Attualità

BOLOGNETTI LUNGIMIRANTE SU VIGGIANO

Il segretario dei Radicali lucani non molla la presa sul centro Oli

In sciopero della fame dalla mezzanotte del 27 febbraio scorso, per il rinnovo della concessione di Radio Radicale, Maurizio Bolognetti è stato tra i primissimi in Basilicata a notare che presso il Cova di Viggiano qualcosa non quadrava.“Vedo in giro tanta bella gente – spiega Bolognetti – che si affretta, spintona e che smania dalla voglia di mettere i chiodi sulla bara. Processioni dolenti di farisei e impostori, sciacalli e avvoltoi.

Sono gli stessi che non ho mai avuto il piacere di sentire o di vedere quando, non oggi, non nel 2017, ma a partire dal 2009, avvertivo che a Viggiano stava accadendo qualcosa di grave. Sono i professionisti della dichiarazione e della presa di posizione un tanto al chilo. Gente buona solo a metter cappello e che non ha mai prestato reale attenzione alle denunce, alle domande, agli interrogativi che ho sollevato a più riprese nel corso degli anni. Gli stessi che non ebbero ad emettere un fiato quando nel giugno del 2015 fui, mio malgrado, protagonista di uno sgradevole episodio”. Il segretario dei Radicali lucani si riferisce ad una storia che lo vide protagonista nel mentre cercava di realizzare con una sua telecamera un reportage su Viggiano. Bolognetti racconta che un Carabinieri avrebbe messo una mano sulla fontina della sua pistola intimando di bloccare immediatamente la registrazione. “Ho trascorso anni interi, lustri ad occuparmi della Val d’Agri, della Valle del Sauro – aggiunge Bolognetti – e l’ho fatto per difendere questa nostra bellissima terra e i suoi veri tesori. L’ho fatto per onorare il diritto alla conoscenza. L’ho fatto perché ho fame di verità. Oggi che tutti dichiarano, confesso che quasi non ho voglia di scrivere e se lo faccio è per la nausea che monta di fronte allo sciacallaggio. Muti allora e fin troppo loquaci oggi, ad iniziare da assai presunti ambientalisti sempre pronti a incassare le royalties che piovono a pioggia su un ecologismo di facciata. Questa inchiesta, quella sulla perdita di greggio, l’ho detto e lo ripeto, è stata avviata con grave ritardo e a babbo non morto, ma liofilizzato. Prendo altresì atto che è stata chiusa a poche ore dal deposito delle liste per le elezioni Europee e che è stato disposto un arresto del quale non comprendo le ragioni. Non le comprendo perché, come avrebbe detto qualcuno, tutto si è compiuto e da tempo. Ne è passata di acqua sotto i ponti prima che qualcuno si decidesse a vedere quel che ho tirato fuori, girando armato di telecamera, registratore e taccuino. Quando ho iniziato a sollevare la questione, quando si sono verificati i fatti del 2015, di quel memoriale, che chissà perché non fu prontamente inviato a chi di dovere, nulla si sapeva. Stiamo assistendo a una ricostruzione che non onora la verità e nega memoria. I protagonisti? I soliti noti. C’è una folla di sciacalli e avvoltoi che si sta affrettando a cibarsi di un cadavere ancora caldo e, temo, per ragioni poco nobili e che nulla hanno a che fare con la tutela della nostra terra e dei suoi tesori. Stiamo attenti in queste ore a non buttar via il bambino con l’acqua sporca. E stiamo attenti agli impostori. A volte avrei voglia di dire che preferisco gli inquinatori seriali a certi dichiaratori seriali. Anche questi ultimi inquinano, ma sono inquinatori di coscienze e ladri di verità











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