MORTE DI MARIA UNGUREANU, CRIMINOLOGA FRANCO: TRE ANNI DI INDAGINI PER TRE REATI, LA VIOLENZA SESSUALE, L’OMISSIONE DI SOCCORSO E LA FALSA TESTIMONIANZA
L’avvocato Salvatore Verrillo, difensore di Daniel Ciocan, ha recentemente presentato un’istanza di avocazione dell’inchiesta sulla morte di Maria Ungureanu alla Procura generale di Napoli. Secondo l’avvocato Verrillo, infatti, la procura di Benevento ha disatteso in parte l’invito del GIP Cusani e quello del Tribunale del Riesame di Napoli a focalizzare sui genitori di Maria, e per questo motivo ha chiesto alla Procura generale di avocare a sé l’inchiesta. Del team difensivo di Daniel Ciocan fanno parte il medico legale Fernando Panarese e la criminologa Ursula Franco, alla quale abbiamo posto alcune domande.
MORTE DI MARIA UNGUREANU, CRIMINOLOGA FRANCO: TRE ANNI DI INDAGINI PER TRE REATI, LA VIOLENZA SESSUALE, L’OMISSIONE DI SOCCORSO E LA FALSA TESTIMONIANZA
Il 19 giugno di 3 anni fa, Maria Ungureanu, 9 anni, è stata trovata senza vita nella piscina di un casale di San Salvatore Telesino, sul suo corpo i medici legali hanno riscontrati gli esiti di violenze sessuali croniche. Da 3 anni la Procura di Benevento indaga su Daniel Ciocan. Dal giugno 2016 al gennaio 2016, Daniel e Cristina Ciocan sono stati indagati dalla procura di Benevento rispettivamente, per violenza sessuale e omicidio, e per omicidio. Nel gennaio 2019 la procura ha richiesto l’archiviazione per i due fratelli e la posizione di Cristina, che quella sera era in compagnia del fratello, è stata stralciata. Sempre nel gennaio scorso, il GIP Flavio Cusani ha imposto alla procura di Benevento il prosieguo dell’attività investigativa per altri sei mesi e l’iscrizione nel registro degli indagati dei genitori di Maria, Marius e Andrea Elena Ungureanu. I coniugi Ungureanu sono difesi dall’avvocato Fabrizio Gallo e dall’avvocatessa Serena Gasperini, i cui consulenti sono la famosa biologa Marina Baldi e la ancor più famosa psicologa Roberta Bruzzone.
L’avvocato Salvatore Verrillo, difensore di Daniel Ciocan, ha recentemente presentato un’istanza di avocazione dell’inchiesta sulla morte di Maria Ungureanu alla Procura generale di Napoli. Secondo l’avvocato Verrillo, infatti, la procura di Benevento ha disatteso in parte l’invito del GIP Cusani e quello del Tribunale del Riesame di Napoli a focalizzare sui genitori di Maria, e per questo motivo ha chiesto alla Procura generale di avocare a sé l’inchiesta. Del team difensivo di Daniel Ciocan fanno parte il medico legale Fernando Panarese e la criminologa Ursula Franco, alla quale abbiamo posto alcune domande.
- Dottoressa Franco, ormai da tre anni, lei sostiene che, non solo le violenze che Maria subiva nulla hanno a che fare con la sua morte, che è stata accidentale, ma anche che il nome dell’autore degli abusi sessuali è agli atti da quasi tre anni, non è vero?
Certamente, già nel luglio 2016, i RIS di Roma hanno isolato lo sperma di Marius Ungureanu su una maglietta in uso esclusivo a Maria e sulla coperta del suo lettino. Il passare del tempo e la calura estiva non faranno evaporare questa risultanza. Peraltro, proprio in merito alla posizione dei genitori di Maria Ungureanu, si sono espressi nel giugno 2016 i giudici del Tribunale del Riesame di Napoli: “sospetti molto inquietanti gravano proprio sui genitori della bambina, almeno per ciò che concerne gli abusi sessuali”, e, nel dicembre 2017, quelli della Cassazione: “(…) omissione da parte del PM della valutazione probatoria in relazione all’accertata presenza di liquido seminale del padre della vittima sulla maglietta/reperto 27 (…) che anzi sospetti molto inquietanti gravano proprio sui genitori della bambina, almeno per quanto concerne gli abusi sessuali (…) come fossero state trascurate importanti ipotesi investigative e come ci si fosse fidati senza alcun controllo delle dichiarazioni rese da Marius Ungureanu, pur a fronte di elementi preoccupanti quali le tracce di sperma appartenenti al predetto rinvenute su una maglietta e su una copertina sequestrate e il tenore di alcune conversazioni registrate (…)”.
- I giudici della Cassazione si sono espressi pure sulla posizione di Daniel Ciocan.
Certamente, hanno sostenuto, evidentemente inascoltati, che “il pregiudizio aveva ispirato l’indagine e che un “colpevole” era stato suggerito fin dall’inizio dalla madre della bambina che aveva espresso labili sospetti sul Ciocan”
L’avvocato Salvatore Nicola Verrillo, legale di Daniel Ciocan, durante l’udienza dell’8 aprile 2019, relativa alla riesumazione dei resti di Maria, si era detto contrario: “I periti hanno confermato quanto io ho evidenziato al giudice Giuliano: dopo tre anni la riesumazione non serve a nulla, né per stabilire l’ora della morte, né in relazione ad altre circostanze. Un no, il mio, motivato anche dalla pietà umana e dal rispetto che si deve alla bimba”, dottoressa Franco, che può dirci?
