IL BOEING 737 MAX 8 LION AIR 610 NON DOVEVA VOLARE
Il Boeing 737 MAX lo scorso 29 ottobre è scomparso dai radar 13 minuti dopo il decollo da Giacarta ed è precipitato nel mare di Giava poco dopo aver chiesto un rientro d’emergenza nella capitale. Il rapporto preliminare dell’agenzia governativa per la sicurezza dei trasporti non indica una causa definitiva per lo schianto, ma evidenzia come Lion Air continuasse a rimettere in servizio l’aereo malgrado ripetuti fallimenti dei tentativi di risolvere un problema con l’indicatore della velocità, proprio nei giorni prima della tragedia.
È stata una battaglia tra l’uomo e il software durata una decina di minuti.
E alla fine ha vinto quest’ultimo. Per 26 volte i piloti del volo Lion Air 610 hanno cercato di portare su il muso del Boeing 737 Max 8 nuovo di zecca.
Per 26 volte il software ha risposto portando giù quello stesso muso perché riceveva continuamente informazioni sballate. Fino a quando, nel caos più totale, comandante e primo ufficiale non hanno perso il controllo del velivolo. Precipitando, loro e altre 187 persone a bordo, nel mare di Giava al largo di Giacarta, Indonesia.
È questo uno dei dettagli più inquietanti che viene fuori dal rapporto preliminare sull’incidente aereo del 29 ottobre 2018 nel quale sono morti 189 individui, compreso l’italiano Andrea Manfredi.
I primi risultati
Dettaglio non definitivo, visto che l’analisi di una delle due scatole nere non indica questo scontro uomo-macchina come l’unica causa.
Ma il documento di 78 pagine spiega come il problema tecnico sia stato riscontrato anche in altri voli, motivo per cui il Boeing 737 Max 8 doveva restare a terra per controlli tecnici e interventi.
Già il giorno prima dell’incidente, infatti, il volo Bali-Giacarta aveva presentato problemi tecnici simili.
«Questa è la base della nostra raccomandazione a Lion Air» ha dichiarato il capo della commissione, Nurcahyo Utomo, in conferenza stampa.
«Dal nostro punto di vista l’aereo non era idoneo al volo» ha aggiunto senza precisare una causa specifica per l’incidente.
Il dossier si spinge anche a raccomandare alla compagnia aerea low-cost, tra le più grandi del mondo, ad «aumentare la cultura della sicurezza e di mettere il pilota in grado di prendere misure appropriate sul prosieguo del volo»
I 13 minuti di terrore
Ma cos’è successo in quei tredici minuti dal decollo all’inabissamento?
Sono i tracciati ottenuti dal «Flight data recorder» una delle due scatole nere (l’altra, il «Cockpit voice recorder» non è stata ancora recuperata), a raccontare secondo per secondo la dinamica dell’incidente.
I problemi si presentano subito dopo il decollo dall’aeroporto di Giacarta: uno dei sensori relativi al cosiddetto «angolo di incidenza» non funziona correttamente, esattamente come successo nel volo precedente.
Non è un dettaglio da poco.
Questo angolo consente al sistema automatico di capire dove sta puntando il muso del velivolo — sulla base delle correnti di aria che riceve — e di correggere l’andamento del velivolo per evitare che vada in stallo.
Nel volo Lion Air 610, ma anche in quello precedente i piloti hanno lamentato problemi nella lettura della velocità e dell’altitudine, ma non è chiaro se in conseguenza del malfunzionamento di quel sensore o di altre ragioni.
Il problema al sensore
Quel che è certo è che il sensore sinistro dell’«angolo di incidenza» (dalla parte del comandante) nel volo Lion Air 610 ha ricevuto informazioni errate — «che potrebbero essere state causate anche dal semplice impatto con un piccolo volatile», spiegano alcuni esperti al Corriere — che faceva «pensare» al software che il muso stava puntando troppo in alto e rischiava lo stallo. Il sensore di sinistra, c’è scritto nel rapporto, l’angolo di incidenza era di 20° diverso da quello del sensore di destra.
Per questo in automatico il dispositivo ha iniziato a correggere quella direzione, abbassando il muso.
Ma in realtà non ce n’era bisogno. Anzi: senza un intervento correttivo e contrario l’aereo rischiava di precipitare.
La ricerca dell’altra scatola nera
Nel volo precedente lo stesso problema era stato affrontato disabilitando il dispositivo. Nel volo della tragedia i piloti hanno tentato per 26 volte questa manovra correttiva e per 26 volte il software ha reagito in modo opposto.
Fino a perdere il controllo definitivamente e facendo cadere il velivolo a 720 chilometri orari.
Oltre ai guasti alla strumentazione già segnalati nel volo precedente nel velivolo sembra essersi guastato anche lo «stick shaker», un dispositivo meccanico che fa vibrare la barra di comando del pilota per avvertirlo che è imminente uno stallo. In ogni caso secondo diversi esperti comandante e primo ufficiale sono addestrati e dovrebbero conoscere questo tipo di intervento d’emergenza.
Nel volo caduto non è successo nulla di tutto questo e l’assenza della scatola nera che registra le conversazioni nella cabina di pilotaggio non aiuta a far luce. Per questo gli investigatori riprenderanno le ricerche in mare per trovare l’archivio audio.
Indonesia, il boeing della Lion Air precipitato non doveva volare
L’aereo della Lion Air che si è schiantato a terra ad ottobre in Indonesia, causando la morte delle 189 persone a bordo, tra cui un cittadino italiano, non avrebbe dovuto volare a causa di un ricorrente problema tecnico: lo hanno dichiarato le autorità indonesiane in un rapporto che punta il dito contro la scarsa attenzione alla sicurezza da parte della compagnia area.
Il Boeing 737 MAX lo scorso 29 ottobre è scomparso dai radar 13 minuti dopo il decollo da Giacarta ed è precipitato nel mare di Giava poco dopo aver chiesto un rientro d’emergenza nella capitale. Il rapporto preliminare dell’agenzia governativa per la sicurezza dei trasporti non indica una causa definitiva per lo schianto, ma evidenzia come Lion Air continuasse a rimettere in servizio l’aereo malgrado ripetuti fallimenti dei tentativi di risolvere un problema con l’indicatore della velocità, proprio nei giorni prima della tragedia.