RESTITUZIONI & RIMBORSI A 5 STELLE
La seconda tipologia di rimborsi ha a che fare con la diaria, quei 9 mila euro che in media ogni mese vengono dati a ciascun eletto per far fronte alle spese quotidiane del mandato parlamentare. Su questa voce i parlamentari grillini si erano tutti impegnati a ricevere solo i soldi effettivamente utilizzati nell’arco del mese. Avrebbero dovuto far fede gli scontrini, i giustificativi di quelle spese. Adesso però, come dicono molti, emerge che pochi portavoce hanno effettivamente restituito i soldi della diaria. E che alla fine molti si sono tenuti quei 9 mila euro. Giustificandoli a piè di lista. Senza il dettaglio. Esattamente come fanno i parlamentari degli altri partiti che però non rivendicano una presunta diversità.
di Claudia Fusani, giornalista parlamentare
Qualcuno lo ricorderà quel disperato post su Facebook. Era aprile 2013, i 5 Stelle erano da poco sbarcati in Parlamento pronti ad aprirlo “come una scatoletta di tonno” (cit.Grillo). Roberta Lombardi, appena nominata capogruppo, denunciò il furto della borsa e la noia immane non solo di rifare i documenti ma di dover ricostruire le spese fin lì sostenute per determinare gli effettivi rimborsi. “Poichè è mia intenzione trattenere dalle voci di rimborso che compongono il mio stipendio solo quelle effettivamente sostenute e documentate e restituire il resto, cosa faccio? Aspetto vostri consigli” scriveva Lombardi.
Il vortice dei numeri
Cinque anni dopo abbiamo Ivan Della Valle, ormai ex per via dei bonifici taroccati con photoshop (ha trattenuto 270 mila euro), che denuncia: “Ho restituito più io di molti altri. Non guardate solo le restituzioni al fondo delle piccole e media imprese. Andate a vedere i rimborsi della diaria, quelli che dovevano restituire con tanto di rendiconto e scontrini…Ecco quasi nessuno ha restituito più nulla. Ed è impossibile spendere 8-9 mila euro al mese”. Molti ex, anche se in tempi diversi, puntano oggi il dito sul tema rimborsi/diaria. Artini, Barbanti, Turco, sono molti oggi a dire che la vera “ipocrisia” è lì, in quelle spese portate a piè di lista ma senza giustificativi e rimborsate al buio. Ogni mese mille euro di viaggi (quanto i parlamentari hanno treni e aerei gratis), mille e passa euro di ristoranti, gli affitti che variano, un mese 1.400 e quello dopo 2.500 ma poi tornano a 1.700.
Restituzioni & rimborsi
Il caos soldi che da due settimane funesta la campagna elettorale di Di Maio riguarda due diverse tipologie di rimborsi. Ha a che fare con le regole interne del Movimento e non con il codice penale. Con la credibilità e l’affidabilità. La prima tipologia ha tenuto banco in questi giorni e coinvolge l’indennità di ciascun parlamentare, circa 5 mila euro. La regola interna prevede che ogni eletto – in Parlamento o nei consigli regionali – doni circa duemila euro a un fondo il cui conto corrente è attivo al Ministero economia e finanze. Quindici eletti, è il dato aggiornato a ieri, hanno taroccato i bonifici mensili e simulato di donare soldi che in realtà non sono mai arrivati al Mef. Di Maio li ha espulsi dal Movimento (è ancora sub iudice Giulia Sarti) e promette che, una volta eletti (sono tutti in posizioni sicure) rinunceranno al seggio. Vedremo.
Le spese quotidiane
La seconda tipologia di rimborsi ha a che fare con la diaria, quei 9 mila euro che in media ogni mese vengono dati a ciascun eletto per far fronte alle spese quotidiane del mandato parlamentare. Su questa voce i parlamentari grillini si erano tutti impegnati a ricevere solo i soldi effettivamente utilizzati nell’arco del mese. Avrebbero dovuto far fede gli scontrini, i giustificativi di quelle spese. Adesso però, come dicono molti, emerge che pochi portavoce hanno effettivamente restituito i soldi della diaria. E che alla fine molti si sono tenuti quei 9 mila euro. Giustificandoli a piè di lista. Senza il dettaglio. Esattamente come fanno i parlamentari degli altri partiti che però non rivendicano una presunta diversità.
