Il Golfo dei sabotaggi. Petroliere silurate, schizza il prezzo del petrolio
Due petroliere in fiamme nell’area del Golfo, al largo dell’Oman. Una è la Altair, battente bandiera delle Isole Marshall. L’altra è la Kokuka, battente bandiera di Panama
I Lavoratori “invisibili” dell’Oil&Gas
“Un terzo di tutto il petrolio commerciato via mare passa attraverso lo Stretto di Hormuz, che dà sul Golfo Persico.È anche la strada per tutte le esportazioni di gas naturale liquefatto del Qatar, pari a circa il 30% del commercio globale di Gnl. Se passare quello stretto diventa un problema, hai voglia a far girar pale”
Il Golfo dei sabotaggi. E dei siluri. Due petroliere in fiamme nell’area del Golfo, al largo dell’Oman. Una è la Altair, battente bandiera delle Isole Marshall. L’altra è la Kokuka, battente bandiera di Panama. Gli equipaggi sono stati evacuati. In loro assistenza due navi americane della Quinta Flotta che ha base in Bahrein. La Front Altair trasportava 75mila tonnellate di nafta quando, accusa, è stata colpita “da un siluro intorno a mezzogiorno ora di Taiwan”. Lo ha riferito a Reuters Wu I-Fang, della compagnia di raffinamento petrolifero statale CPC Corp di Taiwan. Almeno una delle due petroliere sarebbe stata “colpita da un siluro”: a confermarlo è il ministro del Commercio nipponico Hiroshige Seko aggiungendo che le due petroliere trasportavano carichi “collegati al Giappone”.
In questi giorni, il primo ministro giapponese Shinzo Abe si trova in visita in Iran. È un incontro storico, l’ultima volta che in premier aveva visitato il paese era il 1979. Il Giappone importa la quasi totalità dei suoi 3 milioni di barili giornalieri di petrolio greggio dai Paesi del Golfo, a partire dall’Arabia Saudita. Dopo lo stop dei flussi dall’Iran, a causa delle minacce di sanzioni dagli Usa, Tokyo ha aumentato le importazioni da altri produttori dell’area, come Emirati Arabi e Qatar. È arrivata subito la replica del ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif, che su Twitter ha scritto: “I riferiti attacchi contro cargo legati al Giappone sono avvenuti mentre il premier Abe stava incontrando l’ayatollah Ali Khamenei per colloqui approfonditi e amichevoli. Dire che è sospetto non è abbastanza per descrivere ciò che probabilmente è successo. Il dialogo regionale proposto dall’Iran è imperativo”. Almeno una delle due petroliere sarebbe stata “colpita da un siluro”: lo riporta anche il quotidiano britannico Telegraph, che cita la compagnia petrolifera statale taiwanese. La nave in questione è la Front Altair, di proprietà norvegese. La Quinta Flotta degli Stati Uniti, con base operativa in Bahrein, ha detto di aver ricevuto richieste di soccorso da parte delle petroliere alle 6:12 e alle 7 di mattina ora locale. La Altair, la prima a lanciare l’allarme, aveva caricato petrolio ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, per poi prendere il largo.
Secondo la compagnia di Taiwan Cpc Corporation, azienda che ha noleggiato la Front Altair, le imbarcazioni potrebbero essere state colpite da un siluro. Secondo fonti citate da Irna, le squadre iraniane di ricerca e salvataggio hanno portato in salvo i 44 marinai dalle due petroliere danneggiate e li hanno condotti al porto iraniano di Jask. Le navi si trovavano a circa 70 miglia nautiche da Al Fujairah e a circa 14 miglia nautiche dall’Iran. La tensione nella regione è molto alta, e nella giornata di ieri c’erano anche stati 26 feriti all’aeroporto saudita di Abha, 200 km a nord del confine con lo Yemen, colpito con un missile cruise di fabbricazione iraniana lanciato dagli Houthi yemeniti. Si tratterebbe di un Soumar, un derivato iraniano del missile russo KH-55. Il 12 maggio scorso, quattro petroliere al largo degli Emirati Arabi Uniti s Gli episodi odierni, seguono quelli del 12 maggio scorso, quando quattro petroliere – due saudite, una norvegese e una degli Emirati – furono sabotate nella stessa area, al largo di Fujairah, nello stesso mare che ha visto l’ingresso della portaerei americana Abraham Lincoln. Sia Riaydh, acerrima nemica di Teheran per la sfida nella regione, sia Washington accusarono l’Iran per quel sabotaggio, che precedette un attacco alle condutture petrolifere da parte dei ribelli Houthi dello Yemen, dove Arabia Saudita e Iran combattono da anni una guerra per procura. Stando a un report inviato da Abu Dhabi alle Nazioni Unite, quegli attacchi sarebbero frutto dell’opera di un “attore statale”.
