LA CRIMINOLOGA URSULA FRANCO ANALIZZA L’INTERVISTA RILASCIATA DA ANDREA LANDOLFI CUDIA A SIMONE TOSCANO DI QUARTO GRADO
Un innocente non ci sorprenderà, negherà in modo credibile già nelle prime battute e lo farà spesso, se necessario. Un innocente mostrerà, inoltre, di possedere la protezione del cosiddetto “muro della verità” (wall of truth), un’impenetrabile barriera psicologica che permette ai soggetti che dicono il vero di limitarsi a rispondere con poche parole in quanti gli stessi non hanno necessità di convincere nessuno di niente.
Analisi dell’intervista rilasciata da Andrea Landolfi Cudia a Simone Toscano di Quarto Grado
Maria Sestina Arcuri, 26 anni, è morta all’ospedale Belcolle di Viterbo per le conseguenze di un’emorragia cerebrale, il 6 febbraio 2019. La Arcuri era stata ricoverata intorno alle 7.00 del 4 febbraio 2019. La ragazza aveva passato la serata del 3 febbraio in un pub di Ronciglione in compagnia di Andrea Landolfi, che conosceva da soli tre mesi, e del di lui figlio, poi i tre si erano recati a casa della nonna del Landolfi, Mirella Iezzi, per passarvi la notte.
Andrea Landolfi Cudia, 30 anni, fino a pochi giorni fa era indagato a piede libero. A marzo la procura aveva chiesto l’arresto, il GIP aveva rigettato, in seguito ad un ricorso il Riesame aveva dato ragione alla procura, a giugno la difesa aveva presentato ricorso in Cassazione contestando la legittimità dell’interrogatorio del figlio di Andrea Landolfi, un bambino di 5 anni. Il 25 settembre la Corte Suprema di Cassazione ha dato ragione alla procura e disposto la Misura di custodia cautelare in carcere per omicidio volontario per Andrea Landolfi. Il giornalista Simone Toscano ha intervistato Andrea Landolfi dopo la sentenza.
In Statement Analysis partiamo dal presupposto che chi parla sia innocente de facto e che parli per essere compreso. Pertanto, da un innocente de facto ci aspettiamo che neghi in modo credibile e che nel suo linguaggio non siano presenti indicatori caratteristici delle dichiarazioni di coloro che non dicono il vero.
In Statement Analysis analizziamo le parole che non ci aspettiamo di udire (The Expected Versus The Unexpected).
Un innocente non ci sorprenderà, negherà in modo credibile già nelle prime battute e lo farà spesso, se necessario. Un innocente mostrerà, inoltre, di possedere la protezione del cosiddetto “muro della verità” (wall of truth), un’impenetrabile barriera psicologica che permette ai soggetti che dicono il vero di limitarsi a rispondere con poche parole in quanti gli stessi non hanno necessità di convincere nessuno di niente.
I non addetti ai lavori ritengono che la maggior parte della gente menta ed invece il 90% dei soggetti che non raccontano la verità, dissimulano, ovvero non raccontano menzogne ma semplicemente nascondono alcune informazioni senza dire nulla di falso.
Chi dissimula fa affidamento sull’interpretazione delle sue parole da parte di interlocutori inesperti ed è così che li trae in inganno, egli, infatti, risponde con dichiarazioni che suonano come negazioni.
Dissimulano la maggior parte dei soggetti che intendono coprire un proprio coinvolgimento in un omicidio; in ogni caso le loro dichiarazioni, se non contaminate dal linguaggio utilizzato da chi li intervista o li sottopone ad interrogatorio, servono a ricostruire i fatti.
Falsificano, ovvero non solo tacciono l’informazione vera ma presentano un’informazione falsa come fosse vera, solo il 10% di coloro che tentano di coprire il proprio coinvolgimento in un omicidio.
Falsificare è molto impegnativo e con il passare del tempo chi opta per questa tecnica si accorge che non può fermarsi alla prima bugia e che non solo la stessa va ripetuta all’infinito ma che deve far ricorso a superfetazioni sempre più articolate per tenerla in piedi.
La dissimulazione è considerata meno riprovevole della falsificazione perché è un comportamento passivo. Peraltro, chi dissimula può giustificarsi più facilmente di chi falsifica, sostenendo, ad esempio, di non aver detto tutto per una pura dimenticanza.
