Sea Watch, il padre della “capitana” “Non impari l’italiano nelle vostre galere…”
Sea Watch, il padre della “capitana” “Non impari l’italiano nelle vostre galere…” Il papà di Carola Rackete difende la figlia
Sea Watch, il padre della “capitana” “Non impari l’italiano nelle vostre galere…”
Il papà di Carola Rackete difende la figlia che è nel bel mezzo di un braccio di ferro con il governo italiano
Adesso la famiglia di Carola Rackete, la comandante che da qualche giorno sta sfidando il governo con la Sea Watch, rompe il silenzio e difende la figlia.
Al Corriere della Sera parla il padre di Carola che spiega cosa sta facendo la figlia a poche miglia nautiche dal porto di Lampedusa: “Si possono non condividere i modi di Carola, ma sta facendo la cosa giusta. Quello che sta facendo esprime pienamente il suo carattere, Carola fa sempre quello che ritiene giusto”. Poi il padre di Carola, ingegnere militare in pensione, con una battuta amara prova a scongiurare il rischio di una condanna per la figlia: “Carola parla cinque lingue e conosce anche un po’ di italiano, speriamo solo che non abbia il modo di perfezionarlo in qualche vostro carcere”. Poi parla del passato di Carola, sempre in giro per il mondo: “Quando era più piccola ha girato tutto il Sudamerica in autostop. È stata in Antartide e al Polo Nord, ha fatto per otto mesi la volontaria in una riserva in Kamtchatka, e andata in Pakistan da sola e non ci ha mai dato preoccupazioni […] Fidanzati? Mai visto nessuno del resto con una vita così”. Infine il padre parla delle loro “ricchezze”.
È stata proprio la figlia a dire che ha scelto la strada del volontariato perché la sua famiglia le ha dato tutto ed è stata “fortunata”. “Se siamo ricchi? No, certo le abbiamo comprato una casa in Inghilterra, ma lei con i suoi imbarchi guadagna abbastanza da potersi poi permettere dei periodi di volontariato”, ha concluso papà Rackete. Ora attende l’epigolo di questa vicenda…
Caso Sea Watch 3 e tema migranti. Il Pd, tanto per cambiare, si spacca tra “linea Minniti” e “linea Orfini”
Delrio e Orfini salgono a bordo della nave per sostenere la “capitana” Rakete. Ma il capogruppo alla Camera sposa quella linea dura che viene contestata dal deputato
Anche se il caso della nave “Sea Watch 3” domina l’attenzione dell’opinione pubblica italiana e, anche, internazionale (se ne è parlato persino in seno al G20 in corso ad Osaka…), la questione dei migranti e, anche, della situazione di aperta crisi politica in corso, da mesi, in Libia è riuscita a spaccare, tanto per cambiare, il Pd e la sinistra tra la linea “dura” dell’ex ministro degli Interni, Minniti, e quella “umanitaria” dell’ex presidente dem, Matteo Orfini. Ma prima di entrare nel cuore della questione, meglio fare il punto sui fatti accaduti, negli ultimi due giorni, a bordo della nave olandese, con particolare riferimento ai politici saliti a bordo, e non ancora scesi, tutti dell’opposizione.
Salvini i politici saliti sulla nave li vuole “arrestare”
Il ministro degli Interni, Matteo Salvini, i politici che sono saliti sulla nave olandese “Sea Watch 3” li vorrebbe, addirittura, “arrestare”. Poi rettifica, e sfotte (“Buona gita”). Il deputato di +Europa, Riccardo Magi, la prende male, malissimo e – sempre via Twitter – reagisce così: “Siamo ormai alla follia. Mi denunci pure, se vuole. Io al processo ci vado, mica scappo come lui”. Cosa succede? Facile e complicato insieme, da spiegare. Di fronte al blocco navale, imposto alla nave olandese “Sea Watch 3”, che ancora non riesce a sbarcare il suo carico di 42 migranti a Lampedusa, una delegazione di parlamentari dell’opposizione (del Pd, di LeU, di +Europa) è salita, dall’altra notte, sulla nave e, dopo aver denunciato le condizioni (pessime) dei migranti che si trovano a bordo e portato la loro solidarietà alla ‘capitana’ (della nave), Carola Rakete – ora indagata per favoreggiamento all’immigrazione clandestina e per non aver rispettato il blocco navale – non è più scesa, dalla nave.
