ANDREA GALGANO, IL POETA CHE CESELLA VERSI
Non vogliono morire questi canneti”, è l’ultima opera del giovane poeta e scrittore
di Leonardo Pisani
Uscito per CartaCanta – Capire Edizioni di Forlì, nella collana “I Passatori”, a cura di Davide Rondoni, uno dei più grandi poeti italiani, “Non vogliono morire questi canneti” di Andrea Galgano, che sarà presentato, in anteprima nazionale, oggi, nello spazio Experience di Rossella Capobianco – in via del Gallitello 72 L’autore dialogherà con Oreste Lo Pomo, caporedattore Rai Basilicata, risponderà alle curiosità del pubblico e firmerà le copie del libro. L’evento, ad ingresso gratuito, si svolge in collaborazione con la libreria Sognalibro ed il Polo Psicodinamiche Erich Fromm di Prato – Padova. «Si tratta di una grande opportunità di crescita – dichiara Rossella Capobianco, interior designer responsabile di Experience all’interno di Basile Design Project – ospitiamo un nome brillante del panorama culturale regionale che ha già riscosso un grande successo a livello italiano ed internazionale. L’autore ci trasmetterà in versi la sua visione del mondo interno ed esterno, fattore pienamente in linea con il nostro lavoro di ascolto e progettazione degli ambienti da vivere, da intero o esterno, che sia a casa o in luoghi di lavoro.». Un lavoro quello di Galgano, anche autorevole firma di Cronache Lucane, rappresenta, nella sua linea intima e personale, la fragilità dei canneti alla potenza della loro bellezza infinita. I loro spazi vuoti e la loro aria aperta sul mare. Un libro che, se da una parte, predilige la pienezza delle cromature dell’estate, non vissute soltanto come tensione estetica, dall’altra, guarda alla realtà attraverso tutti i segni che essa porge. Poesia dei segni, dunque, che abbraccia i luoghi della nostra terra, da Potenza alla Costa di Maratea, vissuta palmo a palmo o città importanti come Firenze, Livorno, Salerno o San Pietroburgo («Notti di canali / e di ombre delle paludi / sul tremito l’amaranto»).
Nella quarta di copertina, Davide Rondoni scrive: «La voce di Andrea Galgano ci arriva da una forza doppia, ma non opposta. Da un lato la forza di un radicamento tanto beato quanto duro in una realtà, la Lucania, che già ha nutrito la voce di poeti come Sinisgalli, Scotellaro, Pierro, e la remota vivissima Morra, o il romanizzato Salvia; dall’altro una viandanza tra voci e luoghi che costituiscono non solo un elemento biografico, o un accumulo culturale, ma una necessità del suo poetare». E ancora: «Galgano è uno scultore e cesellatore delle parole, ama sentirne la forza fisica, potente o delicatissima, che evoca la viva presenza del vivente, i suoi entusiasmi, i suoi abbandoni. Perchè di questo in fondo, nella ambivalente forza che la anima, si nutre la sua poesia, lettore e animatore vivace: lo stupore di fronte all’esistente, al rilievo che prendono le cose e le presenze, nella continua alba del mondo creato».
Nell’esperienza e nel gesto della poesia di Galgano, la simbologia marina acquista un significato particolare, così come la spiaggia diventa paesaggio vivente e transito interiore. Si legge in Tortora, Estate: «La dismisura dell’oasi / è una meridiana / di clessidre / banchi di sabbia / raccolgono linee di incendi / contro il cielo di terra bagnata / prima delle ringhiere di notte le barche e l’oro folto / le bici raccolte / anche il mare ha le sue onde esili / come il velo azzurro delle maioliche / chiudere i tuoi occhi / è radunare il sole / prima delle cene / strofinando l’odore dei grilli / il bagliore dei cedri / e gli anelli viola delle nuvole / hanno l’acqua calma dei platani / quando tremano / nelle finestre». Oppure negli scorci di Praia e la sua spiaggia tulipano, dove germoglia il cielo sui santuari di pietra. In Maratea, però, l’anima di Galgano raggiunge un apice di sogno e visione («La dorsale del sole / è iride invisibile / stelo di foci / il fresco sale che spoglia / l’acqua sulle terrazze di Illicini / negli scogli di luna vicina»), raccontando la sensualità onirica di Acquafredda («argento di baia / e strofe di spiagge che sfavillano / sulle calligrafie delle maree») o la pienezza di Cersuta, il buio lucente della Spiaggia Nera e la trasparenza di Castrocucco. Vi è una componente elegiaca anche nei paesaggi più interni, meno esposti, dove la terra è lo spazio dell’avvenimento: «la terra cosparsa / ha rovescio di amore / è cristallo / di dedali verdi nell’aria / come fari di case» (Legri).Afferma ancora Rondoni: «Troviamo e scopriamo con lui dunque paesaggi e ambienti e colori e odori, vie e vicoli di una città, Potenza e di un territorio che toglie le parole da cuori e menti concentrate e serrate, e troviamo e scopriamo, ritratti con la stessa forza, panorami interiori dettati da esperienze e dalla frequentazione dei luoghi sempre altrove cari alla poesia, in fondo all’anima o in fondo ai tunnel di viaggi e ferrovie». Il panorama interiore si unisce con quello esteriore, sembra quasi fondersi, legarsi in modo indelebile. I volti, le figure care, le donne che hanno toccato le coltri delle stagioni, i personaggi che hanno segnato il tempo (Massimo Troisi e il golfo sovrano di Napoli, la Milano di Jannacci e la carezza del Nazareno, Paolo Maldini, Pino Mango, Mel Gibson) sono segni visibili proiettati sull’invisibile, come quando la poesia si fa respiro e senso religioso, ricordando la figura di don Giussani, in una linea di Eterno e incontro con il finito: «Donna, non piangere / diceva Lui che ha creato l’Eterno / i grani delle cicale, / i gambi di erba sull’oceano / prima della luna dopo il sole / e il bacio di Madre / la mano sulla fronte asciuga / le fiumane e gli altari / la coltre svanita del cielo / ama il mattino / come trasparenza»