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Frane in Europa: 2 su 3 avvengono in Italia. Chi gestirà il dissesto?

L’Italia conta 620mila episodi franosi. Un danno economico da decine di miliardi di euro. Il nuovo governo intanto ha abolito le strutture di missione

Delle oltre 900mila frane censite nelle banche dati degli Stati europei, quasi due terzi sono italiane. 620.808 episodi che hanno coinvolto il 7,9% del territorio della Penisola.

 

 

 

 

Il dato è contenuto nell’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia, periodicamente aggiornato dall’Istituto Superiore per la protezione e ricerca ambientale (Ispra) e dalle regioni a partire dal 1998 quando, nella notte tra il 5 e 6 maggio, un’impressionante fiume di fango causò la morte di 160 persone nei capoluoghi campani di Sarno e Quindici.

 

 

5 maggio 1998: le drammatiche immagini dell’alluvione di Sarno
I numeri denunciati nell’inventario fanno spavento. Ma sono addirittura sottostimati. Ad esempio, in Calabria, il censimento del dissesto idrogeologico è stato realizzato unicamente a ridosso dei centri urbani e delle infrastrutture di comunicazione.

 

E solo la regione Umbria ha aggiornato la mappatura al 2017. Il censimento è fermo al 2016 per Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Piemonte, Sicilia e Valle d’Aosta e Provincia autonoma di Bolzano. Al 2014 per la Lombardia e la Basilicata.

Per le restanti regioni (la metà del totale, tra le quali anche la Campania) l’inventario è fermo al 2007, come riporta sempre il Rapporto 2018 sul dissesto idrogeologico in Italia di Ispra.

Il caso non esiste: la causa è l’uomo
È vero, il 75% del territorio italiano è composto da montagne e colline. Ma questo non basta a spiegare l’emergenza-dissesto. Anzi, i ricercatori di Ispra sottolineano come, tra i fattori più importanti per l’innesco dei fenomeni franosi, oltre le precipitazioni brevi e intense, quelle persistenti e i terremoti, siano stati, negli ultimi decenni, i fattori antropici. Tagli stradali, scavi, l’eccessiva costruzione di edifici, spesso sorti abusivamente. Tutte azioni umane che assunto un ruolo sempre più determinante nella mancata tutela del territorio.

Sempre secondo i dati di Ispra e di tutti gli altri enti di controllo, sono qualche centinaio, ogni anno, gli episodi di “eventi franosi principali”. Rientrano in tale categoria tutti quelli che hanno causato morti, feriti, danni ad edifici ed evacuazioni. Sono stati 172 nel 2017, 146 nel 2016, 311 nel 2015, 211 nel 2014.

Solo 16 mesi fa, il 5 agosto 2017, una colata di detriti investiva un automobilista a Cortina d’Ampezzo. Ma il fenomeno interessa la nostra penisola da Nord a Sud: basti pensare che, nel periodo 2010-2016, le province più colpite sono state Bolzano, Messina, Genova e Salerno.

In una situazione simile, dotarsi di un solido sistema di gestione del dissesto idrogeologico è quanto mai cruciale. Ma le scelte del nuovo governo lasciano perplessi.
Strutture di missione addio. Ma ora?
Negli ultimi quattro anni la gestione del dissesto idrogeologico è stata gestita in modo straordinario dalle strutture di missione ad hoc della Presidenza del Consiglio. I frutti di questo lavoro sono contenuti nei dati, aggiornati a novembre 2017, riportati dal portale Italia Sicura.
Numeri e sintesi che ci dicono che solo gli stati di emergenza per rispondere ai più gravi eventi di dissesto idrogeologico ci sono costati oltre 11,2 miliardi di euro. Con danni accertati, dai commissari delegati alla ricostruzione e al ripristino, di quasi 8 miliardi di euro (7.992.626.808). Dal primo maggio 2013 a novembre 2017, abbiamo avuto 70 emergenze di cui ancora 12 aperte.