I parlamentari dell’opposizione saliti sulla Sea Watch 3
Tra di loro ci sono Graziano Delrio, capogruppo del Pd alla Camera, Matteo Orfini, ex presidente del Pd, e Davide Faraone, segretario regionale del Pd siciliano, ma anche Riccardo Magi (+Europa) e Nicola Fratoianni (Sinistra italiana). Orfini denuncia: “Come a Siracusa, una volta saliti a bordo ci hanno chiesto i nomi. Siamo abituati: allora ci hanno denunciato e noi abbiamo contro-denunciato, perché è nostro diritto ed è nostra prerogativa essere qui”. In effetti, ogni parlamentare della Repubblica ha pieno potere ‘ispettivo’ in ogni luogo del Paese, compresi quelli ‘limitati’ per definizione (carceri, ospedali, tribunali, etc).
“La situazione è drammatica” denuncia Orfini (Pd)
A bordo della nave erano saliti, con i diversi esponenti politici, anche giornalisti, cameramen e fotografi, che però poco dopo ne sono scesi. I parlamentari hanno spiegato di volere “esercitare”, appunto, le loro “prerogative ispettive” e, ieri, hanno deciso di restare a bordo e dormire con i 42 migranti, il dolente carico della nave, e con l’equipaggio. Per Orfini “la situazione è drammatica. Questa è una barca che non è attrezzata per il trasporto lungo di persone che scappano da un paese in guerra, che ora si trovano recluse su una barca e cercano di capire se è vero che scenderanno a terra”. Sempre Delrio racconta: “Restiamo a bordo della ‘Sea Watch 3’ in attesa di una soluzione. La Capitaneria e la Guardia di finanza stanno aspettando ordini. La soluzione non è lontana. Ma finché non c’è, e con il porto vicino, c’è tensione. Noi staremo qui finché non vanno tutti a terra”.
Il ruolo ambiguo di Delrio e i nuovi equilibri nel Pd
Ma la cosa davvero curiosa è che lo stesso Delrio, ancora a bordo della nave olandese insieme a Orfini, la pensa in modo assai diverso dallo stesso Orfini, sul tema migranti e, soprattutto, sul tema, assai controverso, degli accordi italiani con la Libia. Sposa, cioè, Delrio, la linea Minniti. Eppure, proprio Delrio, da ministro ai Trasporti nei governi Renzi e Gentiloni, aveva duramente polemizzato proprio con Marco Minniti, allora ministro dell’Interno, su come affrontare il problema degli sbarchi (all’epoca molto più numerosi) e della conseguente “emergenza umanitaria” che si verifica, da molti anni, ormai, nel territorio della Libia. Solo che, oggi, Delrio è capogruppo dem alla Camera ed è tenuto sotto ‘stretta osservazione’ da parte di Zingaretti che già voleva, tempo fa, farlo saltare per mettere, al suo posto, Andrea Orlando, leader dell’ala sinistra del partito, sponsor di Zingaretti, nonché, all’epoca, ministro alla Giustizia. Poi, di recente, Zingaretti ha rimproverato Delrio di non sapere ‘tenere’ il gruppo, in occasione della fiducia sul dl Crescita, gruppo che, all’atto del voto, ha registrato vistose assenze. E così, Delrio – che fino a ieri la pensavo come Orfini – sta cercando di recitare due parti in commedia: da un lato, salendo a bordo della “Sea Watch 3”, mostra il suo volto di ‘cattolico-sociale’ civile, democratico, impegnato, solidale; dall’altro, sposa la linea dura, quella di Minniti, che – dopo essersi ritirato dalla corsa alla segreteria proprio contro Zingaretti, ne è diventato uno dei più fervidi sostenitori – sulla questione ‘accordi con la Libia’ detta la linea al Pd. Linea duramente contestata da Orfini e i suoi Giovani turchi ma anche da molti renziani (Gennaro Migliore in testa) e, ovviamente, dalla sinistra-sinistra (Mdp, Sinistra italiana, LeU) che, contro la ‘linea Minniti’, hanno sempre sparato.
