Cronaca

SVERSAMENTI IN VAL D’AGRI: UN ARRESTO IN ENI

Nell’inchiesta sono indagate 13 persone e la stessa Eni

Un dirigente dell’Eni, già responsabile del centro oli di Viggiano (Potenza), e’ stato sottoposto agli arresti domiciliari dal Gip di Potenza su richiesta della Procura nell’ambito di un’inchiesta su una fuoriuscita di petrolio che nel febbraio 2017 avrebbe contaminato il “reticolo idrografico” della Val d’Agri. Nell’inchiesta sono indagate 13 persone, tra le quali anche componenti del comitato tecnico regionale della Basilicata, e l’Eni. Le accuse ipotizzate sono a vario titolo di disastro, disastro ambientale, abuso d’ufficio, falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale ed altro. Le indagini sono partite nel gennaio 2017, in coincidenza con il rilevamento di un copioso recapito di “idrocarburi” nel depuratore dell’area industriale, ubicato nei pressi del Centro Oli di Viggiano. Venne allora disposto il sequestro penale di un pozzetto. “Ulteriori accertamenti – si legge in una nota della Procura – chiarivano che gli idrocarburi dispersi dal COVA si erano insinuati nella rete fognaria consortile sfruttandone le crepe ed il suo deflusso incontrava e, quindi, contaminava il reticolo idrografico della Val d’Agri non distante ( circa 2 km) dall’invaso del Pertusillo, che rappresenta la fonte primaria di approvvigionamento della gran parte di acqua destinata al consumo umano della Regione Puglia oltre che la fonte da cui proviene l’acqua indispensabile per l’irrigazione”. Eni, si legge in un comunicato della società, “prende atto dei provvedimenti adottati dall’Autorita’ giudiziaria nell’ambito dell’indagine sullo sversamento da un serbatoio del Centro Olio di Viggiano condotta dalla Procura di Potenza e che coinvolge alcuni dipendenti EniEni ritiene di essere intervenuta tempestivamente e di aver posto in essere tutti i migliori interventi di Messa in Sicurezza di Emergenza (MISE) con l’obiettivo di contenere, perimetrare e rimuovere la contaminazione. Eni – conclude la nota – conferma la massima collaborazione con gli organi inquirenti e la fiducia nell’operato della magistratura.

Il dirigente Eni finito ai domiciliari è Enrico Trovato, all’epoca dei fatti responsabile del Centro oli di Viggiano.

La procura di Potenza ipotizza i reati di disastrodisastro ambientaleabuso d’ufficiofalso ideologico commesso dal pubblico ufficiale. All’inizio del 2017, dopo il ritrovamento di petrolio in un depuratore, si arrivò al sequestro di un pozzetto. Si accertò che il petrolio era passato nella rete fognaria e poi nella rete idrografica circostante, a due chilometri dalla diga del Pertusillo, che fornisce acqua alla Puglia e, per l’irrigazione, ad oltre 35mila ettari di terreno.

Il petrolio era fuoriuscito dai serbatoi di stoccaggio, ma le perdite non erano “mai state comunicate agli organismi competenti”. Successivamente, l’Eni decise di dotare i serbatoi di doppifondi. Secondo i magistrati, l’Eni tenne un atteggiamento di “sostanziale inerzia” nella vicenda delle perdite di petrolio, mentre quella del comitato tecnico regionale – organo di vigilanza sugli impianti a rischio di incidente rilevante – fu una “consapevole inerzia” perché prima prescrisse maggiori controlli ma poi non sanzionò la loro mancata attuazione.

Dopo le perdite Eni aveva ammesso uno sversamento di 400 tonnellate di greggio anche tra agosto e novembre 2016. A metà aprile del 2017 Pittella decise di chiudere il Cova per mancato rispetto delle prescrizioni ambientali. Dopo tre mesi, il 18 luglio, lo stabilimento era tornato a funzionare.

Maggiori approfondimenti su Cronache Lucane in edicola.

Social Media Auto Publish Powered By : XYZScripts.com
error: Contentuti protetti