Un salto nel buio?
Con il passaggio di consegne tra Gentiloni e Conte, l’approccio è cambiato. Il decreto legge 86/2018 sul riordino ministeri approvato a metà luglio ha infatti  chiuso e strutture di missione della presidenza del Consiglio contro il dissesto idrogeologico e sulle infrastrutture idriche.
Se lo stesso ministro Sergio Costa aveva dichiarato a Valoriche il Ministero dell’Ambiente doveva rafforzare le proprie competenze, dopo decenni di indebolimento delle politiche ambientali in Italia, sembrano legittimi i dubbi sollevati da Stefano Ciafani, presidente di Legambiente: «Siamo preoccupati per la scelta del Governo di chiudere le strutture di missione con un passaggio di consegne su questioni tecniche importanti, che prima ad esempio svolgeva la struttura contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche, e che ora il Dicastero dell’Ambiente dovrà seguire e affrontare nonostante le insufficienti risorse a disposizione».
Ora resta da capire se, il Ministero dell’Ambiente davvero riuscirà a rafforzare nel minor tempo possibile la struttura ministeriale, che era stata sempre più indebolita in questi anni e gestire emergenze e dissesto. «Dopo aver passato al Ministero dell’Ambiente i compiti della struttura di missione, serve capire qual è il progetto alternativo con cui il nostro Paese farà fronte alle emergenze e alla necessità di prevenire i numerosi rischi che hanno portato alla creazione di tale struttura, senza tra l’altro che sia stato ancora approvato l’urgente Piano di adattamento ai mutamenti climatici» sottolinea Ciafani. «Non possiamo infatti permetterci il lusso di rallentare il lavoro di contrasto e di prevenzione dei diversi rischi ambientali e naturali».
470mila aree ad alta pericolosità di frane
Secondo gli ultimi aggiornamenti Ispra, il 3% del territorio nazionale è in aree ad alta pericolosità di frane (al livello P4); il 5,4% a rischio elevato (P3), il 4,6% a rischio medio (P2), il 4,6% a rischio moderato (P1), oltre le Aree di Attenzione, pari al 2,2%. Quasi 60mila chilometri quadrati, pari al 20% del territorio nazionale (19,9%).
Per intenderci, oltre 860mila aree a pericolosità di frana, di cui oltre 470mila nella classi P3 e P4, a rischio quindi di alta ed elevata pericolosità. Nel periodo 2015-2017, sono state mappate altre 28mila aree a pericolosità elevata, tra cui il bacino del fiume Tevere, la regione Sardegna, il bacino dell’Arno, il bacino del Po in Lombardia, la provincia di Bolzano.
Le regioni che hanno le maggiori aree a rischio elevato e molto elevato sono Toscana, Emilia Romagna, Campania, Valle d’Aosta, Abruzzo, Lombardia e Provincia autonoma di Trento. Rispetto al proprio territorio regionale, i valori più elevati si rilevano, invece, in Valle d’Aosta, Provincia di Trento, Molise, Abruzzo, Toscana, Emilia-Romagna e Liguria.

Il Progetto IFFI in Italia e in Basilicata dopo 10 anni cosa è cambiato ?

Censimento fenomeni franosi (IFFI)

Progetto di ricerca sulla Tutela del territorio attraverso il rilevamento geomorfologico, il censimento ed il controllo delle aree in frana