La Libia brucia, ma brucia anche il Pd che “si spacca”
Ma cosa è successo, esattamente? L’altro giorno, alla Camera, vengono presentate, per essere votate, una serie di mozioni parlamentari che servono per prorogare la presenza italiana in Libia. Sono, per la precisione, quattro e sono di grado e complessità diverse. Due sono multilaterali: 1) la missione Unsmil, sotto la direzione del rappresentante speciale del Segretario generale dell’Onu, è finalizzata a sostenere il processo di pace politico in Libia; 2) “Euban Lybia” è la missione della Ue di assistenza ai confini libici. Altre due missioni bilaterali: 3) la missione di assistenza e supporto in Libia che include, soprattutto, la gestione dell’ospedale da campo di Misurata che impegna, ad oggi, 400 soldati italiani e assorbe gran parte delle risorse; 4) la missione a sostegno della Guardia costiera libica, con 25 uomini impegnati soprattutto nell’addestramento del personale e nella manutenzione delle motovedette donate. Ora, al momento del voto, anche se dal Pd, ovviamente, negano, il gruppo parlamentare si è spaccato: sei deputati (su 111, a dirla tutta, quindi pochi), tra cui Migliore, Orfini, Raciti, Pini (entrambi Giovani Turchi) e la Bruno Bossio votano contro la mozione del loro stesso gruppo, presentano una risoluzione ‘alternativa’ insieme ai deputati di sinistra Fratoianni e Palazzotto (SI), Boldrini e Speranza (Mdp), ma anche Riccardo Magi (+Europa) che mira a “sospendere tutti gli accordi con la Libia in materia di controllo dei flussi migratori” e di non firmare il rinnovo di tali accordi.
Il Pd deve scegliere: con Minniti o con Orfini? E Renzi?
Minniti, che sulla politica del ‘contenimento’ dei flussi migratori e degli accordi con la Libia ha costruito una linea politica – seguita in modo pedissequo sia dal governo Renzi che da quello Gentiloni e riconfermata dal governo Conte– e anche una certa fortuna mediatica (Minniti va spesso in tv a far la faccia del ‘truce’ sì, ma ragionevole, per capirsi), si arrabbia di brutto e chiede a Delrio di sconfessare i reprobi. La vicenda sembra finita qui, come un interna corporis Pd, che, appunto, tanto per cambiare, ‘si spacca’. Solo che, al Senato, altrettanti senatori (Verducci, D’Arienzo, Valente, Cirinnà, Nannicini, Bellanova) vuole fare lo stesso, in Aula. Oggi, certo, la ‘notizia’ è che deputati del Pd come di LeU sono a bordo della “Sea Watch 3” né ne vogliono scendere, con Orfini che ‘dorme’ sul ponte accanto a Delrio, ma presto, il problema, dentro il Pd, riesploderà e farà male. Zingaretti, e la sua nuova segreteria, devono prendere, prima o poi, una decisione: sposare la linea dura di Minniti o quella umanitaria di Orfini? Sotto sotto, poi, i maligni sostengono che ci sia anche, dati i nomi dei ‘ribelli’, sia tra i deputati che i senatori, lo ‘zampino’ di Renzi: ieri, quando governava, aveva sposato in toto la ‘linea Minniti’, oggi – che, dentro il Pd, sta all’opposizione – sobilla Orfini&co. Cosa non si fa, del resto, per dare fastidio al manovratore?