RITORNANO I “QUADRI PLASTICI ” DI AVIGLIANO
Le suggestive rappresentazioni viventi, ritornano domenica 4 agosto in Piazza Aviglianesi nel Mondo
di Leonardo Pisani
Nati dalla tradizione degli artigiani aviglianesi, che si sfidavano tra loro nel realizzare il più bel quadro plastico, la manifestazione ha subito una continua evoluzione, dalla scelta dei quadri a tema all’accompagnamento musicale durante la rappresentazione, in modo da creare un’atmosfera magica che coinvolge ancor prima che il sipario si innalzi ed il pathos di un’opera d’arte vivente, con la sua plasticità, i suoi colori e luci susciti emozioni negli spettatori: i quadri plastici di Avigliano sono una rappresentazione vivente di scene storiche, mitologiche, sacre, immaginarie o di capolavori dell’arte.. Le prima notizie storiche risalgono attorno agli anni venti, verosimilmente, però più antica prende origine dalla processione della “nave”, una costruzione di legno, rivestita di carta colorata, al centro la statuetta del Santo. La “nave” o anche “i Turchi” come ricordava la novella “Fanatica vendetta barbara” dal libro “ A piè del Carmine” scritto nel 1903 dal magistrato e letterato Tommaso Claps. Un corteo che ricorda, con il simbolismo della religiosità popolare, le incursioni saracene avvenute nella Lucania, impersonate dal “Gran Turco” capo degli invasori e il miracoloso intervento del Santo protettore, che difende le popolazioni inermi. La “nave” era portata a spalla e preceduta da uomini travestiti da turchi e da bambini che reggevano lampioncini veneziani. La nave era seguita da carri trainati da cavalli e muli sui quali erano allestiti dei “quadri”, detti plastici, perché riproducevano soggetti di arte sacra e storica, interpretati da giovani, che ad ogni sosta dei carri assumevano quella rigidità statutaria che conferiva la tridimensionalità dell’opera d’arte rappresentata. Dopo alcuni anni di oblio, la tradizione è stata ripresa dalla, dal 1990 interrottamente grazie alla Pro Loco, sempre a tema religioso, scegliendo quadri che ne rappresentassero simbolicamente il messaggio. La manifestazione prevede anche dei premi che la giuria, sulla base di diversi elementi, come la fedeltà al soggetto anche nei particolari quali costumi, acconciature, somiglianza dei volti, la scenografia, il gioco delle luci per creare l’atmosfera dell’opera, e la rigidità dei personaggi per tutto il tempo di esposizione. La creazione dei “quadri viventi” perchè tali sono è assegnata a gruppi ed associazioni selezionate in base a requisiti indicati dalla Pro Loco e realizzano un’opera da loro scelta, guidati da un direttore artistico e affiancati da figure professionali quali, scenografi, pittori, tecnici delle luci.. Questo anno l’appuntamento dei Quadri Plastici promossa dalla Pro Loco e dall’Amministrazione Comunale che si terrà il prossimo 4 agosto 2019 in Piazza Aviglianesi nel Mondo. In scena le opere di Francesco Giordano Santa Chiara mette in fuga i Saraceni, Antonio Allegri detto il Correggio, Martirio di quattro santi e Giovanni De Gregorio detto il Pietrafesa, Crocifissione che saranno realizzati saranno realizzate rispettivamente a cura di Spazio Ragazzi, Aviliart e Basso La Terra.
Qualcosa sul quadro del Giordano, datato 1727, ora si trova nella Chiesa Madre di Avigliano, in origine nel convento di San Giuseppe. Di Giordano si hanno poche notizie biografice, non è certa una parentela con il più famoso Luca. Fu attivo in Basilicata, in Campania e in Puglia. Come ha scritto lo storico dell’arte Ugo di Furia nel saggio”Avigliano. Storia Urbana, Territorio, Architettura e, Arte” di Francesco Manfredi: «La pala aviglianese del Giordano rappresenta uno degli episodi più celebri della vita di S. Chiara avvenuto quando la suora francescana ormai malata e in avanti negli anni, si trovò ad affrontare l’assalto di un’orda di Saraceni assoldati dall’imperatore Federico II di Svevia che, secondo la tradizione, in un venerdì di settembre del 1240, aveva preso d’assalto il monastero di S. Damiano posto fuori dalle mura di Assisi e quindi privo di difese. Alla vista dell’ostia consacrata ostentata dalla santa gli infedeli, che avevano già scalato le mura del chiostro, si ritirarono improvvisamente in preda al terrore. Il soggetto sarà mirabilmente ripreso nel 1745 da Francesco De Mura nel grandioso affresco purtroppo perduto, eseguito per la volta della crociera della chiesa di S. Chiara a Napoli. Come a ragione rilevato da Mauro Vincenzo Fontana, il quadro del Giordano prende senza alcun dubbio a riferimento un’analoga composizione eseguita, probabilmente qualche anno prima, da Paolo De Matteis per la chiesa napoletana del Gesù delle Monache a Porta S. Gennaro. In quest’ultima, che si sviluppa maggiormente in larghezza, risultano sostanzialmente identiche la disposizione, la postura e le espressioni della santa e delle quattro compagne che la circondano. Il Giordano arricchisce però la scena aggiungendo maggiori dettagli nel descrivere le architetture del monastero che fanno da sfondo e, in particolare, inserendo in alto la figura della Vergine che, accompagnata da cinque cherubini che fanno capolino fra le nuvole, punta con l’indice la protagonista addolcendo così la drammaticità del racconto e contribuendo alla creazione di un’atmosfera più mistica e soprannaturale. Molto simile anche la parte destra della composizione con