) a quello della solitaria morte.

Credo che sia fondamentale cercare di capire. Roberto Saviano scrive che prima di vedere questo film pensavamo, tutti, noi che ci informiamo, di sapere e invece non sapevamo proprio nulla.
O non abbastanza. Non sappiamo mai abbastanza chiusi nelle nostre stanze.
Non sono pochi i morti in carcere purtroppo, sono sempre troppi. Sono rare -ma non rarissime- le vicende assurde e ingiuste e tragiche come quella di Cucchi, che ha incontrato in quell’ultima settimana di carcere e ospedale speciale oltre ai carabinieri carnefici, persone insensibili, ottuse, egoiste, spietate.
O solo tristemente superficiali, come i medici, purtroppo.

Vorrei ringraziare #IlariaCucchi per quello che ha fatto e continua a fare per la #verità per suo fratello e per tutti gli altri detenuti, in condizioni non umane.

E chi mi ha reso possibile questa piccola sfida civile. Fare del museo un presidio di democrazia.
I miei colleghi, specialmente Michele Saponaro insieme a tutti quelli che stasera erano ‘in servizio’ o sono venuti al museo.

Paolo Verri e la sua ‘crew’ come sempre. Patrizia Di Franco che ha ben consigliato ragazzi e professori.

E poi gli amici con cui mi sono confrontata domenica 16 verso l’ora di pranzo, dopo aver letto i giornali che parlavano delle proiezioni pubbliche di questo film, Giuseppe, Raffaele, e Michele Fabbri, da Ferrara (dove nel 2005 era successo l’agghiacciante pestaggio di Federico Aldrovandi).
Grazie. Mi avete dato fiducia e coraggio.

 

 

Domenico Leccese 

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