LA MORTE PER ASSIDERAMENTO
URSULA FRANCO: “L’assideramento può essere primario, nel caso sia ascrivibile a cause accidentali; secondario, quando è conseguenza di patologie che alterano il controllo della termoregolazione (diabete); o volontario, in caso di suicidio per ipotermia (suicide for hyphotermia or suicide for cold).”
La morte per assideramento, i casi di Christiane Seganfreddo, Elena Ceste, Paul McKay, Joanna Stannard e Michael Cavallari descritti dalla criminologa URSULA FRANCO
Un’esposizione prolungata a temperature inferiori ai 10 gradi centigradi conduce ad uno scompenso termico detto ipotermia che può culminare in una morte per assideramento. Alcuni fattori, quali l’assunzione di alcool, il denudamento, la presenza di acqua o patologie debilitanti, se associati ad una prolungata esposizione alle basse temperature favoriscono l’ipotermia.
L’uomo, nella prima fase reattiva dell’ipotermia, compensa gli sbalzi di temperatura attraverso alcuni meccanismi di termoregolazione quali brividi e scariche di adrenalina.
Con l’aggravarsi dell’ipotermia si manifestano i seguenti sintomi: rallentamento del polso e del respiro, progressiva ipotensione arteriosa, rallentamento del metabolismo, diminuzione del volume del sangue per il passaggio dei liquidi nei tessuti, ridotta ossigenazione dei tessuti, diminuizione della filtrazione renale, fibrillazione atriale, stato confusionale, allucinazioni uditive, spossatezza, apatia e stato di sonnolenza a causa della difettosa ossigenazione del cervello.
Quando la temperatura corporea si abbassa tra i 32°C ed i 28°C subentra uno stato soporoso ed infine un ulteriore abbassamento della temperatura di circa 4°C conduce al coma ed alla morte.
L’assideramento può essere primario, nel caso sia ascrivibile a cause accidentali; secondario, quando è conseguenza di patologie che alterano il controllo della termoregolazione (diabete); o volontario, in caso di suicidio per ipotermia (suicide for hyphotermia or suicide for cold).
– Il corpo di Christiane Seganfreddo, un’insegnante di Aosta allontanatasi volontariamente da casa nelle prime ore del 30 dicembre 2013, è stato ritrovato, per caso, da un addetto alla cura delle vigne di una tenuta gestita dall’Institut Agricole Regional, a circa due chilometri dalla sua abitazione, il 15 febbraio 2014, 45 giorni dopo la scomparsa.
Il cadavere di Christiane giaceva in un ruscello tra le vigne, riverso su un fianco e con il volto appoggiato sul terreno.
Dalle indagini è emerso che la donna si era allontanata volontariamente da casa nelle prime ore di una fredda mattina di dicembre, al momento del ritrovamento indossava gli stessi abiti con i quali aveva lasciato la propria abitazione.
Nonostante già all’indomani della scomparsa della Seganfreddo, tra i sentieri ed i dirupi vicino alla casa della donna, si fossero mossi alcuni gruppi di ricerca forniti, tra l’altro, di cani da traccia specializzati anche nell’individuazione di tracce ematiche e di resti umani, il suo corpo è stato ritrovato per caso, come spesso accade.
Dopo il rinvenimento del corpo di Christiane, il questore di Aosta, Maurizio Celia, ha commentato il fallimento delle ricerche con i cani da traccia: “Saremo stati neanche a 50 metri di distanza, con noi avevamo i cani, ma non hanno fiutato nulla”, mentre sullo stesso argomento, Renato Guillet, marito della Seganfreddo si è espresso così: “È paradossale. Proprio stamattina ho avuto un’altra segnalazione e un attimo dopo mi dicono che Christiane è stata trovata nelle vigne sopra casa nostra, dove era passato anche il cane da ricerca. Ho un po’ di rabbia addosso”.
Sempre su questo punto è rilevante una riflessione di un giornalista locale, Angelo Musumarra che ha seguito il caso da vicino: “Fa riflettere anche come l’esperta organizzazione della Protezione civile, che non ha risparmiato uomini e mezzi in oltre una settimana di ricerche, abbia mancato di una cinquantina di metri l’obiettivo, inseguendo testimonianze inattendibili e tracce evidentemente non reali, con le indagini che si sono spinte a controllare i filmati della video sorveglianza di diverse stazioni ferroviarie, riconoscendo la Seganfreddo a Genova Porta Principe”.