il saraceno in primo piano che fugge con le braccia in avanti e la testa rivolta all’indietro, quasi inciampando nel groviglio di corpi che si è formato ai suoi piedi. Le similitudini con la pala napoletana stanno a dimostrare che, pur restando fedele al giordanismo del suo omonimo e più illustre predecessore, il nostro pittore tentò di addolcirne i toni accostandosi allo stile più classicheggiante della maniera dematteisiana, dato questo ancora più evidente nei grandi telari di Minervino Murge o nell’Incoronazione di Pagani». e rispettivamente a cura di Spazio Ragazzi, Aviliart e Basso La Terra. Qualcosa sul quadro del Giordano, datato 1727, ora si trova nella Chiesa Madre di Avigliano, in origine nel convento di San Giuseppe. Di Giordano si hanno poche notizie biografice, non è certa una parentela con il più famoso Luca. Fu attivo in basilicata, in Campania e in Puglia. Come ha scritto lo storico dell’arte Ugo di Furia nel saggio”Avigliano. Storia Urbana, Territorio, Architettura e, Arte” di Francesco Manfredi: «La pala aviglianese del Giordano rappresenta uno degli episodi più celebri della vita di S. Chiara avvenuto quando la suora francescana ormai malata e in avanti negli anni, si trovò ad affrontare l’assalto di un’orda di Saraceni assoldati dall’imperatore Federico II di Svevia che, secondo la tradizione, in un venerdì di settembre del 1240, aveva preso d’assalto il monastero di S. Damiano posto fuori dalle mura di Assisi e quindi privo di difese. Alla vista dell’ostia consacrata ostentata dalla santa gli infedeli, che avevano già scalato le mura del chiostro, si ritirarono improvvisamente in preda al terrore. Il soggetto sarà mirabilmente ripreso nel 1745 da Francesco De Mura nel grandioso affresco purtroppo perduto, eseguito per la volta della crociera della chiesa di S. Chiara a Napoli. Come a ragione rilevato da Mauro Vincenzo Fontana, il quadro del Giordano prende senza alcun dubbio a riferimento un’analoga composizione eseguita, probabilmente qualche anno prima, da Paolo De Matteis per la chiesa napoletana del Gesù delle Monache a Porta S. Gennaro. In quest’ultima, che si sviluppa maggiormente in larghezza, risultano sostanzialmente identiche la disposizione, la postura e le espressioni della santa e delle quattro compagne che la circondano. Il Giordano arricchisce però la scena aggiungendo maggiori dettagli nel descrivere le architetture del monastero che fanno da sfondo e, in particolare, inserendo in alto la figura della Vergine che, accompagnata da cinque cherubini che fanno capolino fra le nuvole, punta con l’indice la protagonista addolcendo così la drammaticità del racconto e contribuendo alla creazione di un’atmosfera più mistica e soprannaturale. Molto simile anche la parte destra della composizione con il saraceno in primo piano che fugge con le braccia in avanti e la testa rivolta all’indietro, quasi inciampando nel groviglio di corpi che si è formato ai suoi piedi. Le similitudini con la pala napoletana stanno a dimostrare che, pur restando fedele al giordanismo del suo omonimo e più illustre predecessore, il nostro pittore tentò di addolcirne i toni accostandosi allo stile più classicheggiante della maniera dematteisiana, dato questo ancora più evidente nei grandi telari di Minervino Murge o nell’Incoronazione di Pagani».
«L’edizione dei Quadri Plastici 2019 è certamente un’edizione speciale- dichiara la presidente Carmen Salvatore-tanto per la scelta delle opere legate dalla loro ubicazione piuttosto che dallo sviluppo di uno stesso soggetto o dall’essere figlie di uno stesso autore, quanto per l’importanza che il 2019 riveste per tutti noi lucani. Le tre tele si trovano infatti rispettivamente ad Avigliano, Parma e Matera, tre città che possono fregiarsi a buon diritto del titolo di Capitali di Cultura. Matera è la Capitale europea della Cultura per il 2019, Parma sarà Capitale italiana della Cultura per il 2020 ed Avigliano, anch’essa Capitale di Cultura perché da oltre un secolo e forse più è lo scrigno di questo particolarissimo evento che ambisce, anno dopo anno, ad essere una punta di eccellenza nell’ambito delle manifestazioni culturali lucane. Dunque da Matera ad Avigliano, passando per Parma. Un percorso lungo molti Km se inteso geograficamente ma altrettanto breve sul piano culturale perché la cultura ha lo straordinario privilegio di accorciare le distanze e creare legami. La scelta del titolo dell’edizione 2019, tuttavia, con un semplice gioco di inversione linguistica, vuole anche porre l’accento sull’importanza della Cultura come capitale, inteso come risorsa inesauribile per l’umanità. In linea con quanto fatto negli ultimi anni- continua la presidente- anche per il 2019 prosegue il nostro intento di legare l’antica tradizione cittadina dei Quadri al momento presente e con lo sguardo rivolto al futuro. Matera 2019 ci consegna la consapevolezza della straordinaria importanza che la cultura ha come veicolo di riscoperta delle nostre identità e di incontro con culture e tradizioni vicine e lontane.
Sarà un’occasione straordinaria per ampliare i nostri orizzonti e favorire quella crescita umana e civile di cui la società odierna ha un disperato bisogno. E’, al contempo, un esperimento da cui partire per comprendere che questa Regione può e deve investire maggiormente in cultura e farne una leva di sviluppo sociale, civile ed economica».