I SOCIAL e il NONsilenzio ELETTORALE
Molti politici nazionali non lo rispettano. Fatto grave, specialmente quando il politico in questione è Salvini, a capo del ministero che ha il compito di vigilare sulla regolarità della propaganda elettorale.
I social e il (non) silenzio elettorale
Propaganda social
Molti politici nazionali non lo rispettano. Fatto grave, specialmente quando il politico in questione è Salvini, a capo del ministero che ha il compito di vigilare sulla regolarità della propaganda elettorale.
Il 2019 della politica italiana è iniziato con 3 tornate regionali che hanno riguardato, in ordine di tempo, Abruzzo, Sardegna e Basilicata. Elezioni che hanno sempre visto vittorioso il centrodestra, confermando soprattutto la forte ascesa politica del leader leghista Matteo Salvini.
In tutte queste occasioni si è riproposto un problema dell’attuale sistema politico: il non rispetto del silenzio elettorale sui social. La legge che regola la materia risale al 1956, ed è stata modificata numerose volte negli anni successivi. Ciò nonostante il testo non fa ancora chiari riferimenti a internet, e grazie a questa ambiguità i politici, nazionali e non, continuano a violare il silenzio elettorale nel giorno del voto.
Matteo Salvini è a capo dell’istituzione che deve vigilare sulla propaganda elettorale, ma lui stesso viola il silenzio elettorale.
È successo varie volte in questi mesi, soprattutto nelle elezione regionali appena menzionate. Un problema che ha coinvolto un po’ tutti, ma in maniera particolare candidati e politici della coalizione di centrodestra, uno su tutti Matteo Salvini. Il leader della Lega infatti ha utilizzato varie volte facebook e twitter per fare appelli al voto il giorno stesso dell’elezione. Un problema non da poco, considerando che Salvini è anche ministro dell’interno, l’istituzione pubblica che organizza le elezioni, e che monitora il loro svolgimento regolare.
Come funziona il silenzio elettorale
Le campagne elettorali sono normate da una serie di leggi, che ne assicurano il funzionamento e soprattutto la regolarità. Tra queste c’è anche la legge 212 del 1956, dedicata proprio alla disciplina della propaganda elettorale. Nei diversi articoli della norma vengono affrontati numerosi aspetti: dalle regole per l’affissione dei manifesti, alle multe per chi li distrugge. L’articolo 9 è dedicato proprio al silenzio elettorale:
Nel giorno precedente ed in quelli stabiliti per, le elezioni sono vietati i comizi e le riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, nonché la nuova affissione di stampati, giornali murali od altri o manifesti di propaganda o l’applicazione di striscioni, drappi o impianti luminosi. Nei giorni destinati alla votazione è vietata, altresì, ogni propaganda elettorale entro il raggio di 200 metri dall’ingresso delle sezioni elettorali.
- art. 9 – Legge 212 del 1956
La norma in questione è stata poi integrata con il decreto legge 807 del 1984, che espande il divieto di diffondere propaganda elettorale il giorno del voto anche alle emittenti radiotelevisive private. La logica dietro questa regola è che il cittadino, dopo aver ascoltato ed analizzato le proposte fatte dalle varie forze politiche candidate durante la campagna elettorale, possa riflettere serenamente sul voto che sta per esprimere.
Il problema però è abbastanza evidente, ed è anche normale visto l’anno in cui i testi sono stati prodotti: l’attuale principale mezzo di comunicazione per la politica italiana, internet, non viene mai citato direttamente dalla norma. Questo crea delle evidenti ambiguità, che potrebbero essere superate dal semplice buonsenso: se c’è un divieto di fare propaganda su qualsiasi mezzo di comunicazione, è chiaro che questo riguardi anche i social network.
Peccato però che questo collegamento non sia così evidente. Motivo per il quale prima delle scorse elezioni politiche l’autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), che ha lo specifico mandato in materia, aveva pubblicato chiare linee guide per evitare questi problemi:
La normativa vigente vieta di fatto ogni forma di propaganda elettorale (in tv e attraverso comizi pubblici) nel giorno del voto e in quello precedente. Sarebbe pertanto auspicabile che anche sulle piattaforme in questi due giorni fosse evitata, da parte dei soggetti politici, ogni forma di propaganda, per evitare di influenzare con pressioni indebite l’elettorato ancora indeciso. - Linee guide Agcom – politiche 2018
Chi non ha rispettato il silenzio elettorale
Da inizio anno si sono svolte 3 tornate elettorali, che hanno riguardato altrettanti regioni: Abruzzo (10 febbraio), Sardegna (24 febbraio) e Basilicata (24 marzo). Per analizzare la portata del problema abbiamo preso in considerazione i profili facebook e twitter dei 9 principali candidati (3 per tornata elettorale: centrodestra, centrosinistra e Movimento 5 stelle), come anche quelli dei leader dei 5 principali partiti nazionali: Lega (Matteo Salvini), Movimento 5 stelle (Luigi Di Maio), Partito Democratico (Martina e poi Zingaretti), Forza Italia (Silvio Berlusconi) e Fratelli d’Italia (Giorgia Meloni).
