16 ANNI FA L’OMICIDIO LANERA
La svolta nelle indagini del pool interforze
Nel pomeriggio del 10 aprile 2003 l’avvocato del foro di Melfi, Francesco Lanera venne assassinato nel suo studio a cento metri dalla cattedrale in piazza Duomo. Dopo ben sei anni di indagini il 9 marzo del 2009 Vincenzo e Michele Ruberto, padre e figlio, furono arrestati perché ritenuti colpevoli di un delitto che sconvolse l’intera città. Al termine di quattro anni di indagini infruttuose il procuratore generale della Corte di Appello di Potenza, Antonio Tufano decise di istituire un pool interforze che raccoglieva i migliori investigatori di carabinieri, polizia di stato e guardia di finanza. Il Procuratore capo era stufo di non poter venire a capo di quel delitto e decise di avvalersi degli inquirenti più preparati in Basilicata. Fu così che il maresciallo dell’Arma Roberto Di Noi, il collega delle fiamme gialle, Giovanni Merlino ed il commissario di Ps, Antonio Mennuti scelsero di cancellare ogni precedente pista investigativa battuta e si concentrarono su una impronta rinvenuta nello studio legale ma che non era stata attribuita a nessuno degli indagati. L’intuizione decisiva fu quella di controllare l’agenda dell’avvocato Lanera che per fortuna la moglie aveva sempre conservato. Grazie a quelle annotazioni si accertò come lo sfortunato giurista doveva incontrare proprio Vincenzo Ruberto che era stato precedentemente condannato per una violenza sessuale. Alla richiesta delle spettanze legali l’uomo con una calibro 7.65 esplose da distanza ravvicinata cinque colpi di pistola che si rivelarono fatali per l’avviato. L’impronta rinvenuta nello studio di Lanera era del figlio di Vincenzo, Michele Ruberto che confessò l’omicidio del padre cui non partecipo’ materialmente. Il ragazzo è stato condannato a 18 anni mentre il padre Vincenzo Ruberto sconta in carcere l’ergastolo. Una storia assurda nata dalla rabbia di una doppia condanna per abusi sessuale subita da Vincenzo Ruberto e che Lanera non era riuscito ad evitare per il suo cliente. Una storia assurda che ha privato la città di Melfi ed il foro lucano di un uomo e di un avvocato esemplare