CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: LA FAMIGLIA DI MEREDITH KERCHER NON HA AVUTO GIUSTIZIA
Solo chi aveva commesso l’omicidio e possedeva le chiavi di casa aveva motivo di simulare un furto nel tentativo di far credere che al furto fosse seguito un omicidio ad opera di un estraneo entrato da una finestra.
CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: LA FAMIGLIA DI MEREDITH KERCHER NON HA AVUTO GIUSTIZIA
Solo chi aveva commesso l’omicidio e possedeva le chiavi di casa aveva motivo di simulare un furto nel tentativo di far credere che al furto fosse seguito un omicidio ad opera di un estraneo entrato da una finestra.
Amanda Knox ha partecipato ad un festival organizzato dalla Camera Penale di Modena e da Innocence Project Italia, abbiamo intervistato in merito la criminologa Ursula Franco che da anni si occupa di errori giudiziari.
- Il celebre avvocato americano, professore alla Harvard University, Alan Dershowitz, su Amanda Knox ha detto: “La mia convinzione è frutto di un attento esame del caso. Le prove circostanziali a suo carico sono sufficienti per provarne la colpevolezza. Non siamo di fronte a un omicidio premeditato ma a un delitto impulsivo: un raptus causato da un’orgia a base di sesso, droga e alcol. Sul caso Knox esiste una spaccatura tra ambienti giudiziari colpevolisti e opinione pubblica universalmente innocentista. Tutti gli avvocati e giudici che conosco hanno un’opinione ben diversa sul caso rispetto all’americano della strada che guarda solo il suo volto angelico e crede ai reportage della tv Usa, superficiale e di parte”, dottoressa Franco, secondo lei, la Knox, è vittima di un errore giudiziario?
Paradossalmente lo è, nel senso che è stata assolta per un omicidio da lei commesso in concorso. Voglio invitarla a notare che il professor Dershowitz non si fa problemi a rivelare il proprio convincimento sul caso Kercher, in America c’è libertà di parola, qui no, in Italia querelano gli esperti per intimorirli allo scopo di insabbiare la verità.
- Perché non può essere stato il solo Rudy Guede ad uccidere Meredith?
Perché l’assenza di lesioni da difesa sul corpo di Meredith, senza altre ragioni che ne giustificassero una minorata difesa, come una eventuale intossicazione alcolica, è la prova che durante l’aggressione intervennero più soggetti che, agendo in contemporanea, limitarono i movimenti della vittima, ma, soprattutto, la scena del crimine fu oggetto di staging. Il simulato furto nella stanza di una delle coinquiline di Meredith è uno dei punti cruciali di questo caso. Chi commette un reato, a volte, si prodiga nell’alterare una scena del crimine per allontanare da sé i sospetti. Lo “staging” circoscrive ai conoscenti la cerchia dei sospetti perché, logicamente, un estraneo non ha alcun interesse ad alterare una scena criminis. Chi uccise Meredith simulò un furto nella camera di Filomena Romanelli, una coinquilina, creò una situazione di evidente disordine e ruppe un vetro in una sequenza che fece emergere la messiscena, il finto disordine anticipò la rottura del vetro e non vi fu una effettiva attività di ricerca o di sottrazione di oggetti. Dalla casa furono asportati soltanto i telefonini della vittima e gettati in un giardino di via Sperandio, operazione architettata nell’intento di ritardare la scoperta del cadavere. I telefonini di Meredith smisero di agganciare la cella di via della pergola alle 0.10.31 del 2 novembre.
Infine, la scena del crimine fu ripulita. Rudy Guede, di sicuro, non si prodigò nello “staging” che non aveva alcuna ragione di mettere in scena non avendo un particolare legame con la vittima e, infatti, non vennero repertati segni della sua presenza nella stanza della Romanelli e, come risultò evidente dalle impronte insanguinate delle sue scarpe che andavano direttamente dalla camera della vittima alla porta principale, egli lasciò la casa subito dopo i fatti. Se Guede si fosse fermato ad alterare la scena del crimine, avrebbe tirato lo sciacquone del water dove aveva defecato e pulito le proprie impronte insanguinate, ma non avrebbe mai simulato un furto. Guede non aveva ragione di simulare un furto perché, avendo un precedente per lo stesso reato, avrebbe rischiato di accentrare l’attenzione su di sé, Rudy, infatti, non è stato condannato per lo “staging”, che è stato comunque riconosciuto nella sentenza ed attribuito ai concorrenti nel reato. La simulazione di furto aveva lo scopo di sviare i sospetti da chi fosse stato fornito delle chiavi del portone d’ingresso per essere un inquilino dell’appartamento e orientarli su qualcuno che non avesse tale disponibilità e che, pertanto, si sarebbe dovuto introdurre dalla finestra, tale circostanza portò giustamente gli inquirenti a sospettare di Amanda. La Knox, tra l’altro, a differenza di Guede, sapeva di poter avere il controllo della scena, la stessa, infatti, non temette di venir scoperta od interrotta in quanto era a conoscenza che le altre due coinquiline e gli occupanti del piano di sotto avrebbero dormito fuori quella notte ed agì quindi in tutta tranquillità.
