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IN RICORDO DEL MICHELANGELO DEI MINATORI

Francesco Libonati rimane ancora bistrattato nella sua Basilicata

di Leonardo Pisani
«Robusto come Michelangelo, conciso come Desiderio da Settignano, puro come Brancusi e visionario come Fontana, egli sogna e fa sognare ad occhi aperti chi osserva il suo disegno e il suo modellato. »Sono le parole del critico d’arte Duccio Trombadori su Francesco Libonati. Oggi avrebbe compiuto 98 anni, ci ha lasciato l’anno scorso, il 15 dicembre 2017 nella quasi totale indifferenza della sua amata Basilicata. Tranne l’allora presidente del Consiglio Regionale Francesco Mollica che lo ricordò con queste parola «Ci ha lasciati il Michelangelo dei minatori, con la scomparsa di Francesco Libonati La Basilicata perde oltre ad un grande artista anche uno dei suoi figli migliori, la cui storia sembrerebbe da romanzo o fiction, ma in realtà è la storia di quei tanti lucani che con tenacia e talento hanno tracciato una scia luminosa nel mondo». Per Francesco Mollica, la vita e la storia del maestro Libonati sono un esempio per tutti i lucani, specie per le nuove generazione per il massaggio che la passione e la dedizione allo studio sono essenziale per poter concretizzare le proprie aspirazioni. Negli anni Libonati è stato ricordato poco anche se in maniera pregevole da uno speciale “Lo scultore minatore” realizzato da Angelo Oliveto per la RAI e sulle pagine del Roma, il sottoscritto ne parlò anche a Buongiorno Regione Basilicata il 3 maggio scorso. Anche la pagina wikipedia su questo straordinario artista non è aggiornata, un oblio per la storia da romanzo, una vita da ramingo degna di uno scritto dell’ottocento, come Remigio di “Senza Famiglia” o un “David Copperfield”. Dalle viscere della terra ai Cieli dell’Arte, così si può definire la vita dell’emigrante lucano, minatore in Belgio di notte e studente di arte di giorno. Simbolo vivente di della fatica e della tragedia di Marcinelle, il lucano di notte scavava e di giorno scolpiva per tutti i minatori del mondo. Paul Caso sul quotidiano “Le Soir” scrisse : «.La storia di Francesco Libonati potrebbe essere il soggetto di un film animato dal realismo e dal meraviglioso caro ai cineasti italiani…». La Basilicata istituzionale continua a ignorarlo, invece, bene farebbe la Fondazione Matera Basilicata 2019 a onorare la sua opera e la sua vita. Straordinario l’incontro tra il minatore e il pugilatore, che poco prima era stato in Basilicata a esibirsi nella lotta libera e facendo visita un altro simbolo dei lucani Rocco Mazzol,. Libonati, Carnera e Mazzola, tre emigranti con tre storie diverse.
Quel giorno si conobbero, erano due emigranti; uno viveva in America l’altro in Belgio; ma erano anche due simboli per gli italiani costretti a lasciare il suolo natio, Il friulano ed il lucano; il pugilatore e lo scultore si incontrarono ed andarono assieme a rendere omaggio al lavoro, agli italiani emigrati ed all’arte. Era il 5 ottobre 1958 di una fredda domenica belga. Erano dei emigranti; l’uno nato in Friuli in un paesino diventato famoso grazie alla sua fama; conquistata sui ring di tutto il mondo ma gli inizi furono terribili. Da piccolo non aveva scarpe; orfano su costretto a lasciare presto la scuola per aiutare la famiglia e non aveva cibo a sufficienza per placare l’appetito dei suoi 197 cm ed oltre 120 kg.Partito da Sequals verso la Francia per cercare di placare la sua fame; Primo Carnera era un giovane falegname il cui unico obiettivo era poter vivere decentemente; che poi significava poter avere due pasti caldi al giorno. L’Alpe che cammina trovo la sua fortuna per caso; divenne lottatore per un circo con il nome di Juan lo spagnolo battendo tutti i giovani forzuti dei paesi che visitavano. Non era un gran lavoro certo ma almeno si poteva nutrire; poi l’incontro con il campione di Francia dei massimi Paul Journeè ed il pugilato. In vetta la mondo; imparò le lingue straniere ed a leggere bene e poi caduto nella polvere;osannato e sfruttato economicamente e poi abbandonato nella miseria ma l’emigrante friulano non si diede mai per vinto: si rifece una vita e guadagnò con la lotta libera; Ma una cosa è certo rimase sempre un simbolo per gli italiano, specie per chi era stato costretto a lasciare il suolo natale come lui.L’altro era anche egli un emigrante; del sud nato in paesino della Basilicata ai piedi del Pollino.Era il 1 dicembre 1920 quando a Rotonda nacque