I soggetti che dissimulano lo fanno per evitare lo stress che produce il falsificare, uno stress che è dovuto non solo al senso di colpa, posto che anche i soggetti privi di empatia, come possono esserlo i sociopatici, fanno ricorso più frequentemente alla dissimulazione che alla falsificazione, ma spesso al fatto che falsificare li espone maggiormente, rendendoli vulnerabili e quindi a rischio di essere scoperti e accusati, non solo di essere dei bugiardi, ma anche del reato di cui sono accusati.
ANALISI:
Simone Toscano: Andrea, buongiorno, sono Simone Toscano di Quarto Grado, le volevo chiedere un commento per questa sentenza durissima.
Una domanda che permetterebbe ad Andrea Landolfi di negare in modo credibile di aver ucciso Maria Sestina.
Una negazione è credibile quando il soggetto si esprime senza ripetere a pappagallo le parole del suo interlocutore ed è composta da tre componenti:
il pronome personale “io”;
l’avverbio di negazione “non” e il verbo al passato “ho”, “non ho”;
l’accusa “ucciso x”.
Se una negazione ha più o meno di tre componenti, non è una negazione credibile.
La frase “io non ho ucciso Sestina”, seguita dalla frase “ho detto la verità” o “sto dicendo la verità” riferita a “io non ho ucciso Sestina”, è una negazione credibile ed è ciò che ci aspettiamo che dica Landolfi già in risposta a questa prima domanda.
Andrea Landolfi Cudia: Non so che dirle guardi, iooo… in questo momento mi avvalgo della facoltà di non rispondere, perché… il mio lutto me lo sto elaborando, lo elaboro e… e non credevo di certo di avere un esito così. Io andrò incontro a un processo in cui mi batterò con un coltello in mezzo ai denti, perché la verità deve uscire fuori. Per il GIP risultava un incidente, io sono concordante con il GIP, perché ha fatto la ricostruzione in base a tutte le prove e ha dichiarato inammissibile la carcerazione, perché era un incidente domestico.
Simone Toscano ha dato un’occasione ad Andrea Landolfi, l’occasione di poter negare pubblicamente di aver ucciso Sestina, ma il Landolfi, invece di dire “io non ho ucciso Sestina, sto dicendo la verità”, esordisce così “Non so che dirle guardi, iooo… in questo momento mi avvalgo della facoltà di non rispondere, perché… il mio lutto me lo sto elaborando, lo elaboro e… e non credevo di certo di avere un esito così”.
All’indomani della morte di Sestina, intervistato da Simone Toscano, il Landolfi aveva rilasciato una dichiarazione simile “Non voglio dichiarare nulla, sto soltanto elaborando il mio lutto, io l’unica cosa che posso dire è che ho fede nella giustizia“.
Negare in modo credibile non ha un costo eppure il Landolfi non l’ha fatto in entrambe le occasioni.
La risposta di Andrea Landolfi Cudia non solo è evasiva ma è anche una lunga tirata oratoria che ci indica che il Landolfi non può avvalersi del cosiddetto “muro della verità”.
Il Landolfi parla di verità, ma non ci dice quale sia questa verità, una verità che di certo lui conosce. Riferisce che “per il GIP risultava un incidente”, ma non ce lo conferma, non dice ““Io non ho ucciso Sestina, è stato un incidente”.
Andrea Landolfi Cudia: Io non ho paura di nulla, perché “Male non fare, paura non avere”.
Perché Andrea Landolfi Cudia parla citando un proverbio? Perché è incapace di dire “Io non ho ucciso Sestina”.
Toscano: Lei sa che i familiari di Sestina fin dall’inizio hanno… hanno puntato il dito contro di lei.
Andrea Landolfi Cudia: È giusto che mi abbiano puntato il dito, perché devono sapere la verità, ma la verità la verranno a sapere, comunque sia, durante la fase processuale.
Si noti che non solo Andrea Landolfi non ha negato di aver ucciso Sestina, nonostante l’opportunità fornitale dal giornalista, ma, quando afferma “È giusto che mi abbiano puntato il dito perché devono sapere la verità”, egli accetta ciò che un innocente de facto non accetterebbe mai, lascia aperta la porta alla possibilità di aver commesso l’omicidio.
Simone Toscano: Quindi lei si sente di affermare che quella sera si è trattato di un incidente e che lei non ha gettato Sestina dalle scale?
Simone Toscano si aspettava che il Landolfi negasse. Il giornalista mostra di non essere soddisfatto delle sue risposte, eppure dovrebbe esserlo, il Landolfi non riesce a dire “si è trattato di un incidente” e “non ho gettato Sestina dalle scale” perché mentirebbe, se ne faccia una ragione.