La Regione Basilicata – Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, in data 18 luglio 2008, ha sottoscritto con l’Autorità di Bacino della Basilicata ed il C.N.R.– Dipartimento Patrimonio Culturale una convenzione finalizzata all’attuazione del Progetto di ricerca “Tutela e Conservazione del Patrimonio Culturale nell’area compresa tra l’alta-media Val d’Agri, la Val Camastra-Sauro e la Val Melandro attraverso il rilevamento geomorfologico ed il controllo delle aree in frana”, approvato con D.G.R. n° 1130 dell’ 8 luglio 2008.
Il Progetto, cofinanziato con fondi derivanti dal Progetto Operativo Val d’Agri e fondi propri del CNR, ha consentito, mediante l’ottimizzazione dell’impegno economico-finanziario e delle risorse umane dei soggetti sottoscrittori, il raggiungimento di obiettivi di interesse dei singoli Enti, in particolare:
- per la Regione Basilicata il censimento e la mappatura dei fenomeni franosi mediante la metodologia prevista dal progetto nazionale IFFI;
– per l’AdB l’aggiornamento del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico mediante la rilevazione di fenomeni franosi in aree non ancora studiate;
- per il CNR lo studio dei rischi naturali (geologici e geomorfologici) ed antropici in relazione alla salvaguardia e alla conservazione del Patrimonio storico-architettonico, monumentale ed archeologico nazionale.
L’ambito territoriale interessato dal Progetto comprende i seguenti 30 comuni (dei quali 27 ricadenti nel territorio di competenza dell’AdB), per una superficie complessiva di 1.919,70 kmq:
Abriola, Aliano, Anzi, Armento, Brienza, Brindisi di Montagna, Calvello, Castelsaraceno, Corleto Perticara, Gallicchio, Gorgoglione, Grumento Nova, Guardia Perticara, Laurenzana, Marsiconuovo, Marsicovetere, Missanello, Moliterno, Montemurro, Paterno, Roccanova, Sant’Arcangelo, San Chirico Raparo, San Martino d’Agri, Sarconi, Sasso di Castalda, Satriano di Lucania, Spinoso, Tramutola, Viggiano.
Le attività di rilievo geomorfologico, svolte mediante rilievi sul campo e fotointerpretazione multitemporale, hanno consentito di censire i fenomeni franosi presenti negli ambiti extraurbani dei 30 comuni interessati e di aggiornare il Progetto IFFI per la Basilicata.
Sulla base di tale censimento, l’AdB ha proceduto, per 14 comuni, alla attribuzione della classe di rischio a ciascun areale e all’inserimento negli aggiornamenti del PAI per gli anni 2008-2009. Analoga procedura è attualmente in corso per i restanti 13 comuni, che saranno oggetto dell’aggiornamento 2010 del PAI.
Ulteriori informazioni sul progetto sono reperibili sul sito del CNR al seguente link:
http://protect-cult.ibam.cnr.it

IFFI – Inventario dei fenomeni franosi in Italia

Il Progetto IFFI (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia), realizzato dall’ISPRA e dalle Regioni e Province Autonome, fornisce un quadro dettagliato sulla distribuzione dei fenomeni franosi sul territorio italiano. L’inventario ha censito ad oggi 620.808 fenomeni franosi che interessano un’area di circa 23.700 km2, pari al 7,9% del territorio nazionale. I dati sono aggiornati al 2017 per la Regione Umbria; al 2016 per le regioni: Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Piemonte, Sicilia, Valle d’Aosta e per la Provincia autonoma di Bolzano; al 2015 per la Toscana; al 2014 per la Basilicata e la Lombardia. Per le restanti regioni i dati sono aggiornati al 2007.
Il Servizio di cartografia online del Progetto IFFI consente la visualizzazione delle frane e l’interrogazione dei principali parametri ad esse associati

Link utili
* Cartografia on line
* Rapporto sulle frane in Italia
* Workshop Progetto IFFI 13-14 novembre 2007
* Rapporto Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio – Rapporto 2018