Francesco Libonati da una umile famiglia, il padre era un fabbro e ben presto anche il piccolo Francesco entro in fucina ad imparare il mestiere tra fuoco; polvere e scintille. Era bravo come artigiano e ben presto si notò anche la sua abilità nel disegno e nel lavorare sculture in ferro. Un talento; come tanti talenti tra gli artieri lucani; destinato ad essere uno dei tanti baciati dall’estro ma confinati in una bottega sperduta in uno dei tanti paeselli. Ma Libonati aveva qualcosa di diverso; la tenacia ed il desiderio di imparare. Ed aveva il sacro fuoco dell’ Arte. Fu chiamato alle armi e mandato a lavorare come minatore a Carbonia; li il giovane fabbro diventò minatore; un mestiere che poi gli fece lasciare Rotonda per cercar fortuna in Belgio. Uno dei tanti emigrati italiani che lavoravano anche a 800 metri nel sottosuolo; ma pur scavando nelle viscere della terra Libonati aveva sempre un sogno: diventare artista. Da fabbro a minatore a scultore; il futuro Michelangelo dei minatori di notte lavorava in miniera “L’Esperance”, nel Borinage poi finito il turno percorreva 6 chilometri a piedi per andare a scuola ad imparare l’arte del disegno alla presso la Reale Accademia di Belle Arti di Mons. La sua tenacia e amore per l’arte fu ripagata con il diploma a pieni voti. Aveva del miracoloso quello che il fabbro lucano era riuscito a compiere e la notizia si diffuse anche tra i minatori. Venuto a conoscenza di Libonati il direttore dell’Istituto Minerario della provincia di Mons, Monsieur Paul Culot, gli commissionò un primo busto, cui fece seguito quello del presidente dei Deputati della regione dello Hainaut, Monsieur Richard Stievenart. Francesco divenne così in breve tempo il simbolo degli emigrati italiani nelle miniere del Belgio. Ma non lasciò la miniera; di notte scava e di giorno scolpiva. Poi ebbe un’idea; scolpire la dura vita delle viscere e acquisto un blocco di pietra di 4 tonnellate. Il sacro furore guido lo scalpello del Michelangelo dei minatori e ne fece uscire una opera d’arte di due metri e sessanta, un simbolo del minatore tenace nel suo lavoro e nella sua energia; lavoro umile ma degno di rispetto. Libonati chiamò la sua opera il “Minatore di tutti i Paesi” e venne inaugurata a Quaregnon (Belgio) nel 1954 alla presenza di ben sei ministri del governo belga di allora. Divenne un simbolo per tutti gli italiani del Belgio; come ancora un simbolo era Carnera per gli italiani di tutto il mondo. Il già campione dei pesi massimi, al tempo attore e Claims Heavyweight Wrestling Championship, titolo vinto sconfiggendo King Kong, un uomo pesante 182 kg. Primo durante una tourneè mondiale decise di andare ad ammirare “Il minatore di tutti i paesi” e deponendovi una corona di fiori a ricordo di tutti gli sfortunati minatori vittime del lavoro. Libonati in seguitò scolpì da un blocco di pietra di 11 tonnellate il “Lavoratore Universale”. opera fu donata da un gruppo di industriali italiani al Belgio. Il promotore del gesto, fu amministratore delegato della FIAT Giovanni Valletta, nell’offrire l’opera al Belgio in segno di amicizia internazionale così si espresse: “…ad additare la potenza e l’universalità del lavoro nella geniale espressione che alla stessa ha saputo conferire un artista italiano.”Quest’opera fu donata da un gruppo di industriali italiani al Belgio. L’opera venne inaugurata il 16 ottobre 1962 dall’Ambasciatore d’Italia. Il giorno successivo venne presentata a S.M. Re Baldovino dalle autorità locali. Nel 1958 Libonati fu invitato dal console Camillo Giuriati a rappresentare l’Italia all’Esposizione Universale di Bruxelles, cui partecipò con il trittico scultoreo “La concentrazione”. Poi il Michelangelo dei minatori tornò in Italia, di dedicò all’insegnamento prima direttore dell’Istituto Statale d’Arte di Potenza e successivamente docente nelle Accademie di Belle Arti di Frosinone, L’Aquila e Roma. Si affermò come artista Il critico Duccio Trombadori ha scritto di lui : “Forze cosmiche e forze mobili della materia sintonizzano il cuore della Terra con i ritmi siderali dell’Universo. Un concentrato di energie suscita figure inusitate e antropomorfe che sembrano amuleti e al tempo stesso eventi di natura. In questa visione antropocentrica e planetaria Francesco Libonati afferma lo spettacolo di una scultura senza tempo che trasmette un sentimento ‘primitivo’ di adesione al ciclo vitale-naturale dell’universo”.

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