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PONTE MORANDI DI GENOVA SECONDO LE PRIME PERIZIE: NON È COLPA SOLO DEGLI STRALLI IL CROLLO

L’impalcato a cassone potrebbe essere stato il primo a cedere, magari a causa o col concorso di un fattore esterno non dipendente da Aspi. Si era parlato di un autoarticolato passato al momento del crollo, che trasportava una pesante bobina metallica caduta sull’asfalto (guarda il video). Non si sa se sia caduta prima del crollo o a causa di esso e finora non sembrano esistere immagini in grado di appurarlo. Facile prevedere che su questo ci sarà molta battaglia tra accusa e difesa.

FONTE: ilSole24ore dossier | n. 62 articoli

Genova, tutto sul crollo del ponte Morandi

 

Ponte Genova, ecco com’è crollato secondo le prime perizie. Il video
–di Maurizio Caprino 25 gennaio 2019

Gli stralli del Ponte Morandi erano corrosi, ma si sono rotti nella loro parte più “sana”. Lo documentano alcune foto (si vedono scorrendo la pagina) contenute nel rapporto dell’Empa, il laboratorio svizzero incaricato dal gip di esaminare i materiali dei reperti selezionati dagli esperti italiani, nominato dall’autorità giudiziaria. Se ne deduce che probabilmente la causa del crollo (su cui la Procura ha chiesto un secondo incidente probatorio oltre quello in corso) non è negli stralli, ma in un’altra componente. Ma non è detto che ciò sposti di molto le responsabilità della tragedia.

LE INDAGINI 25 gennaio 2019
Ponte di Genova, ecco come è crollato secondo le prime perizie
•Video/ Il riflesso sullo strallo e quella bobina sull’autocarro


Il rapporto per ora è stato depositato solo in tedesco. In attesa della traduzione ufficiale, emerge che sulla parte di strallo che si è rotta ci sono «evidenti differenze» rispetto al caso in cui avesse avuto un cedimento strutturale.

La conclusione che se ne potrebbe ragionevolmente trarre è che la rottura sia dovuta al cedimento in un altro componente del viadotto, che avrebbe poi forzato lo strallo. La parte di esso che si è rotta è quella più vicina all’antenna, cioè la sommità del pilone 9, che infatti è andato distrutto nel crollo. Ma probabilmente ciò non significa che la causa della tragedia sia stata la pila: era una delle parti della struttura meno sollecitate e – tra i tanti problemi emersi nei cinquant’anni di vita del Ponte Morandi – nessuno ha riguardato le fondamenta dei pilastri.

Il «reperto 132» dell’indagine.
Il fascio di cavi. L’orientamento
Queste foto riguardano il «reperto 132», a ottobre ritenuto decisivo per dimostrare il cedimento di uno strallo. La foto a fianco mostra che i cavi dello strallo sono piegati leggermente a spirale, cosa che dimostrerebbe una rottura anche per piegatura, torsione o cesoiamento e non solo per trazione.

La freccia indica il punto di massima corrosione di uno dei cavi, che però non ha ceduto.
Il tipo di rottura. Dove c’é più corrosione ha tenuto
Una rottura avvenuta esclusivamente per trazione indicherebbe un cedimento strutturale dei cavi di acciaio che compongono i singoli rìtrefoli che costituiscono l’«anima» degli stralli. Nella foto a fianco, la freccia evidenzia il punto di massima corrosione di uno dei cavi, che però non ha ceduto.

A sinistra della freccia si nota che lo spessore del cavo aumenta: un’anomalia.
Dove lo spessore é massimo. La possibile forza anomala
In questa foto la freccia indica il punto in cui un cavo era maggiormente corroso. Spostando lo sguardo a sinistra si va verso il punto di rottura e si nota che lo spessore del cavo aumenta. Un’incongruenza, forse spiegata dal fatto che la rottura è dovuta a una forza anomala che ha piegato il cavo.

Si può quindi sospettare che la pila 9 abbia ceduto perché sbilanciata a sua volta dalla rottura di un altro elemento della struttura, che sarebbe l’origine del crollo. Stando alle ipotesi formulate a settembre dalla commissione ispettiva del ministero delle Infrastrutture, le maggiori attenzioni dovrebbero convergere sull’impalcato a cassone, cioè la parte che sosteneva la carreggiata proprio in corrispondenza dei piloni con stralli. Ciò verrebbe confermato da una attenta analisi di uno dei video resi pubblici dalla Guardia di Finanza: osservando l’immagine dell’impalcato riflessa su una pozza d’acqua, si scopre che la prima parte a muoversi è stata, appunto, l’impalcato, e solo dopo appare il tirante (o strallo). (Guarda il video).

Una ricostruzione non solo compatibile dal punto di vista cinematico con quanto emerso finora, ma anche spiegabile, almeno in astratto: la commissione ha rilevato «deficienze manutentive documentate nel materiale fornito da Aspi (il gestore, ndr)» e ricordato che già nel 1981 il progettista Riccardo Morandi aveva rilevato difetti di costruzione e problemi nello smaltimento dell’acqua piovana (poi risolti rifacendo l’asfalto, dal 1996 anche evitando di appesantirlo). Inoltre, la sicurezza del sistema pile-impalcato-stralli non era mai stata oggetto della valutazione imposta dall’ordinanza antisismica della Protezione civile 3274/2003. Ciò riporta sempre a responsabilità di Aspi.

