Attualità

CATTURATA LA “PRIMULA ROSSO SANGUE”

Cesare Battisti: il primo omicidio fu quello del lucano Antonio Santoro

DI LEONARDO PISANI

Il maresciallo Antonio Santoro

Quaranta anni dal primo delitto, trentasette di latitanza tra Messico, Francia e Brasile, sino all’epilogo in Bolivia, nulla di romanzesco seppur romanzi noir scrive, niente miti alla Butch Cassidy e Sundance Kid, che trovarono l’epilogo in Bolivia per le loro rapine da Mucchio Selvaggio; mai un morto però. Diversamente da Cesare Battisti, il quale di rapine ne ha fatte tante, lasciando dietro una scia di sangue tra morti e persone rimaste su una sedia a rotelle. Passeggiava normalmente a Santa Cruz, aveva baffi e barba finta, ma nessun camuffamento estremo come quelli ipotizzati. Chissà, forse pensava di poter ancora sfuggire all’estradizione in Italia, dove deve scontare l’ergastolo con sentenze passate in giudicato, per quattro delitti, due commessi materialmente, due in concorso con altri (concorso materiale in un caso, morale nell’altro, secondo la legislazione d’emergenza degli anni di piombo), Ma non c’è più la “Dottrina Mitterand” a proteggere i perseguitati politici, Battisti ne ha usufruito, ma poterlo definire “perseguitato politico” sarebbe una menzogna alla verità. Questa volta la rete invisibile di protezioni è saltata, ogni volta che c’era il pericolo di una estradizione, l’ex Proletario armato per il Comunismo, riusciva a sfuggire, una “Primula Rosso Sangue”, in Brasile si era fatto una seconda vita, apprezzato romanziere dal sorriso beffardo, quando arrivavano le notizie che in Italia lo volevano in prigione, tra un brindisi in foto e una samba carioca al Carnevale di Rio De Janeiro, Battisti sembrava”intoccabile”; ma Lula non c’è più. L’ha difeso e ha cassato sempre ogni richiesta di estrazione, persino quando ormai si avviava a essere un Ex Presidente della Repubblica Federale del Brasile, il 31 dicembre 2010 rifiuta di consegnare Battisti alla giustizia Italiana come ultimo atto del proprio mandato gli concesse un visto permanente Lo stesso con La sua città d’origine non l’ha mai dimenticato, una strada dedicata a pochi anni dal barbaro omicidio, le richieste di estrazione dei vari di Avigliano. Domenico Tripaldi era il primo cittadino di Avigliano quando il 18 gennaio 2007 Cesare Battisti fu arrestano a Rio De Janeiro, immediatamente fu autore di una nota ufficiale dove aveva espresso l’auspicio che il noto terrorista fosse estradato in Italia, ricordando che egli si era reso responsabile, tra i numerosi delitti commessi, anche dell’assassinio dell’aviglianese Antonio Santoro. «In quella circostanza e, successivamente, durante il lungo procedimento giudiziario svoltosi presso il Supremo Tribunal Federal, anche la stampa locale, dopo il mio comunicato, si occupò del caso intervistando alcuni congiunti» mi disse Tripaldi nel 2011 -A distanza di quattro anni dispiace dover registrare che il Presidente Lula, con il dispotismo tipico dei sovrani assoluti che non devono sottostare alla legge, abbia ribaltato la decisione del supremo organo di giustizia brasiliano garantendo a Battisti l’impunità». Poi nel 2011 fu primo cittadino Vito Summa, con una nota ufficiale inviata all’ambasciata brasiliana a Roma.
«Eccellenza” scrive Summa “il mancato accoglimento, da parte del Presidente della Repubblica Federativa del Brasile, della richiesta di estradizione in Italia di Cesare Battisti, già militante nel gruppo eversivo Proletari Armati per il Comunismo e condannato anche per il vile assassinio del nostro concittadino Antonio Santoro, Maresciallo Capo della Casa Circondariale di Udine, avvenuto il 6 giugno 1978, offende il desiderio di giustizia che la nostra comunità ha coltivato per tutti questi anni”. Una decisione che ha infranto la speranza della riconsegna alla giustizia italiana di un terrorista “ già sottoposto a giudizio per ripetuti ed efferati delitti” recando- secondo Summa che si fa portavoce di una intera comunità – una profonda delusione del diniego all’estradizione che “oltraggia la memoria di semplici cittadini caduti sotto i colpi di terroristi senza scrupoli e di un servitore dello Stato, prematuramente sottratto all’affetto dei suoi cari nell’adempimento del suo dovere”. “Interpretando il generale sentimento di indignazione dei cittadini di Avigliano (Potenza), vorrei esprimerLe la profonda amarezza e l’avvilimento di una intera comunità verso una decisione che ferisce i sentimenti di vicinanza e di amicizia con il popolo brasiliano e con una terra, il Brasile, che nel secolo scorso ha accolto numerosi emigranti lucani ed aviglianesi” conclude Summa “La pregherei pertanto di voler rappresentare questi sentimenti al neo Presidente Dilma Roussef affinché possa rivedere la decisione del suo predecessore ed uniformarsi alla sentenza del Tribunale Supremo Brasiliano, ripristinando il primato della giustizia e rendendo onore ad una pagina triste della nostra storia recente, ancora viva nella memoria dei cittadini aviglianesi». Poi la nuova targa con la scritta “Vittima del Terrorismo” voluta dal sindaco Vito Summa, la giornata a lui dedicato dalle scolaresche aviglianesi. Santoro era uno di uno di quei tanti giovani lucani emigrati per sfuggire alla disoccupazione, aveva scelto di portare una divisa, con determinazione era diventato un sotto ufficiale.  Non è mai stato dimenticato, come dimostra l’intitolazione della casa circondariale di Potenza alla sua memoria. si è sempre chiesto giustizia e mai vendetta, come discretamente ha fatto da 40 anni la sua famiglia. Con Il Roma e Cronache Lucane Tv ce ne siamo sempre occupati, il sottoscritto da oltre 10 anni. Il 3 novembre 2018 abbiamo scritto su queste pagine: «Quarant’anni per aspettare giustizia, forse dopo il cambiamento politico in Brasile sarò possibile. Lasciamo da parte valutazioni politiche o altro, resta il fatto già in campagna elettorale Jair Bolsaro aveva affermato che avrebbe dato l’estrazione in Italia dell’ex membro dei Proletari armati per il comunismo, condannato a diversi ergastoli e rifugiato in Brasile dal 2007. Preciso, nessuna valutazione sull’attuale clima politico, mi spiace registrare solo che la vicenda di Cesare Battisti, sta prendendo sui social toni di polemica o anche di qualunquismo, arrivando alla battute pseudo satiriche o di un rozzo umorismo. Anche tra lucani, segno evidente che non sappiamo per bene la storia del già terrorista e i delitti di cui si è macchiato».Ora possiamo scrivere finalmente. E lanciare un monito: che gli opposti estremismi, di destre e di sinistra, che hanno insanguinato l’Italia negli anni 70′ e 80′ non abbiano più a ripetersi e i responsabili di quei delitti scontino le pene alle quali sono stati condannati.Solo in tal modo si onorerà al meglio la memoria delle tante vittime di quella stagione di sangue, tra i quali l’indimenticato Maresciallo Antonio Santoro.