Il Progetto IFFI in Italia e in Basilicata


GIORNATA DI STUDIO DEL 18 MAGGIO 2016. IL PROGETTO IFFI IN ITALIA

La giornata di studio è l’occasione per presentare i risultati del progetto di studio e ricerca sul “Monitoraggio e censimento delle aree in frana in Basilicata finalizzati all’aggiornamento e completamento del Progetto IFFI Nazionale ed alla definizione di modelli climatici previsionali su eventi estremi e relazione con la franosità regionale.
Il prossimo mercoledì 18 maggio 2016 alle ore 9:30 presso la Sala Inguscio della Regione Basilicata, si terrà una giornata di studio dedicata al Progetto Nazionale IFFI (Inventario fenomeni Franosi Italiani) dell’ISPRA, in cui verrà presentato lo Stato dell’arte in Italia ed in Basilicata e verranno presentati i risultati del progetto di studio e ricerca sul “Monitoraggio e censimento delle aree in frana in Basilicata e finalizzati all’aggiornamento e completamento del Progetto IFFI Nazionale ed alla definizione di modelli climatici previsionali su eventi estremi e relazione con la franosità regionale”, realizzato e cofinanziato dalla Regione Basilicata Dipartimento Ambiente e territorio Infrastrutture OO.PP. e Trasporti (Resp. Per la Regione Dr. B. Anzidei, Uff. ), CNR IBAM di Potenza (Resp. Scient. Dr. M. Lazzari) e CNR IIA di Monterotondo (Resp. Scient. Dr. A. Pasini).

Lo studio è stato realizzato in due fasi distinte, di cui la prima tra il 2008 ed il 2010 e la seconda tra il 2011 ed il 2014, con l’obiettivo primario del completamento del censimento dei fenomeni franosi dell’intero territorio regionale nell’ambito del Progetto IFFI, oltre alla definizione di modelli climatici previsionali su eventi estremi in relazione con la franosità regionale. Le ricadute sul territorio regionale saranno molteplici, sia in termini di pianificazione urbana e strutturale, oltre che paesaggistica, sia in termini di pianificazione dell’emergenza. A conclusione del progetto i prodotti sono stati condivisi con le Autorità di Bacino dell’Ofanto, del Sele ed Interregionale della Basilicata, oltre che con le due Province lucane.

La giornata permetterà di descrivere nel dettaglio tutte le attività di ricerca e studio realizzate nei 131 comuni della Basilicata nel corso di complessivi 5-6 anni di lavoro, durante i quali è stato possibile dotare la Regione di una base conoscitiva unica ed inedita controllata sul campo:

1. Sul numero e distribuzione areale dei fenomeni franosi classificati e georeferenziati,

2. Sull’interazione degli stessi con i beni storico-architettonici, censiti e georeferenziati,

3. Sull’analisi climatica storica di tutte le serie termo-pluviometriche disponibili.

Alla presenza del Presidente dell’ISPRA Ing. B. De Bernardinis, del Responsabile del Progetto Nazionale IFFI Dr. A. Trigila (ISPRA) e dei Direttori degli Istituti CNR coinvolti (Dr. Nicola Pirrone, IIA e Dr. Daniele Malfitana IBAM), verranno anche presentati anche i risultati delle attività di monitoraggio condotte durante l’ultima fase del progetto con tecniche innovative e sperimentali in diversi siti della Basilicata, opportunamente selezionati.

La seconda parte del programma vedrà protagonisti i rappresentanti degli Enti maggiormente interessati all’acquisizione dei dati censiti, tra cui Dirigenti regionali (Ufficio Difesa del Suolo, Uff. Parchi, Biodiversità e Tutela della Natura, Uff. Geologico, Uff. Protezione Civile) Autorità di bacino/Distretto Idrografico meridionale, ARPAB, ALSIA, CNR, Università della Basilicata, Ordini Professionali (Ingegneri, Architetti, Geologi, Agronomi e forestali, Geometri), Segretariato Regionale MIBACT, Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio, Sindaci dei Comuni lucani, in relazione alle attività di pianificazione ed intervento strategico messe in campo dagli stessi o in via di programmazione.

