NEVE: IL BLACK OUT DELLE NOSTRE CERTEZZE
L’EDITORIALE
di Lucia Serino
Quello che è successo (al momento non so ancora se risolto) in alcuni comuni della Basilicata nelle ultime 48 ore potremmo commentarlo istintivamente come una cosa indegna di una regione, di un Paese civile. Il che è, tanto per cominciare. E, se vogliamo anche dare un valore alla simbologia, è significativo che il disastro da isolamento per neve capiti in giorni di totale dispersione della reggenza governativa e politica di questa regione. Il sipario finale. A una settimana di distanza dalla celebratissima Basilicata – giustamente celebratissima – di Matera capitale. In realtà, quello che più mi ha colpito ha molto a che fare con la società della comunicazione del nostro tempo. In questi giorni – da giovedì a ieri – a mano a mano che scorrevano le poche notizie dei comuni e anche delle contrade del capoluogo in totale isolamento per il black out elettrico, mi sono ingenuamente chiesta come mai faticassi a trovare in Rete appelli, richieste d’aiuto, sos, una semplice foto. La riposta è banale e drammatica, semplicemente perché mancando la corrente elettrica non c’è stata neppure connessione. Provate a immaginare di vivere al buio per 24, 36, 48 ore, senza riscaldamento, mentre la carica dei telefonini si esaurisce, la tv è spenta, il computer non si accende, la neve è fuori, i soccorsi dell’Enel (esternalizzati) non arrivano. Tutti vecchi sprovvisti di telefonini e dunque senza il bisogno di usare qualcosa di cui non dispongono? Forse una parte. Ma quella percentuale di cittadini come noi che vive connessa, che guarda la tv, che si informa e informa in Rete, che magari parla a sproposito ma che un dubbio ogni tanto te lo fa venire, è sprofondata nella tragica impossibilità di farsi sentire. Muti, fantasmi. Se non puoi parlare non sei ascoltato, se non sei ascoltato non esisti. Encomiabili i sindaci che hanno aggiornato momento dopo momento quello che stava succedendo. Troppo poco perché l’allarme entrasse nel flusso della comunicazione, troppo poco perché qualcuno fuori dalla Basilicata se ne accorgesse, troppo poco perché ci distraesse dal tepore dei nostri salotti e dei nostri ricordi infantili mentre la neve cadeva. Il black out ha oscurato anche le nostre consapevolezze ancorate alle utenze digitali, nella confusione tra realtà e racconto delle realtà. Mentre la pausa forzata amplificava il ciarlare sull’imminente campagna elettorale e qualche foto appena in tempo pubblicata di camini (per chi ce l’ha) con il fuoco da contrade isolate ci hanno anche ricondotto a un immaginario e illusoriamente nostalgico tempo antico. La verità è che l’Italia dei piccoli comuni interni come quelli della Basilicata è un problema irrisolto, con sistemi infrastrutturali anni Sessanta che non reggono più, usurati, inadeguati, insufficienti, non moderni. La modernità non è un’opzione, è una necessità. Cosa ce ne facciamo del 5 G se poi manca la corrente elettrica? La prospettiva industrialistica, infrastrutturale, materiale è urgente prima di tutto il resto. Rimane il grande tema che una regione come la Basilicata deve affrontare. L’innovazione e le start up fanno tanto tanto racconto, ma racconto rimangono se la linea elettrica rimane sospesa per tre giorni e i serbatoi dell’acqua non alimentati ti lasciano pure a secco. A chi guiderà la Basilicata, a noi tutti cittadini smarriti, è sempre tempo di raccogliere le rose, ma prima di tutto – urgentissimamente – di pretendere la semina del grano.