AD ARMENTO DA TERENZIO AFRO
La Fiumara di Armento è un serpente sassoso che scende verso il fiume Agri
Di Giampiero D’Ecclessis
Erano giorni che ci pensavo, sono stato un po’ troppo chiuso a casa: qualche acciacco, un pizzico di ipocondria natalizia, dovevo evadere dalla mia gabbia, faccio il pieno alla mia Polo, gas e benzina, e vado.
Voglio andare ad Armento, ci manco da tanto. Perché Armento?
Perché no? Comincia con la A, è lungo il corso del fiume Agri e poi di lì, lungo la strada Fondo Valle Agri posso facilmente prendere altre direzioni, che so, Tursi o Aliano, Viggiano o Grumento Nova, magari Corleto Perticara e poi Laurenzana.
Non faccio programmi, fatto il rifornimento vado.
Viaggio piano questa mattina, niente musica, mi guardo attorno, cerco i riferimenti di una vita, forme, rocce, alberi, vecchie masserie che ho incrociato in anni di lavoro sul campo nella mia regione.
La Fiumara di Armento è un serpente sassoso che scende verso il fiume Agri, salendo verso il paese, a destra, pareti di conglomerato rossiccio ardite e canaloni, prima del bivio per Armento sulla destra una vecchia cappella resiste allo sbocco di un canalone all’evoluzione di una grande conoide detritica. Magari finirà mezzo sepolta come è successo alla cappelletta di S. Laviero non lontano da Grumento, solo recentemente riscoperta.
L’ultima volta che sono passato di lì c’erano ancora ossa e crani esposti in bella mostra e il segno rossiccio della vecchia conoide che aveva mezzo sepolto la chiesetta, l’Agri era un cristallo trasparente tra rami di salice e raggi di sole.
I resti dell’abitazione di Terenzio Lucano sono ai limiti del Casale, quel Terenzio partecipò alle guerre contro Cartagine e divenne senatore. Andò ad abitare al Casale nel centro antico di Armento dove si può vedere ciò che resta del suo palazzo.
Ebbe uno schiavo cartaginese che poi affrancò e rese libero e divenne Publio Terenzio Afro, commediografo latino.
Terenzio
Lucano sembrerebbe aver dato inizio all’usanza di raffigurare i giochi
gladiatori facendo rappresentare su una tavola il programma dell’evento (munus)
da lui organizzato (II Sec. A.C.).
Io piuttosto che sugli spalti dell’arena in attesa del sangue preferisco
immaginarlo intento a spiare fuori dalla sua finestra, verso i canaloni aspri
della Fiumara di Armento, magari chiedendo al suo schiavo Publio Afro di
comporre qualcosa.
Lascio Armento e superata la galleria dell’Intagliata ecco che mi appare Corleto Perticara oggi, insieme a Viggiano, tutti la identificano con il petrolio, ma quando io giravo per queste colline agli inizi della mia attività non era ancora così.
Mi fermo a osservare la grande colata di Cugno del Vescovo, con il suo grande piede incastrato nell’alveo della Fiumarella di Corleto, per me Corleto era sinonimo di frane, uno dei luoghi dove maggiormente questo fenomeno imprime un tratto deciso alle forme e al territorio.
Paesaggi geologici, quelli della mia esperienza, mi ricordo di Castronuovo S. Andrea con di fronte il gran morso della frana di Tempone Crocecchiola e di Piano dei campi, quelle due grandi frane contrapposte a segnare l’evoluzione di un ping pong morfologico tra le due sponde di un piccolo corso d’acqua.
Mi avvio lungo la vecchia Statale 92 in direzione di Potenza, fino al valico di Sella Lata è un girotondo bellissimo di tornanti e di boschi in salita, poi si scende verso Laurenzana.
Il vecchio castello è una sentinella in piedi su una antica rupe che guarda sotto di sé il paese e verso valle il Serrapotamo, i vicoli del centro la mattina sono silenziosi, la pasticceria è uno scrigno di cassate e deliziose sublimi, verso valle si corre affiancati al fiume per poi iniziare la salita in direzione di Anzi.
La cupola azzurra dell’osservatorio astronomico riflette il sole e devia lo sguardo dal paese-presepe, forse tra i più belli e interessanti dell’intera provincia di Potenza, forse anche uno dei più sottovalutati, mi domando poi perché.
Poco prima di Rifreddo mi fermo alla vecchia fontana poi, con un’intuizione felice mi infilo a destra nella strada che porta verso la Grancia e di lì alla Basentana per rimettermi in direzione di Potenza.
Mi fermo vicino alla vecchia Grancia e guardo in alto, un falco si libra in equilibrio, forse in cerca di preda, trovo un posticino la sole e resto verso ad osservare la larga piega che fanno le arenarie sotto Brindisi di Montagna, mi sento un po’ come il vecchio Terenzio Lucano, peccato non avere un Terenzio Afro Pisani a cui commissionare un ode alla natura.
Il sole volge verso il tramonto, fa freddo, è ora di andare a casa.