 

LA DINAMICA DELL’OMICIDIO 

Era il 6 giugno 1978, a Udine, dove Antonio Santoro, nato il 26 aprile 1926 nella cittadina gianturchiana, si recava in servizio preso la casa circondariale, dove era maresciallo capo degli allora agenti di custodia. Erano le 7,45, Santoro ci andava a piedi al carcere come consueto, una vittima facile data la consuetudine giornaliera. Lì gli fu atteso un agguato, proprio sotto il carcere. Una vera esecuzione: quando arrivò lo freddarono con una pistola militare, due colpi, l’ultimo alla tempia: il colpo di grazia. A sparare, secondo gli inquirenti e la testimonianza del collaboratore Petro Mutti l’esecutore materiale fu proprio Cesare Battisti, che lo attendeva assieme complice, mettendo in atto una falsa scena di un’innocua coppietta di fidanzati che si scambiavano carezze fino al momento di colpire. Poi i due sicari, fu ricostruito poi, fecero perdere le loro tracce, scapparono con una ‘2 cavallì con tanto di gommone sul tetto, facendosi scambiare per turisti si allontanarono verso Grado. L’omicidio di Antonio Santoro fu il battesimo di fuoco per i Pac. L’omicidio a sangue freddo, in un periodo storico che diede un tragico contributo di sangue con oltre 500 attentati, scosse profondamente Avigliano, dove risiedevano – e ancora risiedono- i familiari e i parenti di Santoro, che non aveva mai perso i contatti con la terra natia. Gli fu dedicata una via, dall’allora primo cittadino Gerardo Coviello, che quando lo contattai nel dicembre del 2010, dopo l’ennesimo rifiuto del governo brasiliano mi disse «fu un atto doveroso e non formale. Antonio Santoro fu un vero servitore dello Stato, che compì il suo dovere fino in fondo. Da Avigliano e dagli Aviglianesi partì un messaggio di difesa della libertà e della democrazia, che ci contraddistinto dai tempi dei Palomba e dei moti del 1799». Antonio Santoro è stato riconosciuto “Vittima del Dovere” ai sensi della Legge 466/1980 dal Ministero dell’Interno e il 15 aprile 2004 gli è stata conferita dallo stesso Dicastero la Medaglia d’Oro al Merito Civile alla memoria, inoltre gli sono intitolate le Caserme Agenti degli istituti penitenziari di Udine e di Nuoro. Poi arrivò nel 2013 l’intitolazione della casa circondariale di Potenza.
Leonardo Pisani

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