Sono d’accordo con l’avvocato Verrillo, provano le violenze lo stato degli organi, le infezioni che la bambina aveva al momento del decesso e moltissime intercettazioni, pertanto, da questo punto di vista non c’è più nulla da scoprire. Riguardo alla causa di morte, dei tre medici legali che si sono già pronunciati sul caso, nessuno ha mai sostenuto che la bambina sia stata uccisa, anzi, nel giugno 2018, il professor Francesco Introna ha escluso l’omicidio e, proprio in seguito alla sua consulenza, la Procura di Benevento ha chiesto l’archiviazione per i fratelli Ciocan. Sono tre i reati in questo caso giudiziario, la violenza sessuale, l’omissione di soccorso e la falsa testimonianza, gli ultimi due sono stati commessi dall’amica con cui Maria si trovava al momento dell’annegamento.
- Nel gennaio 2019, l’ex giudice del Tribunale del Riesame di Napoli, Nicola Quatrano, che si espresse sul caso nel giugno 2018, in merito alla causa di morte di Maria, ha dichiarato: “Non è successo quello che la Procura di Benevento riteneva fosse successo” e riguardo alle violenze sessuali che la bambina subiva: “Era un aspetto della questione che non è stato approfondito in quest’ansia di trovare degli elementi di prova contro le persone che si era deciso fossero colpevoli”
Parole sagge di un giudice di grado superiore ma che, evidentemente e inspiegabilmente, non hanno fatto breccia in procura.
– Dottoressa Franco, glielo chiedo ancora una volta, cosa c’è ancora da scoprire in questo caso giudiziario?
Non c’è più nulla da scoprire. E’ ormai un caso chiuso. La verità è negli atti d’indagine e nelle motivazioni delle sentenze del Riesame e della Cassazione. Nella mia consulenza, datata 27 marzo 2017, ci sono il nome di chi abusava della bambina e quello della ragazzina che si trovava con Maria la sera che affogò. Per quanto riguarda il povero Daniel, non solo non è suo lo sperma trovato sulla maglietta in uso esclusivo a Maria e sulla coperta del suo lettino, ma il Ciocan non incontrò più la Ungureanu dopo averla accompagnata a casa intorno alle 20.00 del 19 giugno 2016, né si trovava a San Salvatore Telesino quando la bambina affogò, le analisi effettuate sulle celle telefoniche e sul GPS parlano chiaro, Daniel era a Castelvenere.
- Dottoressa Franco, sulla stampa spazzatura ne abbiamo lette di tutti i colori, ne abbiamo sentite delle belle anche in televisione, ma, soprattutto, si è toccato il fondo quando un giornaletto ha pubblicato la foto del cadavere della bambina per muovere l’opinione pubblica contro Daniel Ciocan.
Il processo mediatico è l’arma di chi tenta di riscrivere i fatti già accaduti perché si trova dalla parte sbagliata, ciò che più mi meraviglia non sono gli attori dello stesso, ma il silenzio delle istituzioni.
- Dottoressa Franco, cosa non ha funzionato in questo caso giudiziario?
Ad un mese dalla morte di Maria, c’è stato un corto circuito nelle indagini, il corto circuito ha coinciso con il momento in cui i RIS hanno isolato lo sperma del padre di Maria sulla sua maglietta e sulla coperta del suo lettino. Questo dato estremamente sensibile in un’indagine per violenza sessuale avrebbe dovuto illuminare il pubblico ministero, fermo restando che è a tutti noto che la maggior parte degli abusi sessuali sui minori si consumano in famiglia. Peraltro, gli inquirenti potevano contare anche su intercettazioni incriminanti tra i coniugi Ungureanu. Il fatto che la procura non abbia cambiato rotta non appena i RIS hanno trovato lo sperma di Marius Ungureanu sulla maglietta della bambina e sulla sua coperta è la prova che gli stessi cercavano conferme alla loro ricostruzione, conferme mai ottenute. Questo modo di lavorare è la prima causa di errore giudiziario ed in termini tecnici si chiama “tunnel vision”. In sintesi, la “tunnel vision” è un pregiudizio cognitivo che a volte colpisce gli inquirenti nelle prime fasi delle indagini ed è rappresentabile come una visione centrale ristretta. La mancanza di una visione periferica induce a ritenere che i fatti esaminati abbiano un’unica spiegazione e nonostante nulla conforti l’ipotesi di partenza, chi ne è affetto continua ad indagare a senso unico, sottovalutando, disgregando, ignorando o sopprimendo i dati che non sono di supporto alla propria visione dei fatti e sopravvalutando invece eventuali informazioni di sostegno alla propria ipotesi anche se irrilevanti o inaffidabili.
- Dottoressa Franco, vuole aggiungere qualcosa?
Non solo il nome dell’autore delle violenze che la bambina subiva da tempo è agli atti, senza se e senza ma, ma, purtroppo, è libero di reiterare da tre lunghi anni.