Per fare questo tipo di lavoro abbiamo differenziato post che erano dei semplici inviti al voto, da quelli che indicavano apertamente quale candidato scegliere e perché. È importante fare questa differenziazione, perché la prima tipologia di post, considerata da noi lecita, ha riguardato praticamente tutti i soggetti analizzati, dal centrosinistra al centrodestra passando per il Movimento 5 stelle.
Discorso diverso invece, soprattutto per la gravità, quando sono stati pubblicati post nel giorno del voto, invitando apertamente gli elettori a votare per un determinato candidato. Questo, quando è successo, è stato fatto principalmente dai 3 leader del centrodestra: Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni.
Nel giorno del voto in Sardegna per esempio (24 febbraio), sia Silvio Berlusconi che Giorgia Meloni hanno violato il silenzio elettorale, facendo un chiaro appello a votare per i propri partiti. Cosa che la leader di Fratelli d’Italia aveva anche fatto per il voto di inizio Febbraio in Abruzzo, e che il fondatore di Forza Italia ha fatto poi anche per le regionali in Basilicata. In due tornate elettorali su 3 quindi Berlusconi e Meloni hanno violato il silenzio elettorale.
Anche i vari candidati del centrodestra che hanno gareggiato, e vinto, durante le elezioni regionali del 2019 non sono stati da meno. Marco Marsilio (Fdi), ex senatore e attuale governatore dell’Abruzzo, ha utilizzato twitter per invitare i suoi elettori al voto. Appello fatto quando i seggi erano ancora aperti.
Unico esponente del centrosinistra per cui è stato possibile ricostruire violazioni del silenzio elettorale è stato Carlo Trerotola, candidato alla presidenza della regione Basilicata per la coalizione guidata dal Partito democratico. Nel giorno del voto l’esponente del centrosinistra ha fatto numerosi post su facebook, alcuni erano semplici inviti al voto, altri, per la precisione 6, erano evidentemente comunicazioni di propaganda elettorale.
Il caso Salvini
Attenzione particolare la merita sicuramente Matteo Salvini. Il leader della Lega ha violato il silenzio elettorale sia per le elezioni in Sardegna, sia per quelle in Basilicata. Come per i suoi due alleati, Berlusconi e Meloni, le violazioni sono state quindi in 2 delle 3 tornate regionali del 2019. Qui per esempio è stato pubblicato un video, nel giorno del voto, in cui si invitavano gli elettori a votare Lega.
Il problema però, quando si parla di Salvini, guadagna ulteriore peso. Il leader della Lega, oltre a svolgere l’incarico di vice presidente del consiglio, è anche ministro dell’interno. È alla luce di quest’incarico che emergono ulteriori questioni. Il dicastero è infatti quello responsabile per l’organizzazione delle tornate elettorali.
È compito infatti del ministero dell’interno, ed in particolare della direzione centrale dei servizi elettorali – incardinata nel Dipartimento per gli affari interni e territoriali – curare gli adempimenti preparatori ed organizzativi per lo svolgimento di tutte le consultazioni elettorali e referendarie. In particolare, e citiamo testualmente dal sito del ministero:
la struttura svolge la funzione di supporto giuridico e tecnico-organizzativo agli uffici elettorali delle prefetture e dei comuni sui procedimenti elettorali, sulla tenuta e revisione delle liste elettorali ed in materia di vigilanza sulla propaganda elettorale.
- Ministero dell’interno
Insomma Matteo Salvini è a capo dell’istituzione che deve vigilare sulla propaganda elettorale, ma lui stesso viola il silenzio elettorale.
Cosa si può fare
È chiaro che un problema c’è, e che in qualche modo va risolto.
Le questioni da affrontare sembrano essere principalmente due. La prima riguarda l’ennesima prova della profonda difficoltà dell’attuale squadra di governo di rispettare le istituzioni che rappresentano. Non è accettabile che un ministro non rispetti le regole che il suo stesso ministero deve implementare.
In vista delle elezioni europee, il parlamento deve approvare una legge per normare il silenzio elettorale anche sui social.
La seconda invece ci indica la chiara necessità di dover riempire il gap normativo attualmente in essere. Non è possibile che uno dei principali mezzi disponibili ad oggi per fare propaganda elettorale non sia incluso direttamente nelle norme che regolano le campagne elettorali. Un problema che, come abbiamo più volte raccontato, riguarda sia la propaganda social, che proprio il silenzio elettorale.
Con le elezioni europee che si avvicinano il parlamento ha ormai poco tempo per approvare nuove norme per meglio regolamentare la materia. Il tema deve diventare una priorità per camera e senato.
Europee, perché i tweet e i post di Salvini sui social non violano il silenzio elettorale
Salvini silenzio elettorale | Come di consueto, dalla mezzanotte di sabato 25 maggio è scattato il silenzio elettorale in vista delle imminenti elezioni europee di domenica 26 maggio.
