SUICIDIO di LUCIANA FANTATO, Criminologa URSULA FRANCO DOV’ERANO I SERVIZI SOCIALI ?
Il 23 giugno, in un’area golenale del torrente Terdoppio nel comune di Alagna Lomellina (Pavia) sono stati ritrovati quelli che con tutta probabilità sono i suoi resti, il torrente scorre infatti anche nell’abitato di Gambolò
Luciana Fantato si è allontanata dalla casa di Gambolò dove viveva con la suocera, il marito ed i due figli, il 10 novembre 2017
Il 23 giugno, in un’area golenale del torrente Terdoppio nel comune di Alagna Lomellina (Pavia) sono stati ritrovati quelli che con tutta probabilità sono i suoi resti, il torrente scorre infatti anche nell’abitato di Gambolò.
Il marito della Fantato, Pierino Marcantognini, è noto al pubblico della trasmissione Chi l’ha visto? per la sua mania di accumulare oggetti.
Ne abbiamo parlato con la criminologa Ursula Franco
- Dottoressa Franco, cosa ha spinto la Fantato al suicidio?
Un insieme di fattori, tra questi il disturbo da accumulo del marito che le impediva ormai di condurre una vita normale.
- Ci spiega in cosa consiste questo disturbo?
Il disturbo da accumulo compulsivo o disposofobia è una patologia caratterizzata dalla tendenza a raccogliere e accumulare oggetti “che un giorno potrebbero servire”. Nel caso in specie, il Marcantognini ha invaso la casa soprattutto di giornali ed il cortile di ferraglia riducendo drasticamente gli spazi abitativi e impedendone la pulizia. È chiaro che una situazione del genere non può che aver innescato un conflitto tra Pierino ed i suoi familiari che sono stati costretti a vivere in una specie di discarica che ne ha perfino limitato le relazioni sociali.
- Quanto è diffuso questo disturbo?
Dal 2 al 5% della popolazione è affetto da disposofobia, ma non sempre la forma è così grave come nel caso di Pierino Marcantognini.
- Dottoressa, si poteva fare qualcosa per Luciana e i suoi figli?
Ci si poteva provare, è naturale chiedersi il perché i servizi sociali non abbiano aiutato questa famiglia posto che le condizioni in cui viveva erano visibili anche dall’esterno.
- Recentemente i cosiddetti salvagenti sociali ci sono parsi latitanti.
È una triste verità, vale per Giuseppe Dorice, il bambino ucciso dal patrigno nel Napoletano, una vittima di maltrattamenti che datavano da tempo e che erano noti alle insegnanti; e vale anche per la povera Maria Ungureanu, una vittima di violenze sessuali croniche. Maria “veniva appellata capra lebbrosa da diversi compagni di classe” a causa del suo cattivo odore e, secondo un’insegnante di sostegno, “mentre era a scuola la bambina a volte aveva dei mal di pancia talmente forti che si piegava più volte e si teneva il basso ventre”