Christiane, prima della scomparsa, stava vivendo un momento difficile, era terrorizzata dalla possibilità di perdere la vista in conseguenza di una patologia degenerativa agli occhi che la affliggeva, la miastenia oculare, questa sua condizione fisica l’angosciava e la deprimeva tanto che il questore di Aosta, Maurizio Celia riferendosi alle cause del suo allontanamento da casa, ha affermato: “Una situazione compatibile con un allontanamento convulso in una situazione di difficoltà psicologica”.
Il procuratore capo di Aosta, Marlinda Mineccia all’indomani del ritrovamento del cadavere della Seganfreddo ha invece dichiarato ai giornalisti: “Sul corpo non sono stati trovati né segni esterni né traumi. L’ipotesi presunta su cui lavoriamo è che la donna sia morta dopo essersi sentita male, lo stesso giorno in cui si è allontanata di casa”.
L’autopsia ha escluso traumi o fratture ed ha concluso che la donna è morta per assideramento.
Molte sono le similitudini tra questo caso e quello di Elena Ceste:
– in entrambi i casi né i cani da traccia né gli uomini addetti alle ricerche hanno ritrovato il corpo della scomparsa; non stupisce, i cadaveri di Yara Gambirasio, Francesco e Salvatore Pappalardi, Eleonora Gizzi, Primo Zanoli ed Elisa Claps, nonostante le ricerche, furono rinvenuti tutti per caso;
– in entrambi i casi il cadavere è stato ritrovato a poche centinaia di metri da casa: è chiaro che depone a favore di un allontanamento volontario il fatto che un corpo privo di traumi si trovi vicino al luogo dal quale il soggetto si è allontanato; nel caso di Christiane, la procura di Aosta, ha ritenuto giustamente che questo dato deponesse per un allontanamento volontario mentre nel caso di Elena, la procura di Asti ha concluso inspiegabilmente per il contrario; se la Ceste fosse stata vittima di un omicidio il suo assassino non avrebbe lasciato il suo corpo vicino a casa sapendo che proprio da lì sarebbero iniziate le ricerche;
– in entrambi i casi non si può parlare di occultamento di cadavere;
– in entrambi i casi il cadavere non presentava alcuna lesione tale da far risalire la morte ad una causa violenta;
– in entrambi i casi un disturbo psichico era stato descritto dai familiari; questo dato avrebbe dovuto far ritenere, in specie in mancanza di traumi sul cadavere, l’ipotesi dell’allontanamento volontario come la più probabile ma purtroppo nel caso della Ceste, il disconoscere la psichiatria da parte di coloro che si occuparono della sua scomparsa li indusse in errore; Elena, prima di allontanarsi da casa, si denudò, gli inquirenti, mostrando di ignorare che cosa sia uno staging e non riconoscendo nel denudamento uno dei sintomi della psicosi, psicosi di cui soffriva la Ceste, hanno ritenuto, nonostante l’assenza di prove, che fosse stato commesso un omicidio.
Lo stato esterno del cadavere della Seganfreddo ricalcava le condizioni di quello della Ceste, in entrambi i casi le ossa erano integre, il fatto che si fossero conservati gli organi interni del cadavere di Christiane ha permesso ai medici legali di concludere con certezza per una morte per assideramento; cosa che non è accaduta nel caso di Elena Ceste in quanto il cadavere è stato ritrovato tardivamente, ossificato e saponificato ma comunque privo di lesioni riferibili ad una morte violenta. L’autopsia non ha permesso di determinarne la causa di morte della Ceste ma viste le condizioni meteo di quel giorno e lo stato psichico della donna si sarebbe potuto facilmente concludere che con tutta probabilità Elena era morta assiderata, in specie in assenza di dati oggettivi che potessero giustificare un’ipotesi alternativa.
Renato Guillet nella disgrazia ha avuto più fortuna di Michele Buoninconti in quanto il corpo di Christiane è stato ritrovato solo dopo 45 giorni dalla scomparsa e la malattia agli occhi della Seganfreddo è risultata più comprensibile come causa di un disturbo psichico, probabilmente una profonda crisi depressiva che l’ha condotta a lasciare la propria abitazione in preda alla disperazione, piuttosto che le problematiche esistenziali di Elena che si sono manifestate nel suo caso con una grave crisi psicotica acuta che era comunque stata preceduta da segnali precisi all’epoca non riconosciuti da familiari e conoscenti.