Frane in Italia: i nuovi dati del progetto Iffi
614mila eventi franosi censiti nel 2014 su oltre 22mila kmq di superficie: analizziamo i nuovi dati sulle frane in Italia del progetto Iffi
Il Progetto IFFI (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia), realizzato dall’ISPRA e dalle Regioni e Province Autonome, fornisce un quadro dettagliato sulla distribuzione dei fenomeni franosi sul territorio italiano.
L’inventario ha censito ad oggi 614.799 fenomeni franosi che interessano un’area di circa 23.000 km2, pari al 7,5% del territorio nazionale. I dati sono aggiornati al 2015 per Calabria, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte, Sicilia, Toscana, Valle d’Aosta e per la Provincia Autonoma di Bolzano; al 2014 per Liguria, Emilia-Romagna e Basilicata. Per le restanti regioni i dati sono aggiornati al 2007.
Un’opportuna mappatura permette di monitorare costantemente le aree più vulnerabili e potenzialmente interessate dai fenomeni franosi.
Le mappe fornite dal progetto IFFI sono elaborate attraverso la rappresentazione dell’indice di franosità (if, espresso in termini percentuali) corrispondente al rapporto tra l’area in frana e la superficie totale, calcolato su maglia avente lato di 1 km. A questo corrispondono cinque intervalli che sono contraddistinti da un differente colore:
• verde (0,0001-1);
• giallo (1-5);
• arancione (5-15);
• rosso (15-30);
• marrone (maggiore di 30).

Inventario dei fenomeni franosi di Italia (IFFI) – Servizio Online
L’Italia è il paese europeo maggiormente interessato da fenomeni franosi con oltre 500.000 frane delle 700.000 censite in Europa. Le frane sono estremamente diffuse a causa delle caratteristiche geologiche e morfologiche del territorio italiano, che è per il 75% montano-collinare [Fonte: capitolo 15 “Pericolosità di origine naturale” – “Scarica il pdf integrale alla fine dell’articolo”.
L’obiettivo del progetto IFFI è quello di identificare e perimetrare le frane insistenti sul territorio italiano. Questo si traduce in una banca dati on-line corrispondente ad una cartografia informatizzata a scala 1:10.000 e ad un database alfanumerico che si basa sulla “Scheda Frane IFFI”, articolata su tre livelli di approfondimento progressivo. Ogni frana è univocamente identificata sull’intero territorio nazionale attraverso un codice identificativo (ID-Frana).
L’inventario del progetto IFFI ad oggi ha censito:
– 614.799 eventi franosi;
– 23mila km2: area interessata dagli eventi franosi censiti;
– 2014: anno di aggiornamento per le Regioni Piemonte, Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Emilia-Romagna, Basilicata, Sicilia e per la Provincia autonoma di Bolzano;
– 2007: ultimo aggiornamento per le altre Regioni italiane.
I fattori antropici restano tra le cause principali ed innescanti il fenomeno franoso e la gran parte dei fenomeni che si manifestano corrispondono a riattivazioni di eventi passanti che hanno osservato un periodo di quiescenza.
I fenomeni di neoformazione sono più frequenti nelle tipologie di movimento a cinematismo rapido, quali crolli o colate di fango e detrito. Le precipitazioni brevi e intense e quelle persistenti sono i fattori più importanti per l’innesco dei fenomeni di instabilità.
Nell’inventario IFFI l’evento “frana” è distinto nelle tipologie riportate nella figura sottostante, a cui corrispondono determinate frequenze.

I principali eventi franosi
Gli eventi franosi sono definiti principali se hanno causato vittime, feriti, evacuati e danni a edifici, beni culturali e infrastrutture lineari di comunicazione primarie. Un evento franoso principale può riferirsi anche a più frane innescatesi in una determinata area, in un determinato intervallo di tempo (generalmente nelle 24 ore) e causate dallo stesso fattore innescante (evento pluviometrico, terremoto) [Fonte: capitolo 15 “Pericolosità di origine naturale” – “Scarica il pdf integrale alla fine dell’articolo”

 

I principali eventi di frana, verificatisi nel 2014, sono 211 e hanno causato complessivamente 14 vittime e danni prevalentemente alla rete stradale e ferroviaria. Le Regioni maggiormente colpite sono state: Liguria, Piemonte, Toscana, Veneto, Campania, Lombardia e Sicilia. In particolare tra il 2010 ed il 2014 le provincie più colpite sono state Genova, Messina, La Spezia, Salerno e Bolzano.

 

Domenico Leccese 

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