- Dottoressa Franco, emerge qualcosa dall’analisi delle due telefonate di soccorso relative a questo caso?
Riguardo alle telefonate di soccorso, Raffaele Sollecito riferì all’operatore del 112 che nulla era stato portato via dall’appartamento, un’informazione non richiesta, ma, soprattutto, della quale Sollecito non poteva avere contezza. Solo chi aveva simulato il furto poteva sapere che non era stato asportato nulla dall’appartamento, un soggetto appena giunto in una casa, dove, peraltro, non abitava, non avrebbe potuto sapere che nulla era stato sottratto alle coinquiline, o nella stanza chiusa a chiave, e non avrebbe potuto saperlo neanche la Knox, visto che il disordine era in una camera non occupata da lei e che la porta della stanza di Meredith era chiusa. Inoltre, è anomalo e inaspettato il fatto che Raffaele abbia riferito della presenza di macchie di sangue solo dopo aver descritto uno scenario riconducibile ad un tentato furto. Nel momento in cui si scoprono delle macchie di sangue, vi è una porta chiusa ed una coinquilina non è rintracciabile, un tentato furto dovrebbe passare in secondo piano rispetto ad una possibile aggressione.
- Dottoressa Franco, che può dirci riguardo al memoriale di Amanda che comincia così “This is very strange, I know, but really what happened is as confusing to me as it is to everyone else (…)”?
È chiaro che quel memoriale è analizzabile perché non è contaminato e per questo motivo la inchioda alle sue responsabilità indicandoci senza ombra di dubbio il suo coinvolgimento in un omicidio sessuale. Purtroppo, però, nel nostro paese la Statement Analysis non trova ancora applicazione.
- Dottoressa Franco, che rischio c’è che Amanda reiteri?
Un rischio molto alto, i sociopatici, come lei, non imparano dall’esperienza. E, a parte il rischio che la Knox reiteri, è estremamente diseducativo permettere ad un soggetto come lei, che è capace di falsificare, di farsi portavoce delle vittime di errore giudiziario.
- Dottoressa Franco, ci ricorda alcuni casi in cui un soggetto non identificabile come serial killer abbia commesso almeno due omicidi?
Certamente, le faccio alcuni esempi. In Italia, Bruno Lorandi, nel 1986 ha ucciso suo figlio Christian, 10 anni, è stato accusato del suo omicidio, processato e assolto; nel 2007, Bruno Lorandi ha reiterato uccidendo sua moglie Clara Bugna, 53 anni, madre di Christian, in quest’ultimo caso è stato processato e condannato all’ergastolo. Alessandro Cozzi, nel 1998 ha ucciso Alfredo Cappelletti, è stato indagato, ma non rinviato a giudizio; nel 2011, Cozzi è stato indagato e processato per un secondo omicidio, quello di Ettore Vitiello. Nel 2012, il caso Cappelletti è stato riaperto, Cozzi rinviato a giudizio e condannato all’ergastolo per omicidio premeditato (nel 2017, 19 anni dopo il delitto). In USA, Barton Corbin, un dentista dello Stato della Georgia, ha avuto la possibilità di uccidere sua moglie Jennifer nel 2004, 14 anni dopo l’omicidio di una sua ex fidanzata, Dorothy Hearn, in quanto, in seguito ad indagini superficiali, non è stato condannato per il primo omicidio. Vale lo stesso per il pastore Arthur Schirmer, Schirmer ha ucciso due delle sue mogli, Jewel e Betty Jean, la prima nel 1999, la seconda nel 2008.
- Dottoressa Franco, vuole aggiungere qualcosa?
Non solo la famiglia di Meredith Kercher non ha avuto giustizia ma la Knox continua ad insultare pubblicamente la memoria di Meredith speculando su un omicidio da lei commesso e per il quale è stata inspiegabilmente assolta.
Voglio anche dirle che non c’è differenza tra la condanna di un innocente da parte di un giudice e la scarcerazione di un colpevole attraverso Innocence Project USA, perché i danni che fa Innocence Project USA alle famiglie delle vittime, a inquirenti, consulenti e giudici non sono da meno di quelli che fa, agli stessi attori di un caso giudiziario, un giudice che condanni un soggetto estraneo ai fatti.
Un esempio: Martin Tankleff e Noura Jackson sono colpevoli come lo sono molti dei clienti di Innocence Project USA, un’associazione che è ormai un big business e per la quale la verità non è la priorità.