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Omicidio di Tommaso Onofri: analisi di alcuni stralci di un’intervista rilasciata da Mario Alessi prima della confessione

Alessi ha poi mostrato di non potersi avvalere del cosiddetto “muro della verità” che è una potente ed impenetrabile barriera psicologica che posseggono coloro che dicono il vero e che gli permette di rispondere con poche parole perché non sentono il bisogno di convincere nessuno di niente.

Mario Alessi

Analisi della criminologa Ursula Franco.

Nelle campagne del parmense, intorno alle 19.30 del 2 marzo del 2006, due pregiudicati, Mario Alessi e Salvatore Raimondi, armati e a volto coperto, dopo aver staccato la luce dal contatore esterno ed indotto il capofamiglia ad uscire, si introdussero nell’abitazione della famiglia Onofri, immobilizzarono con del nastro adesivo il capofamiglia Paolo, sua moglie Paola e il loro figlio più grande, Sebastiano, e rapirono Tommaso, di soli 17 mesi. Tommaso aveva la febbre ed era soggetto a crisi di epilessia.

I RIS isolarono sul nastro adesivo usato dai rapitori per immobilizzare i familiari di Tommaso un’impronta digitale di Salvatore Raimondi.

A un mese dai fatti, il primo aprile del 2006, Mario Alessi confessò l’omicidio del piccolo Tommaso e in seguito condusse gli investigatori sul luogo in cui aveva occultato il corpo del bambino.

Per il rapimento e l’omicidio di Tommy, Mario Alessi è stato condannato all’ergastolo, la sua compagna, Antonella Conserva, a ventiquattro anni di reclusione mentre Salvatore Raimondi è stato condannato a 20 anni di reclusione.

Tommaso Onofri detto Tommy

Mario Alessi rilasciò la sua prima intervista al giornalista Marco Federici de La Gazzetta di Parma, intervista che venne pubblicata lunedì 20 marzo 2006. Ne riporto solo alcuni stralci in quanto l’intervista integrale è introvabile.

Mario Alessi: “Io in questa vicenda non c’entro niente”

“Io in questa vicenda non c’entro niente” non è una negazione credibile.

“Io non ho rapito Tommaso Onofri” sarebbe stata una negazione credibile.

Mario Alessi: “Ho visto Tommaso quando lavoravo a Casalbaroncolo: è un bambino bellissimo”.

La frase “è un bambino bellissimo” lascia pensare; Alessi ha un figlio cardiopatico, probabilmente la rabbia per la propria sorte e l’invidia per la fortuna altrui hanno avuto un ruolo nell’omicidio di Tommy.

Mario Alessi: “Quando ho appreso del sequestro mi sono cadute le braccia. Come credo a qualunque persona umana

“Quando ho appreso del sequestro mi sono cadute le braccia” non è indice di particolare empatia.

Mario Alessi sente la necessità di descriversi come una “persona umana” proprio perché non lo è. Alessi è affetto da un disturbo antisociale di personalità, una delle caratteristiche principali di questo disturbo è proprio la mancanza di empatia.

Mario Alessi: “La mia colpa è solo quella di essermi guadagnato il pane. In più ho un bimbo di sei anni che sto cercando di tutelare e che non riesce più a dormire la notte”.

Alessi si riconosce una “colpa” e ne prende possesso dicendo “La mia colpa”.

Con la frase “La mia colpa è solo quella di essermi guadagnato il pane”, Mario Alessi desidera rappresentarsi come un “bravo ragazzo”, un bisogno che hanno solo i “cattivi ragazzi”

Alessi usa il proprio figlio di sei anni per muovere a compassione, per entrare nelle grazie di chi l’ascolta.

Mario Alessi: “Mi auguro che il piccolo Tommaso torni a casa al più presto perché ha bisogno di tanto affetto”

È gratuito che Mario Alessi aggiunga la ragione per la quale Tommaso dovrebbe tornare a casa.

Mario Alessi, il 29 marzo 2006, in un’intervista televisiva, anch’essa irreperibile integralmente, disse:

Mario Alessi: “Tutti i bambini sono angeli e cioè, per me, che scendono proprio dal cielo, scendono dal cielo… e una cosa così non va fatta, non va fatta assolutamente, i bambini vanno lasciati in pace dai lo-ro genitori, perché l’hanno messo al mondo, perché tengono una cosa cara”.

Il fatto che Alessi associ Tommaso ad un “angelo” ci rivela che è a conoscenza del fatto che il bambino è morto. Poi, nel tentativo di aggiustare il tiro afferma che i bambini “scendono dal cielo”

e una cosa così non va fatta, non va fatta assolutamente, i bambini vanno lasciati in pace dai lo-ro genitori” non è una negazione credibile ma un tentativo di manipolare i suoi interlocutori inducendoli a concludere ciò che lui non è capace di negare.

Mario Alessi: “Di lasciarlo libero subito, subito… subito. Cioè… e che si presenti veramente davanti alla giustizia… e si assume le responsabilità”.

Mario Alessi: “Mi sento la coscienzaa… libera e pulita, libera e pulita”

“Mi sento la coscienzaa libera e pulita, libera e pulita” non è una negazione credibile, peraltro, un soggetto con un disturbo antisociale non si confronta mai con la propria coscienza, perché una coscienza, intesa in senso lato, non ce l’ha. Il fatto che Alessi ripeta gli aggettivi “libera e pulita” segnala un bisogno di convincere.

Mario Alessi: “Cioé, io non sarei capace de… di far male ad un bambino, assolutamente, assolutamente”.

“Cioé, io non sarei capace de… di far male ad un bambino, assolutamente, assolutamente” non è una negazione credibile.

“Io non ho ucciso Tommaso” sarebbe stata una negazione credibile.

Si noti la collocazione della pausa nella frase “io non sarei capace de… di far male ad un bambino”.

Si noti l’avverbio “assolutamente”, peraltro ripetuto due volte, che svela ancora una volta un bisogno di convincere.

Mario Alessi: “Il giorno che sarà liberato Tommaso, perché vedo che già sono abbastanza vicine, io darò una festa, riguardo cioè… a questa cioè… pena che sta passando quel bambino, io darò la festa”.

Mario Alessi: “Io in quel bar c’ero, ho preso un caffè e sono uscito fuori perché aspettavo una persona che dovevam parlare di lavoro e basta”

“e basta” è un modo di chiudere l’argomento, un argomento che evidentemente gli produce stress. La titolare del bar dichiarò agli inquirenti: “La sera in cui hanno rapito Tommaso me la ricordo benissimo: e proprio perché per circa un’ora, tra le 7 e venti e le 8 e un quarto,non è entrato nessuno. Tanto che mi sono messa a giocare con le macchinette, ma appena ho infilato il gettone è entrata una pattuglia dei carabinieri. Cercavano strada Casalbaroncolo, il numero 27”.

CONCLUSIONI

Alessi non ha negato in modo credibile né di aver rapito il piccolo Tommaso Onofri, né di averlo ucciso.

Nell’intervista del 29 marzo 2006, paragonando il piccolo Tommaso ad un angelo, ha rivelato involontariamente che il bambino era ormai morto.

Ha tentato di rappresentarsi come un “bravo ragazzo”.

Alessi ha poi mostrato di non potersi avvalere del cosiddetto “muro della verità” che è una potente ed impenetrabile barriera psicologica che posseggono coloro che dicono il vero e che gli permette di rispondere con poche parole perché non sentono il bisogno di convincere nessuno di niente.

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