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Dimissioni di Nello Musumeci: terremoto a Palazzo d’Orleans

Nello Musumeci e lo spettro dimissioni
Il presidente contro il voto segreto

Un vero e proprio terremoto politico sarebbe in corso a Palazzo d’Orleans, sede della presidenza della regione.

Il presidente Nello Musumeci avrebbe convocato d’urgenza, per mezzogiorno, la Giunta regionale per annunciare all’esecutivo le sue dimissioni e consegnarle, nel pomeriggio, all’Aula.

Si attendono ulteriori sviluppi dei quali vi terremo informati.

“La gente si fida di me, non posso perderci la faccia”, ripete a chi lo chiama al telefono in queste ore. Nello Musumeci, raccontano, è una furia. Il suo governo è andato ko a oltranza, la sua maggioranza che non è una maggioranza ripete sempre lui, è andata in frantumi, dilaniata da vendette e rese dei conti consumate all’ombra del voto segreto. L’atto di forza del rinunciare alla proroga dell’esercizio provvisorio si è ritorto drammaticamente contro la giunta finita in un cul de sac sulla manovra. Mentre il mondo cadeva a pezzi, il presidente ieri era a Roma per una serie di incontri e poi per partecipare a Porta a Porta da Bruno Vespa. Apprese le pessime notizie da Palermo, Musumeci è esploso. Minacciando le dimissioni. “Il voto segreto si deve abolire, chi vuole bocciare le norme ci metta la faccia!”, ripete ai suoi che cercano di dissuaderlo dai propositi dimissionari. Tacciono da ieri sera gli assessori, travolti dalla tempesta di Sala d’Ercole. Musumeci li ha convocati a Palazzo d’Orleans dove è in corso una giunta che è un po’ un consiglio di guerra nel bunker di Berlino.

Il governo è assediato. Le opposizioni non lasciano spiragli aperti, il governo ha fatto poco per cercarli, a dire il vero. I 5 Stelle chiedono un nuovo governo tecnico e si dicono pronti a fare la loro. Ma il censore dei ribaltoni Musumeci difficilmente prenderà in considerazione l’ipotesi. C’è chi da dentro la maggioranza suggerisce di azzerare la giunta per disinnescare una serie di problemi. Come quelli in Forza Italia, dove alle grane degli scontenti si è aggiunta questa guerra di nervi tra un pezzo di partito e l’assessore all’Economia Gaetano Armao. Lì, dice qualche deputato, si potrebbe trovare la firma dell’impallinamento del “modello Portogallo”, idea cara all’assessore. Raccontano che una certa insofferenza albergasse ieri anche dalle parti di Fratelli d’Italia, dopo che un emendamento di Antonio Catalfamo dopo una serie di alterne vicende è stato messo da parte con il consenso del governo.

Di certo c’è che sull’articolo 7, la madre di tutte le sberle prese ieri dal governo, i voti per il governo sono stati solo 29, quando c’erano 33 deputati di maggioranza in Aula, più di due di Sicilia Futura che votano con il centrodestra su tutto da un pezzo. I franchi tiratori, insomma, non sono stati due o tre. Perché sono profondi i mal di pancia e le gelosie che attraversano la coalizione. Ci sono gli assessori che non convincono o che non vengono digeriti da pezzi di coalizione, da Mariella Ippolito a Edi Bandiera, ci sono i gruppi che si sentono sottorappresentati come i lombardiani che vogliono pesarsi alle Europee anche per fare emergere che i due assessori in giunta di matrice popolare (Cordaro e Lagalla) forse sono troppi rispetto al rapporto di forza interno al gruppo. Insomma, la via di un rimpasto corposo potrebbe essere una via d’uscita. Ma prima Musumeci pretenderà che si riformi la norma sul voto segreto, limitandone al massimo l’uso come accade negli altri consigli regionali. Nel frattempo, c’è da mettere una pezza alla manovra dopo i passi falsi di ieri. E bisogna farlo presto se si vuole continuare con ostinazione a tenere il punto di non prorogare l’esercizio provvisorio.

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