Candidati e partiti politici sono tenuti quindi a rispettare le norme di legge che vietano sostanzialmente ogni forma di propaganda elettorale nelle due giornate antecedenti le competizioni elettorali. Sin dalle prime ore della mattinata di sabato 25 maggio, però, sui social ha iniziato a scatenarsi un’accesissima polemica che vede come protagonista il ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Decisamente avvezzo all’uso dei social, il segretario della Lega è stato nuovamente accusato di aver infranto il silenzio elettorale pubblicando post propagandistici su Twitter e Facebook.
Non è la prima volta che il leader del Carroccio finisce sul banco degli imputati con l’accusa di aver trasgredito alla normativa che regola il silenzio elettorale nei due giorni antecedenti le elezioni: già nei mesi scorsi, ad esempio in occasione delle Regionali in Sardegna e in Basilicata, il ministro dell’Interno agì allo stesso modo continuando a pubblicare sui suoi social post di propaganda elettorale e inviti al voto. Ma davvero Matteo Salvini ha infranto la legge? Anche sui social vale il silenzio elettorale
La risposta breve alla domanda è no, ma la questione è decisamente complicata e occorre spiegare nel dettaglio per quale motivo, nonostante le accuse mosse da molti parlamentari di opposizione, in realtà Matteo Salvini non ha infranto alcuna legge.
Salvini viola silenzio elettorale? Cosa dice la legge
A regolare l’esercizio della propaganda elettorale in Italia è la legge 212 del 1956 e nello specifico il periodo del cosiddetto “silenzio elettorale” è normato dall’articolo 9 della stessa, che recita: “Nel giorno precedente ed in quelli stabiliti per le elezioni sono vietati i comizi e le riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, nonché la nuova affissione di stampati, giornali murali od altri o manifesti di propaganda o l’applicazione di striscioni, drappi o impianti luminosi. Nei giorni destinati alla votazione è vietata, altresì, ogni propaganda elettorale entro il raggio di 200 metri dall’ingresso delle sezioni elettorali”.
La legge 212 pone dei paletti all’esercizio della propaganda elettorale nel periodo di silenzio elettorale e, in sostanza, vieta espressamente lo svolgersi di comizi e riunioni o l’affissione di manifesti, striscioni e simili. Per quale motivo? Semplice: la normativa venne introdotta nel tentativo di tutelare da indebite pressioni quella parte di elettorato che, a ridosso delle elezioni, risulta ancora indecisa. Testo alla mano, la legge non cita né i social network né altri strumenti tecnologici come WhatsApp e Telegram che negli ultimi anni hanno preso sempre più piede in Italia finendo di fatto per diventare essenziali nell’ambito della comunicazione politica.
È più che ovvio che la legge 212 non si occupi di queste innovazioni tecnologiche e non provveda a normarle, essendo stata varata ben 63 anni fa. Proprio da qui nasce quel fraintendimento che ormai da anni ciclicamente porta allo scatenarsi di incessanti polemiche nei giorni di silenzio elettorale: da almeno sei anni a questa parte, le campagne elettorali si svolgono prevalentemente sui social e sul web ma le istituzioni non hanno mai provveduto ad aggiornare la normativa, creando quello che può essere definito un vuoto legislativo.
Non esistendo puntuali norme volte a regolare il silenzio elettorale su social network e web, i candidati o i partiti politici che si avvalgono di questi strumenti per continuare la campagna elettorale anche nei giorni in cui, teoricamente, non dovrebbe proseguire, non violano alcuna legge.
Complici proprio le incessanti e cicliche polemiche che a ogni tornata elettorale si scatenano, nel maggio di quest’anno l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) ha cercato di mettere a punto delle “linee guida” per l’esercizio della propaganda elettorale sui social network. All’articolo 8 si legge: “La normativa vigente vieta di fatto ogni forma di propaganda elettorale (in tv e attraverso comizi pubblici) nel giorno del voto e in quello precedente. Sebbene l’Autorità non sia competente a conoscere delle fattispecie di violazione del Silenzio elettorale, ritiene particolarmente importante richiamare l’attenzione su queste disposizioni che si fondano su principi strumentali a garantire una effettiva tutela dell’elettore e, come tali, validi per ogni mezzo di diffusione”.
In sostanza, per Agcom il silenzio elettorale nei due giorni che precedono le elezioni dovrebbe essere rispettato anche sui social network e sul web ma le linee guida varate proprio in occasione delle Europee 2019 non hanno “forza di legge” non essendo l’Autorità competente in materia e quindi i candidati, come Matteo Salvini, che diffondono anche in queste due giornate materiale di propaganda elettorale sul web di fatto non infrangono alcuna legge semplicemente perché a distanza ormai di anni dall’avvento di questi strumenti nell’ambito della comunicazione politica, ancora non esiste alcun dispositivo di legge che ne regoli l’utilizzo.