L’impalcato a cassone potrebbe essere stato il primo a cedere, magari a causa o col concorso di un fattore esterno non dipendente da Aspi. Si era parlato di un autoarticolato passato al momento del crollo, che trasportava una pesante bobina metallica caduta sull’asfalto (guarda il video). Non si sa se sia caduta prima del crollo o a causa di esso e finora non sembrano esistere immagini in grado di appurarlo. Facile prevedere che su questo ci sarà molta battaglia tra accusa e difesa.

© Riproduzione riservata

 

 

 

 

 

 

 

Ponte Morandi: la ricostruzione del Sole 24 Ore e la nebbia che avvolge stralli, impalcato e bobina
Non esistono video che mostrino il crollo: nessuna chiarezza sulla dinamica della tragedia. Impossibile capire cosa sia successo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’anticipazione del Sole 24 Ore
Vi abbiamo raccontato che per Il Sole 24 Ore, i tecnici svizzeri, secondo una prima parziale traduzione dal tedesco del loro studio, sembrano ritenere che non siano stati gli stralli ad essere crollati per primi, e quindi ad aver determinato la tragedia del 14 agosto, ma un altro componente del viadotto, che avrebbe poi forzato lo strallo: probabilmente l’impalcato.

Il Sole prova a ricostruire una possibile dinamica del crollo utilizzando un video della Guardia di Finanza.

Il quotidiano scrive che il tirante potrebbe essersi rotto perché danneggiato dalla caduta del pilone al quale era attaccato: il pilone forse è stato sbilanciato dal cedimento di una parte della carreggiata. Sotto accusa, più di ogni altro elemento, come dicevamo sopra, è l’impalcato che sta a cavallo del pilone.

Il video della Guardia di Finanza
Il video, spiega Il Sole, sembra confermare che a cedere per primo possa essere stato proprio l’impalcato.

Le immagini mostrano l’impalcato riflesso nella pozzanghera di acqua su una tettoia di un edificio dell’Amiu. Ad un certo punto, l’impalcato inizia a muoversi, per poi cadere giù. “Solo alla fine – ricostruisce il quotidiano – si vede muoversi un oggetto lungo e stretto, che dovrebbe essere il tirante (strallo)”.

Il tirante, dunque, secondo la ricostruzione del Sole, avrebbe ceduto per ultimo.

Se la causa fosse l’impalcato, aggiunge il quotidiano, Autostrade sarebbe ugualmente responsabile del crollo.

La versione di Autostrade: la bobina

Dal canto suo, Aspi si difende ipotizzando una causa esterna, ovvero il famoso autoarticolato Mcm che portava la bobina metallica da tre tonnellate e mezzo.

Il video pubblicato da Il Sole mostra il tir viaggiare verso il ponte pochi secondi prima del crollo. La bobina che trasporta, è bene evidente. Poi la pioggia aumenta e non consente di seguire il mezzo pesante fino al momento della tragedia.

“Si sa solo che la bobina è stata trovata fuori dal cassone – scrive il quotidiano – Non è chiaro se sia caduta per il crollo o no”. Se la bobina fosse caduta prima del crollo, aggiunge, “Autostrade potrebbe sostenere che il suo peso è stato decisivo”.

La nebbia che avvolge il “caso bobina”

In realtà non c’è alcuna chiarezza, secondo noi, stando alla lettura dei giornali, nemmeno sul distacco della bobina e sul tir stesso.

Già a novembre scorso, Il Secolo XIX parlava di due tir della Mcm in transito sul Morandi quel giorno, non di uno solo.

Il primo sembrerebbe quello che si vede nel video pubblicato dal Sole 24 Ore, transitato sul ponte pochi minuti prima del crollo. Il Secolo scriveva, all’epoca, che il tir era arrivato allo stabilimento di Novi Ligure con la bobina ancora agganciata.

Il secondo, invece, secondo il quotidiano genovese, fu risucchiato nel crollo del viadotto. Sarebbe lo stesso che in un primo momento era stato messo sotto accusa per il peso eccessivo.

Il Secolo scriveva, all’epoca, che anche questo tir fosse stato analizzato e che “l’esame dei resti del camion e delle relative deformazioni confermerebbe che la bobina non si è staccata”. Il quotidiano raccontava che sulla bobina non erano state trovate tracce di asfalto compatibili con una caduta dal cassone e che “almeno un paio di filmati” dimostrerebbero che il mezzo pesante transita “con la bobina stessa saldamente agganciata”.

In realtà non ci sono filmati chiari sul punto: in tutti quelli pubblicati finora le immagini sono sottoposte a dissolvenza a causa della pioggia battente. Quali sono, allora, i video che mostrano in maniera netta il passaggio del tir (o dei tir) con la bobina agganciata? Allo stato, non è dato saperlo, purtroppo.

FONTE: Ilaria Puglia ilnapolista © riproduzione riservata

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