TERREMOTO CENTRO ITALIA NOTA DI APPROFONDIMENTO del Prof. Emanuele Tondi
ps. rivolta ad appassionati di Geologia e Geologia dei Terremoti. Domande e richieste di chiarimento sono ben venute.
TERREMOTO DEL 1 SETTEMBRE 2019, Magnitudo 4.0, epicentro Norcia (Pg)
NOTA DI APPROFONDIMENTO del Prof. Emanuele Tondi
ps. rivolta ad appassionati di Geologia e Geologia dei Terremoti. Domande e richieste di chiarimento sono ben venute.
Il terremoto del 1 Settembre 2019 di Magnitudo 4.0 (ultima elaborazione da parte di INGV, www.ingv.it) e con epicentro ad est di Norcia, si è verificato nella stessa zona destabilizzata 3 anni fa, con gli eventi del 24 Agosto (M=6.0), 26 (M=5.9) e 30 Ottobre (M=6.5) 2016. Dopo un evento sismico, in particolare se forte e detto “mainshock”, segue una lunga sequenza di “aftershocks” (conosciuti ai più come terremoti di “assestamento”), che può dirsi conclusa solo quando i terremoti, sia in termini di frequenza (numero) che di magnitudo (energia), tornano ai parametri pre-“mainshock”. La sequenza sismica in Italia centrale non è terminata; anche se non percepiti perché di piccola magnitudo, i terremoti sono ancora numerosi, più del periodo pre-24 Agosto 2016. Inoltre, ogni terremoto ha i suoi “aftershocks”, quello di magnitudo 4.0 della notte scorsa è stato seguito in poche ore da circa 100 terremoti più piccoli, di cui 6 di magnitudo maggiore a 2.0 (si veda mappa e tabella allegata, fonte: www.ingv.it).
Generalmente, gli “aftershocks” più forti (che possono arrivare fino ad un grado, circa, di magnitudo in meno del “mainshock”) si generano subito e, con il passare del tempo, tendono ad essere sempre più piccoli e meno numerosi. Tuttavia, anche se poco probabile, una ripresa è possibile anche a distanza di anni, come sta avvenendo in questi giorni.
La domanda che quindi ci poniamo è: come mai questo terremoto di M=4.0, molto più forte di quelli che caratterizzavano la sequenza sismica in questo periodo, si è verificato ora e non subito dopo gli eventi più forti?
Proviamo a rispondere.
Una faglia è una frattura lungo la quale due blocchi di roccia scivolano l’uno rispetto a l’altro. Quando si verifica lo scivolamento, viene liberata energia anche sotto forma di onde sismiche e si genera il terremoto (che è appunto uno scuotimento del terreno dovuto al passaggio delle onde sismiche). Il terremoto sarà tanto più grande quanto più grande è la superficie della faglia interessata e l’entità dello spostamento dei due blocchi di roccia. La superficie della faglia e l’entità dello spostamento sono parametri legati da relazioni meccaniche ben definite, tanto più grande è la superficie interessata, tanto maggiore è lo spostamento. Quindi, ad ogni faglia di dimensioni note può essere associata una magnitudo massima possibile, nel caso tutta la superficie venisse interessata dallo scivolamento dei blocchi di roccia. Facciamo un esempio: una faglia lunga 30 km e profonda 10km (quindi con una superficie di 30kmx10km=300km2), può permettere uno scivolamento massimo dei due blocchi di roccia (in realtà con queste dimensioni parliamo di crosta terrestre e non più di blocchi di roccia) di circa 3 metri e generare un terremoto massimo pari a circa M=6.7. Queste valutazioni sono soggette a numerose variabili e la forbice di errore può essere grande, intorno a +- 0.2 sulla magnitudo massima calcolata (che non è poco, ogni 0.2 di magnitudo in più, l’energia rilasciata è il doppio, ogni grado di magnitudo in più, l’energia rilasciata è circa 30 volte maggiore). Ovviamente, di terremoti più piccoli del valore massimo la faglia ne può generare tantissimi, con una magnitudo legata alla dimensione della superficie interessata dal movimento. Le faglie possono avere dimensioni anche di pochi cm2 ed essere confinate all’interno della crosta terrestre (non si vedono ma si sentono, con i loro piccolissimi terremoti che generano) e solo quando sono molto grandi si vedono in superficie, come nello schema della figura allegata (Figura A, in alto). La scarpata di faglia che ci interessa in questo caso è quella che tutti oramai conosciamo molto bene, visibile lungo il versante occidentale del Monte Vettore, come da foto allegata. Tuttavia, nella Figura A la faglia è semplificata; in realtà non si tratta di una sola e netta frattura, ma di un volume deformato e con moltissime fratture, detto appunto zona di faglia, il cui spessore è tanto più grande quanto è più grande la faglia e lo spostamento che realizza (si veda Figura B, dove sono disegnate faglie più realistiche). Nel momento in cui avviene lo scivolamento principale dei blocchi crostali e cioè il “mainshock”, tutta questa zona si destabilizza e parti della faglia principale non ancora interessate dallo spostamento, così come le varie fratture che costituiscono la zona di faglia, si attivano, permettendo lo scivolamento dei blocchi di roccia adiacenti e generando appunto gli “aftershocks”. In una sequenza di “aftershocks”, quelli più forti avvengono generalmente subito dopo il “mainshock”, questo perché, le faglie, più sono grandi meno sono resistenti.
A questo punto cerchiamo di capire cosa si intende quando si parla di “resistenza” di una faglia, rispondendo a questa domanda: chi tiene fermi i due blocchi di roccia lungo una frattura (la faglia, appunto)?
La risposta è semplice, l’attrito! Solo quando gli sforzi tettonici superano la resistenza dovuta all’attrito, questi si muovono generando il terremoto. La resistenza di una faglia dovuta all’attrito può variare per molti fattori, uno di questi è la pressione dei fluidi, di cui la crosta superiore è intrisa, parliamo di acqua mineralizzata, non certo potabile;) e gas. Anche qui, possiamo fare un esempio. Se dobbiamo spostare un grande masso certamente occorre una grande forza, ma se lubrifichiamo la superficie dove dovrebbe scorrere o meglio riusciamo a pompare acqua in pressione alla sua base, occorrerà molta meno forza per spostarlo (come quando usiamo un martinetto idraulico). All’interno della crosta terrestre non c’è nessuno con un martinetto idraulico ma la pressione dei fluidi al suo interno non è costante è estremamente variabile per cause naturali (i fluidi migrano al suo interno, trovando zone più permeabili e meno). Quando la pressione di questi fluidi aumenta in una zona se c’è una faglia la sua resistenza diminuisce e i blocchi di roccia, prima fermi, possono scivolare e generare il terremoto.