Non sono mancati i sospetti neanche su Renato Guillet tanto che un amico di famiglia, Diego Gal, in seguito alle illazioni dei media riguardo ad un probabile coinvolgimento del marito nella morte di Christiane, ha dichiarato: “Il fatto che la coppia dormisse temporaneamente in camere separate era dovuto ad un lieve problema di salute che affliggeva Christiane e che le provocava insonnia, ragione che l’aveva spinta a dormire in una diversa stanza da letto per non arrecare disturbo”.
E’ interessante ricordare che Michele Buoninconti, a differenza, purtroppo, di chi indagava sulla morte di sua moglie, capì che Christiane Seganfreddo ed Elena Ceste erano entrambe morte per assideramento. Buoninconti, al telefono con un’amica, disse: “Sì è morta di freddo lo so… e uguale anche Elena! E’ morta di freddo non perché si voleva ammazzare, lei aveva questa confusione nella testa…”.
Elena Ceste non voleva morire ma purtroppo il distacco dalla realtà che le indusse la psicosi non le permise di comprendere che il freddo avrebbe potuto ucciderla.
Christiane Seganfreddo, invece, con tutta probabilità decise di lasciarsi morire di freddo.
I casi di suicidio per ipotermia non sono così rari, in specie nei soggetti che vivono nei paesi freddi, a volte coloro che decidono di togliersi la vita in questo modo bevono alcolici per accelerare l’assideramento o ingeriscono psicofarmaci per stordirsi.
– Nel marzo 2013 una ragazza torinese di 31 anni, R. S., si è allontanata da casa con l’intenzione di lasciarsi morire di freddo a Bardonecchia in Alta Val Susa, il fidanzato, dopo aver ricevuto un suo preoccupante sms, ha allertato gli uomini del commissariato Torino Mirafiori che l’hanno localizzata e salvata.
– Nel gennaio 2014, l’autopsia sul corpo del capitano Paul McKay, ritrovato cadavere su una delle Appalachian Mountains, in nord America, ha concluso per una morte per assideramento e l’autopsia psicologica ha permesso di archiviare quella morte come un suicidio per ipotermia. Il capitano era infatti affetto da un disturbo post traumatico da stress che lo aveva colpito in seguito ad un soggiorno in Afghanistan, egli inoltre aveva inviato, prima di arrampicarsi sulla Scarface mountain, una email al padre dove lo nominava erede di tutti i suoi averi, mostrandosi deciso a togliersi la vita.
– Nel marzo 2014, Joanna Stannard è stata trovata morta nella foresta di Bagley, non distante da Oxford. La donna, dopo aver assunto sia alcool che psicofarmaci, si è lasciata volontariamente morire di freddo. Dall’autopsia psicologica è emerso che Joanna aveva riferito ad amici e medici i suoi piani suicidi, già nel novembre 2013 aveva ben chiaro come si sarebbe suicidata: “… go to a field on a cold, wet night…and die of hypothermia” (… andare in un campo in una notte fredda ed umida e morire di ipotermia). Il medico legale, il dottor Nicholas Graham, che ha eseguito l’autopsia sul suo corpo, ha concluso che la morte della Stannard era avvenuta in “conseguenza di una meticolosa e pianificata operazione finalizzata a togliersi la vita”.
– Nel novembre 2015, l’autopsia effettuata sul corpo di Michael Cavallari, 30 anni, ritrovato morto nel deserto dello stato americano dello Utah, a tre miglia dalla sua auto, dopo due settimane di ricerche, ha concluso per una morte accidentale per assideramento. Gli esami tossicologici non hanno rilevato la presenza nel suo organismo né di alcool né di droghe e l’autopsia psicologica ha escluso l’ipotesi suicidiaria. Cavallari era affetto da molti anni da un disturbo paranoico, credeva che qualcuno gli desse la caccia, che la CIA volesse incastrarlo, il suo delirio persecutorio lo indusse a fuggire e il freddo lo uccise, esattamente come è accaduto ad Elena Ceste, la quale è fuggita da casa per nascondersi ai suoi immaginari persecutori. Michael ed Elena, a causa della ridotta capacità critica dovuta allo stato psicotico, non si sono resi conto che il freddo avrebbe potuto ucciderli.
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