Tutto on line
Bisogna armarsi di tanta pazienza, mettere in conto qualche ora di tempo e spulciare due siti, www.tirendiconto.it (attivato dai 5 Stelle dove ciascun parlamentare pubblica le sue spese) e il sito www.maquantospendi.it che, attivato da ex 5 Stelle, analizza i dati pubblicati. Onore ai 5 Stelle che, unico movimento, fa un’indubbia operazione di trasparenza e rende disponibili i dati. Ma non c’è dubbio che questi dati raccontano una realtà come minimo molto diversa dal francescanesimo politico sbandierato dai 5 Selle. Una realtà che dimostra che fare politica costa. Anche a Di Maio, a Lombardi, a Taverna e Alessandro Di Battista.
Case, consulenze, viaggi. Soprattutto affamati
Da aprile 2013 a novembre 2017, i 130 parlamentari 5s hanno speso in cibo tre milioni e 460 mila euro. E’ la somma di tre voci inserite nella rendicontazione: cene/pranzi lavoro; pranzo/cena/bar; alimentari. Tra i più affamati Mattia Fantinati ( 46,391.65), Silvia Chimenti ( 41,649.26) e Danilo Toninelli ( 40,659.80). Praticamente a digiuno Massimiliano Bernini (contestato per le restituzioni) e quasi gandhiani il deputato Luigi Gallo (poco più di 6mila euro di pasti) e Roberta Lombardi. Queste cifre sono giustificate (il documento con la rendicontazione è consultabile nella pagina web di ogni parlamentare) da una serie di scontrini. Ma – attenzione – non esiste specifica: non è scritto da nessuna parte con chi è stata consumata la cena e per quale motivo. Rimborsi a piè di lista, basta presentare ricevute e scontrini. Per tutte le voci rimborsabili, circa venti tra cui consulenze, collaboratori, attività sul territorio, vitto, viaggi, telefono, alloggio.
Affitti e hotel
Ad esempio, accadono certamente cose strane con gli appartamenti presi in affitto e gli alberghi. Quasi che uno possa dormire contestualmente nella casa presa in affitto e in hotel. Da aprile 2013 a dicembre 2017 i parlamentari grillini hanno speso 10 milioni e 300 mila euro per la voce alloggi. Di questi, 613 mila euro se ne sono andati in hotel e nella top five dei consumers ci sono Enzo Ciampolillo (86.500), Petraroli (60 mila), Federico D’Inca (50 mila) Giulia Grillo. Oltre 9 milioni se ne sono andati in affitti, al netto di romani e dintorni che non dovrebbero aver bisogno della casa in centro a Roma. Anche qui emergono alcune curiosità. La top five vede al primo posto la deputata uscente Marta Grande: ha certificato 131 mila euro di spesa per l’affitto, vive a Civitavecchia, un’ora di treno da Roma e il Parlamento lavora 4 giorni su sette. Segue Barbara Lezzi (120mila euro), Andrea Cioffi (119 mila), Del Grosso e Bianchi (117 mila). Massimiliano Bernini, che però preferiva rientrare a Viterbo tutte le sere, è costato alle casse pubbliche zero euro. Tra le sistemazioni più esose, figurano quelle di Nicola Bianchi ( 73,601.14), Barbara Lezzi (quasi 67mila euro) e Nicola Morra (61mila), mentre Luigi Di Maio si è limitato a spendere 16mila euro. Il leader Cinque Stelle guida però la classifica delle missioni non ufficiali: 42mila euro in tre anni. E quella della cancelleria: 7mila e 500 euro in penne e matite.
