Rifiuti nocivi in Romania. Con la sponda della mafia italiana
Con un fatturato di 750 milioni di dollari all’anno (dati del Ministero delle Finanze rumeno), l’industria del cemento prospera in Romania. Di proprietà di gruppi come Lafarge – Holcim, HeidelbergCement o Crh Romania, sette cementifici si dividono la torta.
Un immenso scandalo sanitario e ambientale minaccia il Paese dell’est europeo. Le cementerie rumene sono accusate di riciclaggio di rifiuti provenienti dall’estero.
Fonte: https://www.24heures.ch/monde/europe/Les-dechets-sales-finissent-en-Roumanie/story/23081533
Versione italiana a cura della redazione del Tacco d’Italia
Con un fatturato di 750 milioni di dollari all’anno (dati del Ministero delle Finanze rumeno), l’industria del cemento prospera in Romania. Di proprietà di gruppi come Lafarge – Holcim, HeidelbergCement o Crh Romania, sette cementifici si dividono la torta.
Il sistema, secondo un’indagine, funzionerebbe bruciando rifiuti nocivi senza grandi preoccupazioni per l’ambiente e per le popolazioni locali
“I rifiuti sono d’oro! Più ne produciamo, più ci arricchiamo. Mentre gli altri si ammalano”: con queste parole Puiule Romana, la giornalista rumena di Occrp, riassume la sua indagine (sottotitolata in italiano). Un lavoro biennale dal titolo “Gli sporchi affari del cemento”, che l’ha portata in Italia e in Germania, Paesi che inviano i loro rifiuti alle cementerie rumene. Accantonando i combustibili fossili per questo combustibile più economico, ciascuno brucia tra le 200 e le 300.000 tonnellate all’anno, ovvero oltre il 50% del fabbisogno energetico, brandendo l’argomentazione ecologica: meno gas serra e meno sprechi.
Prezzi molto bassi
“Abbiamo rapidamente stabilito un legame con la mafia italiana. Lì, hanno avvelenato intere regioni prima di cercare nuove opportunità in Romania. Contratti con diverse migliaia di navi da carico e camion”, dettaglia la giornalista.
La sponda italiana
(…) Le autorità competenti per l’ambiente incontrano grandi difficoltà nella gestione del problema. Alla frontiera romena, Răzvan Huber, ispettore ambientale della Guardia nazionale ambientale, riporta la storia di un carico italiano, nel 2016. “Assomigliavano a rifiuti ordinari, ma quando abbiamo aperto i pacchi, abbiamo visto che contenevano rifiuti sanitari, provenienti probabilmente da diversi ospedali”. Questa spedizione era la prima di un contratto che prevedeva l’importazione di 12.000 tonnellate di rifiuti da bruciare nei cementifici romeni. Chi si nascondeva dietro queste spedizioni?
I rifiuti provenivano dall’Italia, ma i documenti ottenuti dall’Occrp mostrano che sono stati cittadini romeni a negoziare l’affare per conto di un cementificio locale
Tiberiu Găneșanu è uno di questi intermediari romeni. A suo avviso, il carico conteneva solo una percentuale molto bassa di rifiuti sanitari. “Esiste una procedura da seguire quando si prelevano dei campioni: si aprono solo due pacchi”, si giustifica, ritenendo che gli ispettori hanno esagerato la quantità e la tossicità di quei rifiuti “clandestini”. Assicura che i suoi partner italiani sono puliti: “Andate a vedere in Italia. Lì, è così pulito che non vi è alcun odore nemmeno all’interno della fabbrica per il trattamento” (…).
Anche i Tedeschi, di fronte al veto all’importazione posto dai cinesi, stanno cercando nuovi sbocchi per i loro rifiuti nocivi. ‘‘Non hanno dove smaltirli e li mandano qui perché è economico e facile”, dice la giornalista.
Argomento n. 1, il prezzo. I produttori rumeni di cemento si fanno pagare meno per il lavoro. Il prezzo di una tonnellata di rifiuti da bruciare ammonta a 10 – 15 euro in Romania, contro i massimo 700 euro più a ovest.
Seconda carta vincente: in Romania i controlli sono a buon mercato e la corruzione è endemica. “Le aziende straniere si sono adattate così bene al sistema che non si sa dove tutto inizi”, afferma la reporter. Un altro esempio: nel 2004 la Romania ha ottenuto, attraverso fondi europei, dispositivi per effettuare controlli senza mai disporre del personale o dei mezzi per eseguirli. L’attrezzatura non sarà mai utilizzata e il governo preferisce lasciare che gli attori si controllino da soli. La maggior parte fa appello a società private, una delle quali appartiene all’ex capo dell’Agenzia per l’Ambiente!
“In poche parole, la persona che ha autorizzato per anni l’entrata di rifiuti nel Paese faceva poi i rilievi per le fabbriche di cemento. Non c’è incompatibilità peggiore”, denuncia la giornalista.
Nauseabondo
Cosa sta bruciando davvero in queste cementerie? Vicino ad alcuni siti, i residenti dicono che in estate bisogna vivere con le finestre chiuse a causa dell’odore, con i soffitti che diventano neri e l’acqua inquinata. Romana Puiule va oltre: “Niente è in ordine. Gli operai delle fabbriche mi hanno detto di aver visto passare resti di feti abbandonati. Non c’è limite. Un rifiuto pulito non ha alcun interesse a fare migliaia di chilometri per bruciare qui, altrimenti verrebbe riciclato”. Un’analisi corroborata dai video dalla dogana rumena. Le immagini di ispezione delle merci non ingannano, con gli agenti doganali che nascondono i loro volti a causa della puzza.
L’industria del cemento si difende affermando che a 2000 gradi tutti i rifiuti sarebbero distrutti. Ma che dire di quelli contenenti metalli pesanti o diossina? Tanto più che, secondo l’inchiesta, i dispositivi utilizzati dalle aziende che controllano i produttori di cemento, non li misurano. Colpito dall’indagine – come gli altri due pesi massimi del mercato romeno, HeidelbergCement e Crh Romania – il gruppo franco-svizzero Holcim – Lafarge parla di informazioni errate e di stati conformi alla legislazione europea e rumena in vigore, relativa al trattamento dei rifiuti combustibili bruciati nelle cementerie rumene. Specifica, inoltre, di non importare nulla dall’estero dal 2013, ma di trattare solo ciò che ha origine locale. Un argomento che non regge per Romana Puiule: “Le aziende del cemento ora lavorano con imprese intermediarie che importano rifiuti”.
Pericolo per la salute
E la salute in tutto questo? “Certo, c’è un aumento delle malattie respiratorie e dei tumori“, spiega il capo del dipartimento di pneumologia di un ospedale vicino a una fabbrica. La salute pubblica in questo Paese non è una priorità. Nessuno effettuerà mai uno studio di impatto vicino ai siti per correlare o meno gli eventi tra di loro, quindi è difficile valutare chiaramente” conclude, fatalista, il medico. Un bilancio poco sorprendente in un Paese in cui, durante i decenni comunisti, i giganti industriali hanno inquinato inesorabilmente.
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