Nel rapporto del 6 giugno si parlava di “operazione sofisticata e coordinata”. Il viceministro degli Esteri russo, Serghei Ryabkov, ha commentato l’incidente nel Golfo Persico chiedendo di mantenere la calma: “Vorrei mettere in guardia da conclusioni affrettate, da qualsiasi tentativo di addossare responsabilità a coloro che, come si dice, sono indesiderati a un certo numero di Paesi noti”. Il riferimento, ovviamente non può che essere all’Iran. “Di recente stiamo assistendo a un’intensificata campagna di pressioni politico-psicologiche e militari sull’Iran – ha commentato Ryabkov – Non vorremmo che gli eventi appena accaduti che sono tragici e che hanno scosso il mercato globale del petrolio, siano utilizzati in chiave anti-iraniana”. Quanto agli Usa, una nota della portavoce della Casa Bianca, Sarah Sanders, ha fatto capire che l’amministrazione americana sta Usa sia in fase di valutazione degli attacchi alle due petroliere nel Golfo di Oman. “Siamo a conoscenza delle notizie di un attacco alle navi nel Golfo di Oman. Il governo degli Stati Uniti fornisce assistenza e continuerà a valutare la situazione”. Meno prudente è il Pentagono; funzionari del ministero della Difesa statunitense hanno detto a Cbs news che è “molto probabile” che il responsabile sia l’Iran, Da Washington a Bruxelles.
L’Alta rappresentante per la politica estera Ue Federica Mogherini ha lanciato un appello a evitare “ogni provocazione” ed esercitare la “massima moderazione” per evitare escalation. “La regione – ha chiarito la portavoce Maja Kocijancic – non ha bisogno di ulteriori elementi di destabilizzazione e tensioni”. Il mondo “non può permettersi un conflitto generale nel Golfo”, gli fa eco il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. Il numero uno del Palazzo di Vetro ha condannato fermamente quelli che ha definito “incidenti di sicurezza”. Intanto, questa mattina il prezzo del petrolio è salito vertiginosamente, toccando i 52,43 dollari al barile per il Wti e 61.65 per l’indice Brent, segno evidente di quanto sia cruciale l’area interessata per le forniture energetiche. Un terzo di tutto il petrolio commerciato via mare passa per quel braccio di mare, che dà sul Golfo Persico. “L’Eia (Energy Information Administration, ndr) prevede che la produzione totale del cartello petrolifero dell’Opec nel 2020 sarà di 29,8 milioni di barili al giorno, di cui 18 milioni dovranno passare attraverso Hormuz, lo snodo più importante al mondo, che permette il trasporto via mare del 30% del greggio e di altri liquidi.
È anche la strada per tutte le esportazioni di gas naturale liquefatto del Qatar, pari a circa il 30% del commercio globale di Gnl. Gli altri passaggi strategici, Canale di Suez e Bab el-Mandeb, impallidiscono a confronto”, sottolinea Nitesh Shah, direttore della ricerca di WisdomTree. “Ciò potrebbe allontanare il petrolio dal mercato ribassista in cui si è trovato nelle ultime settimane. I mercati si sono concentrati sull’aumento delle scorte statunitensi e sulle minacce alla domanda derivanti dalle guerre commerciali e hanno invece ignorato le minacce che riguardano l’offerta”, ha aggiunto l’esperto. ”È invece chiaro che la continuità della disponibilità delle scorte non deve mai essere data per scontata. Con il perdurare delle sanzioni statunitensi sull’Iran, riteniamo che i prezzi del petrolio, in particolare del Brent, che viene scambiato come benchmark internazionale, aumenteranno”, prevede Shah. Una ragione molto concreta, e allarmante, per la nostra bolletta energetica, che porta a guardare con allarme a ciò che si sta consumando nel “Golfo dei sabotaggi”.