Consulenze
Nella hit delle consulenze (spese complessive per quasi tre milioni e 200 mila), spiccano i 136mila euro di Lello Ciampolillo. Lo stesso che fino a ottobre 2017 ha speso 90mila euro in hotel e 70mila euro di trasporti, di cui quasi 30mila in taxi. Le contraddizioni emergono anche alla voce spese sanitarie. Nel 2017 il deputato Riccardo Fraccaro esultò perché l’assistenza sanitaria dei parlamentari non sarebbe più stata a carico dei contribuenti. Peccato che il mese prima Danilo Toninelli aveva fatto in tempo a farsi restituire 5.480 euro di assicurazione sanitaria integrativa mentre il più morigerato Di Battista ne chiedeva indietro soltanto 90. Dibba si è rifatto con la voce consulenze: 68 mila euro, quasi tutti per questioni legali. Nonostante treni e aerei gratis, i 135 parlamentari 5 Stelle spendono 3 milioni e 400 mila euro per le voci “viaggi e trasporti” dunque auto, carburante, taxi e mezzi pubblici (pochi a giudicare dalla spesa). Nella top ten ci sono Ciampolillo (68 mila), Rizzo e D’Inca (66 mila) e anche Giarrusso, Toninelli, Taverna e Lezzi. Federico D’Incà, ricandidato dal M5s, ha speso in mobilità 39.772 euro, di cui 32mila per rimborsi chilometrici. Insomma, dopo 5 anni possiamo dire che i 5 Stelle hanno aperto la scatoletta ma il tonno che c’era dentro gli è piaciuto e parecchio, anche.
Gli ex francescani
Dunque, francescani e morigerati i 5 Stelle lo sono stati ma solo per pochissimo tempo. Quello necessario per capire che fare politica costa. Anche per i teorici della decrescita felice. Dicono che c’è stato un momento, nella primavera 2014, in una riunione con Grillo (all’epoca era spesso in Parlamento) in cui i Parlamentari manifestarono le loro perplessità sul meccanismo degli scontrini, complicato ma soprattutto antieconomico per le loro tasche. Da allora i rimborsi sono stati chiesti a forfait e le restituzioni sono quasi del tutto azzerate come dimostrano le schede sul sito tirendiconto.it. Ne prendiamo qualcuna, a caso, tra i parlamentari più noti. Molti sono fermi a settembre 2017. Qualcuno arriva fino a dicembre. Nessuno ha rendicontato per ora, i mesi del 2018.
Dibba fermo a settembre
L’ultimo resoconto di Alessandro Di Battista risale a settembre 2017. Al netto di ritardi nell’aggiornamento del sito, è come se, una volta deciso di non ricandidarsi, il front man grillino avesse smesso di resocontare. Non solo sulla diaria mensile ma anche sull’indennità, e dunque sulla restituzione al Fondo piccole e medie imprese. Comunque Di Battista è tra i più virtuosi. Nel 2017 ha ricevuto una diaria mensile di circa 7.500 euro al mese. Ha restituito qualcosa nei primi quattro mesi (2.800 euro) e poi più nulla. Le voci più costose sono vitto (mille euro al mese), trasporti, attività sul territorio e consulenze. Fino a metà del 2014 restituiva anche 3-4 mila euro al mese. Poi sempre meno fino allo zero degli ultimi mesi.
Michele Giarrusso
Il senatore di Catania è in pari fino a dicembre 2017. Ma in tutto l’anno non ha mai restituito neppure un centesimo della ricca diaria (circa 9 mila euro di media). Trasporti (eppure treni e aerei sono gratis) e vitto le voci più caricate. Va allo stesso modo anche nel 2016. Nel 2015 restituisce fino a luglio.
Il leader politico e il quasi ministro della Giustizia
Luigi di Maio e Alfonso Bonafede sono tra i più virtuosi. Di Maio è in pari fino a dicembre 2017, restituisce poche centinaia di euro tranne che in agosto (1259 euro) e a dicembre (2.052). Gli altri mesi sono 200-300 euro. La voce più costosa per lui sono le attività sul territorio che assorbono 4-5 mila euro al mese. Bonafede è fermo a settembre ma è costante negli anni e restituisce cifre sempre alte, una media di duemila euro al mese.
