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Cassazione annulla l’assoluzione per stupro: l’aspetto fisico della vittima è «irrilevante»

L’aspetto fisico di una donna che si dichiara vittima di stupro è del tutto «irrilevante» e si tratta di un «elemento non decisivo» per valutare la credibilità della sua denuncia

Suprema Corte di Cassazione

Le motivazioni

Cassazione annulla l’assoluzione per stupro: l’aspetto fisico della vittima è «irrilevante»

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di Valentina Santarpia su Corriere della Sera

L’aspetto fisico di una donna che si dichiara vittima di stupro è del tutto «irrilevante» e si tratta di un «elemento non decisivo» per valutare la credibilità della sua denuncia. Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni depositate oggi con cui annulla le assoluzioni dei due giovani sudamericani accusati di aver violentato una ragazza peruviana a Senigallia il 9 marzo 2013. Ad assolverli era stata la Corte di Appello di Ancona nel novembre del 2017 con un verdetto che faceva riferimento alla «mascolinità» della ragazza per minare la sua credibilità. La vicenda sarà riesaminata nell’appello bis dai magistrati di Perugia.

La ricostruzione

La violenza sarebbe avvenuta al parco pubblico di via Ragusa, ad Ancona, la notte del 9 marzo 2013. I tre si conoscevano perché frequentavano lo stesso corso serale ad una scuola alberghiera di Senigallia. Choque Garcia Jorge Luis, 24 anni e il coetaneo Melendenz Pinto John Henrri si erano dati appuntamento con la 22enne in un quartiere a nord di Ancona. Secondo l’accusa, la ragazza sarebbe stata stordita con gocce di benzodiazepina nella birra, poi portata nel parco, e violentata. I due peruviani in primo grado, il 6 luglio del 2016 vennero condannati. Il 23 novembre 2017 la Corte d’Appello di Ancona ribaltò la decisione: assolti, non credibile la ricostruzione della parte offesa. In realtà l’elemento della mascolinità era solo uno dei tanti che emergevano dalla ricostruzione dei giudici. Il verdetto non escludeva che fosse stata proprio la ragazza a organizzare la notte goliardica, provocando uno dei ragazzi e spingendolo ad avere un rapporto sessuale per una sorta di sfida: nelle conclusioni si legge che «in definitiva non è possibile escludere che sia stata proprio le a organizzare la nottata, trovando una scusa con la madre» e si afferma che al giovane (uno dei due peruviani sotto accusa) «la ragazza neppure piaceva, tanto da averne registrato il numero di cellulare sul telefonino con il nominativo di ‘Nina Vikingo’ con allusione a una personalità tutt’altro che femminile, che la fotografia presente nel fascicolo processuale appare confermare»». Gli imputati hanno sempre rigettato le accuse, sostenendo che il rapporto fosse consensuale. E la sentenza di Corte di Appello aveva creduto alla loro versione, assolvendoli dalla condanna inflitta in primo grado per violenza sessuale di gruppo e parlando della vittima come della «scaltra peruviana». Quella sentenza aveva scatenato le proteste di associazioni e politici, oltre che del procuratore generale della Corte d’Appello di Ancona, Sergio Sottani, che aveva espresso forti perplessità a riguardo: «Ritenere che la mancata attrazione sessuale del presunto stupratore nei confronti della vittima possa rappresentare un elemento a sostegno della mancanza di responsabilità, credo debba essere evitato perché si rischia di appesantire lo stress cui la vittima è già sottoposta. Nei casi di sentenze per violenza sessuale, bisogna fare attenzione a certi termini». Ora la Cassazione ribalta quella sentenza.

«Incondizionata accettazione» della versione degli imputati

In particolare, la Cassazione ha accolto il ricorso del Procuratore della Corte d’Appello di Ancona e della ragazza peruviana ritenendo fondati i loro reclami. Secondo gli ermellini, i giudici di merito si sarebbero basati su una «incondizionata accettazione» della narrazione dei fatti proposta dalla difesa degli imputati mentre non è stato fatto alcun «serio raffronto critico» con il verdetto di condanna emesso in primo grado. Rileva ancora la Cassazione, inoltre, che senza il necessario «supporto probatorio» le dichiarazioni dei due imputati sul consenso al rapporto sessuale sono state prese per buone a fronte della brutalità del rapporto in seguito al quale la ragazza si è dovuta sottoporre a intervento chirurgico e trasfusione. La ragazza era stata infatti ricoverata in ospedale per qualche giorno e nel sangue era stata ritrovata un’alta quantità di benzodiazepina. Da quel momento erano partite le indagini della Squadra mobile.

9 aprile 2019 (modifica il 10 aprile 2019 | 01:20) © RIPRODUZIONE RISERVATA

“Che la donna sia bella o brutta non è elemento rilevante per giudicare uno stupro. “Non è decisivo” per decidere l’esito di un processo.”

La Cassazione annulla l’assoluzione

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