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POTENZA Capoluogo al BALLOTTAGGIO: Prima gli ultimi è un cambiamento di prospettiva che molti fingono di non capire

Partire dagli ultimi significa avere un’idea di giustizia e di bellezza che rende le città comunità di persone e non un luogo di violenza, sopraffazione, indifferenza.

la Vignetta di GIULIO LAURENZI

di Rosario Gigliotti

Prima gli ultimi è un cambiamento di prospettiva che molti fingono di non capire. Qualcuno pensa che sarebbe più giusto dire prima tutti. Qualcun altro dice prima gli italiani.

Ma da chi deve partire un buon amministratore se non dalle persone che non ce la fanno, dalle persone con disabilità e dalle loro famiglie abbandonate a se stesse, dagli anziani soli, dai precari, da chi è privato dei diritti più elementari? Partire dagli ultimi significa avere un’idea di giustizia e di bellezza che rende le città comunità di persone e non un luogo di violenza, sopraffazione, indifferenza.

Questo forse potrà non piacere a chi ha sempre avuto un’idea padronale e predatoria della nostra città, con i risultati che vediamo. Una città in cui ci fosse sempre un don di fronte a cui togliersi il cappello, di fronte a cui inginocchiarsi per chiedere un favore. Ma come si fa a non capire che partire dagli ultimi è la migliore garanzia che a nessuno verranno voltate le spalle?

Qualcuno pensa che sia retorica. Io invece credo che sia una scelta di campo, un impegno per ciascuno di noi. Qualcuno parla dei migranti come di privilegiati trattati da re in alberghi 5stelle, dimenticando di guardare le sofferenze e le tragedie nascoste dietro quegli occhi. Io invece in quegli occhi vedo mio nonno sedicenne in America, con le sue paure e il suo carico di speranze, a cui qualcuno ha dato la possibilità di lavorare (nelle mie miniere di carbone). Non mi sfugge il fatto che uomini e donne tenuti per mesi a non fare nulla, possano indurre rabbia e paure. Ma non dimentico che quelle donne e quegli uomini vengono da lunghi viaggi e portano con sé una voglia di vivere, imparare, lavorare che viene annichilite da una finta accoglienza, che ti toglie l’anima, che spegne la luce in quegli occhi, prima di ributtarli ai margini, nelle discariche umane della nostra società.

E allora meglio che muoiano prima,nelle lunghe traversate nel deserto, nei campi di sterminio libico, nel mar Mediterraneo….. Come non capire che dire prima gli italiani significa che ci sarà sempre qualcuno che viene prima, e qualcun altro che può aspettare, un posto di lavoro, una parola, o semplicemente uno sguardo.

Io non la voglio una città così. Non è così la mia città. La conosco. È quella in cui i pazzi erano amici nostri. I deboli erano amici nostri. Ma i primi ci hanno insegnato che i diritti si dovevano mendicare, che neanche il voto ci apparteneva. Adesso, invece, ci dicono che i primi siamo noi e non perché quei diritti sono finalmente diventati tali, anzi ritornano i baciamano, più di prima, ma perché c’è qualcuno che deve implorarmi. Anch’io sono un don. Perché c’è uno sguardo implorante a cui puoi dire di no o elargire un po’ della tua compassione.

Io voglio una città che sappia partire dagli ultimi, perché sia finalmente il luogo bello e umano che abbiamo sempre desiderato, in cui le cose normali siano la regola, in cui i sogni siano non solo consentiti, ma anche accompagnati e sostenuti affinché si trasformino in progetti concreti. Io voglio una città in cui il grigiore e la rassegnazione non trovino più spazio. Io voglio la mia città, con la sua storia eretica e ribelle, ma anche capace di guardare al futuro.

Vorrei dire ai tanti che credono di salvarsi chiudendosi, proteggendosi, che le solitudini e la rassegnazione le conosciamo già. I primi hanno le loro vacanze e i loro progetti altrove. Sono già fuggiti con il bottino.

E noi non siamo i primi, ma gli ultimi murati nelle nostre case, quando le abbiamo… o piccoli borghesi che fanno fatica a sostenere le aspirazioni di vita dei propri figli. Io non la voglio una città così.

Il giardino degli ultimi è la città più moderna che c’è, perché è una città che non ha paura e che rinasce dalla bellezza.

È una città che rinasce dagli abbracci veri che ho conosciuto in questa città, la mia città.

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