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“La Sardegna non è Italia ma una periferia assistita”: il sindaco e la “grottesca” visita del premier Conte

CAGLIARI. “Chi era alla conferenza con Conte ha toccato con mano l’evidenza: la Sardegna non è l’Italia, ma una periferia

CAGLIARI. “Chi era alla conferenza con Conte ha toccato con mano l’evidenza: la Sardegna non è l’Italia, ma una periferia assistita perché rimanga tranquilla. Niente di più”. È lo sfogo di Maurizio Onnis, sindaco di Villanovaforru, che dal suo profilo Facebook racconta l’incontro di sindaci sardi e vertici della Regione con il presidente del consiglio Giuseppe Conte, avvenuto ieri alla prefettura di Cagliari per trovare soluzione alla protesta dei pastori.

La conferenza era programmata originariamente per le 16, ma “Conte è entrato nel salone alle 19,10 – racconta Onnis – e ha parlato per un quarto d’ora. Abbiamo capito solo questo: da domani sarà attiva una casella di posta elettronica dedicata, dove scrivere suggerimenti, idee e progetti. L’incontro è durato meno di un’ora in tutto. È stata un’esperienza grottesca, ma utile”.

Ecco tutto il lungo post del sindaco:

“L’incontro con Conte è fissato per le quattro, in prefettura, ma lui non si vede. Parecchi sindaci sono qui dalle tre e mezza. Passano anche le cinque, poi le sei. Niente. Nervosismo e irritazione. Alle sei e mezza qualcuno si avvia all’uscita. Una funzionaria, vedendomi con la fascia in mano e pronto ad andarmene, mi dice: «Il Presidente sarà qui tra dieci minuti». Restiamo. Fremono i giornalisti, che hanno passato ore al vento freddo di Piazza Palazzo. Si agitano le forze dell’ordine. Mai vista tanta polizia in vita mia. I sindaci discutono e si accalorano sulle prossime elezioni. In anticamera stazionano anche Pigliaru e Paci. Fanno ora e cercano qualcuno con cui chiacchierare, come due garzoni in attesa di nuove commissioni.

Conte entra nel salone della prefettura alle sette e dieci. Si siede mentre tutti sono ancora in piedi, nel chiacchiericcio generale. Ressa della stampa e della televisione. Poi le porte si chiudono. Parla per prima la prefetta Tafuri: venti minuti. Tratteggia la situazione sociale ed economica della Sardegna e infila una sfilza di perle memorabili. Dice che la Saras è «la Fiat sarda». Parla in tono laudatorio della RWM, affermando che ha grandi progetti di sviluppo e che l’avversano «ambientalisti, antimilitaristi e anarco-insurrezionalisti». Accenna alle servitù militari solo per rilevare che gli ambientalisti ce l’hanno anche con queste. Carta vetrata sui nostri cuori. Conte parla per un quarto d’ora: meno della prefetta. Racconta dell’incontro con i pastori e spiega che è venuto qui a lanciare un “Contratto istituzionale di sviluppo” per il sud Sardegna. Ci sono i miliardi del fondo strutturale europeo, che l’Italia non riesce a impegnare. Bisogna spenderli, lui li mette sul piatto. Parla di «progetti di rilevanza strategica», ma non va oltre perché, sostiene, tocca a noi proporre idee d’investimento tra cui scegliere poi cosa trasformare in realtà. Gli stessi concetti vengono ripetuti dalla ministra Lezzi e dall’uomo di Invitalia, l’agenzia di proprietà del Ministero dell’Economia che si occuperà operativamente di tutto. Capiamo veramente solo questo: da domani sarà attiva una casella di posta elettronica dedicata, alla quale trasmettere suggerimenti, idee e progetti, appunto. Alle otto e cinque è tutto finito. Meno di un’ora.

È un potere senz’anima, che parla attraverso il volto glabro e il discorso informale di Conte, ma non suscita emozione, non emana calore, non sa regalare un pezzetto di sogno. E nasconde questo deserto sotto un diluvio asettico di dati e statistiche. Dalla sala si levano quattro applausi in tutto, uno per ciascun intervento. Applausi di circostanza, così scarsi e stentati da far pensare a una vera e propria ripulsa verso gli ospiti.

A mezzanotte sentirò un giornalista televisivo dire che Conte «ha ascoltato» i rappresentanti degli enti locali. Falso. All’Anci, in prima fila, non viene data parola. Ai sindaci non è concesso di aprire bocca. Alla RAS men che meno. Pigliaru e Paci, assiepati in platea, pubblico comune tra pubblico comune, sono lontani dal tavolo governativo. Hanno incontrato il Presidente del Consiglio per pochi minuti, prima del suo ingresso in sala, e la loro esclusione dal cerimoniale della serata appare plateale, assume un sapore punitivo. Ma d’altro canto: la Regione doveva proprio lasciare che arrivasse il governo a mettere mano alla vertenza pastori? Possibile che noi, con le nostre forze, con la nostra “specialità”, non fossimo capaci di abbozzare una soluzione? Comunque parlano solo Conte e i suoi sodali. Noi non siamo parte in causa, ma ospiti a casa nostra. Alla fine ringraziano, salutano e se ne vanno, sbrigativi, veloci come sono apparsi.

È stata un’esperienza grottesca, ma utile. Perché chi c’era ha toccato con mano l’evidenza: la Sardegna non è Italia. È la periferia guardata in tralice dal centro, tollerata, assistita perché rimanga tranquilla, niente di più. E noi continuiamo a lasciare che tutto questo accada”.

di Maurizio Pilloni –

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