Carla Ruocco
Capolista a Roma, non restituisce mai nel 2017, neppure nel 2016 e solo due mesi (gennaio e febbraio) nel 2015. “Attività sul territorio” e un generico “altre spese” le voci più ricorrenti e più impegnative: 66 mila euro, seconda solo a Di Maio che in questi anni ha investito 204 mila nel territorio per costruire il profilo del leader.
La sorella del quasi governatore siciliano
Maria Azzurra Cancelleri spende molto per mangiare, una media di mille euro al mese in ristoranti, circa 50 mila euro in cinque anni. Però è virtuosa e restituisce oltre mille euro ogni mese. Tranne a dicembre 2017, ultimo mese rendicontato quando la restituzione è zero.
Il candidato alla guida della Farnesina
Manlio Di Stefano riceve una diaria pari a circa 9 mila euro al mese. Restituisce poche centinaia di euro nel 2017, fino al mese maggio: 320 a gennaio, 859 a febbraio, 255 a marzo, 367 in aprile. Anche per lui “vitto” e “attività sul territorio” sono le voci più pesanti: a luglio spende 1774 euro in ristoranti e difficilmente va sotto i mille euro. Nel 2015, a fronte della stessa diaria, restituisce circa mille euro al mese. Da giugno 2016 si limita a 3-400 euro al mese. Il resto della diaria è tutto rimborsato.
Paola Taverna e Roberta Lombardi
Analogo l’andamento scontrini della senatrice Taverna: fino a giugno 2015 restituisce circa mille euro al mese di una diaria pari a circa 9 mila mensili. Nel 2016 versa fino a metà anno; nel 2017 restituisce solo a febbraio (1534), aprile (2699) e agosto (511). Quello di agosto è uno dei misteri più strani: come è noto il Parlamento è chiuso, la diaria corre ugualmente ma i parlamentari sono in ferie in genere fino alla prima settimana di settembre. Roberta Lombardi spende molto per la voce “collaboratori” (circa seimila euro ogni mese) e questo depone bene perché sono posti di lavoro. Anche la candidata alla guida della regione Lazio restituisce pochi spiccioli nel 2017 (1.400 euro in quattro mesi) e circa quattromila euro nel 2016.
La parabola di Toninelli
Racconta l’andamento standard della maggior parte dei parlamentari: virtuoso nel 2014 con restituzioni mensili fino a duemila euro; nel 2015 la vita del parlamentare costa molta di più e le restituzioni crollano fino ad azzerarsi nel 2016 e nel 2017. Vitto (49 mila), trasporti (45 mila) (e consulenze (43 mila) le voci più onerose.
Barbara Lezzi
Il suo destino è ancora incerto. E’ entrata e uscita due volte dalla black list dell’inchiesta delle Iene che ha riguardato il fronte delle donazioni al fondo delle piccole e medie imprese. Sul fronte diaria/rimborsi, la senatrice segna alcuni record: è seconda in assoluto (rispetto al gruppo) per la spesa in consulenze (105 mila euro in cinque anni) e seconda anche per i costi dell’alloggio (119 mila). Le spese per la casa variano di mese in mese passando da due e tremila euro. E comunque la senatrice restituisce con una certa costanza circa 500 euro al mese. L’arte di fare bella figura con poco.
Laura Castelli
L’economista del gruppo, che si è imposta negli anni anche rispetto a Carla Rocco, ha smesso di restituire nel 2017. Fino al 2016 era stata capace di restituire più di mille euro al mese. E questo nonostante i 43 mila euro spesi per i trasporti, i 24 mila per il vitto e i 36 mila per eventi sul territorio. I 5 Stelle sono arrivati in Parlamento pronti, come dissero, “ad aprirlo come una scatoletta di tonno”. Poi quel tonno gli è piaciuto e la scatoletta è rimasta vuota.