Guerra tra toghe, l’attacco dei penalisti: «Ora il Csm va cambiato, troppi accordi con la politica»
Secondo il presidente dell’Unione Camere Penali Italiane, Gian Domenico Caiazza, bisogna «portare in parità il numero di membri togati e laici per spezzare il dominio delle correnti della magistratura»
Secondo il presidente dell’Unione Camere Penali Italiane, Gian Domenico Caiazza, bisogna «portare in parità il numero di membri togati e laici per spezzare il dominio delle correnti della magistratura»
3 Giugno 2019 – 21:07 di Angela Gennaro su OPEN
È attesa per il Plenum straordinario al Consiglio Superiore della Magistratura convocato per stamattina, martedì 4 giugno, a Roma, dopo che una vera e propria bufera si è scatenata sulla magistratura. Al centro, la vicenda procure che ha coinvolto diversi magistrati, a partire da Luca Palamara, ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati e uomo forte di Unicost, la corrente centrista delle toghe, coinvolto nell’inchiesta di Perugia per presunta corruzione: per lui il Csm attiverà i probiviri. Una tempesta dimostrata anche dal fatto che nella serata del 3 giugno il vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, David Ermini, è salito al Quirinale dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il Plenum del Csm dovrà prendere atto delle dimissioni del consigliere Luigi Spina, capogruppo di Unicost indagato a Perugia per favoreggiamento personale e rivelazione di segreto d’ufficio, dimessosi venerdì da Palazzo dei Marescialli. Secondo indiscrezioni, al momento la presenza del capo dello Stato – che per Costituzione è presidente di diritto del Csm – non è in programma contrariamente alle informazioni circolate nei giorni scorsi. «Ovviamente prescindiamo da ogni valutazione sui fatti di responsabilità penale ipotizzata a carico di questo o di quello», dice a Open il presidente dell’Unione Camere Penali Italiane Gian Domenico Caiazza. «Ma qui si scopre l’acqua calda». In che senso? «Attorno alle nomine degli uffici giudiziari di procura si scatena da sempre una tempesta proporzionata alla dimensione e all’importanza politica dell’ufficio in questione. Perché l’esercizio dell’azione penale è, nei fatti, un potere politico».
L’azione penale è obbligatoria. «Astrattamente obbligatoria. Ma, come sappiamo tutti, è in realtà da tempo discrezionale perché è impossibile gestirla secondo criteri di obbligatorietà. Quindi ci sono scelte di priorità. E intorno alle scelte di una Procura si consumano scontri durissimi. Si viene a patti con la politica parlamentare – e allora ecco gli incontri con il parlamentare Tizio, Caio e Sempronio. Per Roma, ora che il procuratore capo Giuseppe Pignatone è andato in pensione, si parla di continuità o non continuità con la sua gestione. Noi invitiamo a riflettere: che cosa significa? Ovviamente si fa riferimento a un’impostazione politica. Quindi stiamo scoprendo l’acqua calda» Come Unione Camere Penali Italiane che proposte avete? «Se vogliamo risolvere questa questione dobbiamo riformare l’ordinamento giudiziario. Adesso faranno riunioni e prenderanno impegni solenni. Ma se non si chiarisce chi debba decidere le priorità nell’esercizio dell’azione penale, la situazione non si risolve. Non può essere lo stesso ufficio di Procura a farlo, perché non risponde a nessuno delle proprie scelte. Nella nostra proposta di riforma costituzionale diciamo che l’obbligatorietà dell’azione penale deve essere esercitata nei modi e nei casi previsti dalla legge: cioè che sia il Parlamento a decidere le priorità ogni anno, attraverso un provvedimento legislativo. Perché risponde all’elettorato: se la scelta delle priorità non va bene, la maggioranza viene mandata a casa dopo cinque anni. È un contributo di chiarezza fondamentale, nell’amministrazione della giustizia. Altrimenti si dica chiaramente cosa vuol dire “continuità con Pignatone”»
Per Roma si parla dell’attuale procuratore di Firenze, Marcello Viola, o del capo della procura di Palermo Francesco Lo Voi. «Ecco: cosa garantisce Viola rispetto a Lovoi, per esempio? E viceversa. Parliamo di qualità professionale? O stiamo parlando evidentemente di orientamenti culturali o politici? Questo è l’equivoco o l’ipocrisia. Perché uno scontro di questa virulenza, con indagini penali fatte esplodere puntualmente?». Ha ancora senso che sia il Csm a fare le nomine? «Che le nomine le debba fare il Csm non è certamente in discussione. Noi immaginiamo di portare in parità il numero di membri togati e laici per spezzare il dominio correntizio».
Oggi del Csm fanno parte 24 consiglieri elettivi, di cui 8 laici e 16 togati.
«Ecco. Se hai 50 e 50, invece, è più difficile che si faccia il bilancino millimetrico tra le varie correnti della magistratura. Come sa, non si fanno mai le nomine negli uffici nel momento in cui si devono fare. Ma si accumulano cinque, sei, sette uffici per poter poi distribuire i posti tra le varie correnti. A chi Roma, a chi Perugia. Se noi portiamo fuori dall’incontrollabilità la fissazione delle priorità nell’esercizio dell’azione penale sarà un po’ più difficile dover e poter immaginare orientamenti politici decisi da questa o quella corrente della magistratura. Quindi, certamente deve essere il Csm a fare le nomine, ma riformato nella sua composizione. E poi noi siamo per la separazione delle carriere». Come influirebbe la separazione delle carriere? «In modo decisivo. Abbiamo fatto notare che questi scontri terribili avvengono solo per gli uffici di procura, mai per una presidenza di tribunale o Corte d’Appello. Perché il potere sta lì. Tanto è vero che i presidenti dell’Associazione Nazionale Magistrati sono da 20 anni tutti pubblici ministeri, che rappresentano però solo il 20% dell’elettorato. Perché? Perché lì c’è il vero potere politico dell’esercizio dell’azione penale. Dobbiamo intervenire su chi sceglie le priorità e portarle in mano al Parlamento. E riformare il sistema elettorale del Csm, aumentando la componente laica: queste sono alcune risposte possibili».
In copertina il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della seduta di insediamento del Consiglio Superiore della Magistratura nella nuova composizione, Roma, 25 settembre 2018. Ansa/Ufficio Stampa Quirinale
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