Andrea Landolfi Cudia: Assolutamente, assolutamente, assolutamente. Qua siamo tutti in lutto. Io, la mia famiglia è in lutto per Sestina. Io sono in lutto perché sono il suo compagno, mi hanno tolto un figlio per futili motivi perché hanno detto che è stato omicidio, un omicidio con efferatezza con gravi indizi di colpevolezza, invece non è vero perché i RIS sono entrati 3 volte con esami irripetibili e non hanno trovato nulla. Hanno ritrovato una… delle tracce orizzontali, non verticali, della caduta che abbiamo fatto io e Sestina, dove io ho battuto il capo eee… da dietro il cervelletto e Sestina èè… ha sbattuto la testa, ma non ci siamo accorti di questo, perché, comunque sia, eee… l’emorragia era interna, se fosse uscito del sangue avrei chiamato subito l’ambulanza.
Da un innocente de facto, in risposta alla domanda chiusa del giornalista, ci saremmo aspettati un “No”, nulla più.
E invece di rispondere con un “No”, Andrea Landolfi fa ricorso ad un’altra lunga tirata oratoria di 125 parole per convincere il suo interlocutore senza falsificare.
“Assolutamente, assolutamente, assolutamente” non equivale ad un “No” e trasuda un bisogno di convincere che gli innocenti de facto non hanno.
“Qua siamo tutti in lutto. Io, la mia famiglia è in lutto per Sestina”, rivela un desiderio di nascondersi tra la folla.
Si noti che, nonostante Sestina sia l’unica vittima, il Landolfi parla, in primis, dei traumi da lui riportati “dove io ho battuto il capo eee… da dietro il cervelletto”.
Simone Toscano: Ma dove l’ha sbattuta, Sestina, la testa?
Andrea Landolfi Cudia: Eh, io questo adesso non me lo posso, non me lo ricordo di certo, perché io con affermatezza non glielo posso dire.
Un “non ricordo” va guardato con sospetto perché dire di non ricordare equivale a falsificare un vuoto di memoria.
Simone Toscano: Chi invece dice che lei quella sera forse ha aggredito anche sua nonna e che per questo sua nonna è scappata in piena… in piena notte.
Andrea Landolfi Cudia: Non è assolutamente vero, io ho scansato mia nonna con un palmo, con il dorso della mano.
Simone Toscano: Quindi si è spaventata ed è scappata, diciamo.
Andrea Landolfi Cudia: No, non si è spaventata, è rimasta là eee… ha visto Sestina che stava bene. Mia nonna è stata operata, quindi ha 9 stent e per la paura si è… si è and… dovuta andare a far vedere in ospedale.
Andrea Landolfi Cudia: Testimone c’era mia nonna e la spinta… ho ricevuto… che ho ricevuto è stata da Sestina, poi rendendosi conto che stavo per cadere mi sono aggrappato al suo braccio eee… per spirito di sopravvivenza, perché lei si è avvicinata verso di me, perché voleva recuperarmi dopo la spinta e là siamo caduti insieme.
Si noti “la spinta… ho ricevuto… che ho ricevuto è stata da Sestina”. In pratica il Landolfi attribuisce a Sestina la responsabilità della caduta.
Simone Toscano: È vero che c’è stato un litigio forte per gelosia?
Andrea Landolfi Cudia: Assolutamente no, io mi sono avvicinato ad una ragazza che faceva parte del pub, gli ho chiesto un tagliere o era un bicchiere di vino e poi, dopo, niente, si è ingelosita Sestina, ma una lite furibonda non c’è mai stata.
Andrea Landolfi Cudia: Lotterò fino alla fine perché io ho perso una compagna, mi hanno tolto la patria potestà eee… non vedo più mio figlio da 9 mesi. Il bambino ha detto che siamo caduti in 3, che siamo caduti in 2, che avevamo le facce belle cheee… che io ho spinto Sestina, che Sestina ha spinto a me e poi, ad un certo punto, finisce la conversazione il bambino dicendo: “E poi mi sono svegliato”. Quindi si figuri un po’.
Ancora una volta il Landolfi ha perso l’occasione per negare in modo credibile, si è dipinto come vittima nel tentativo di ingraziarsi l’interlocutore e ha mostrato, ancora una volta, un bisogno di convincere.
CONCLUSIONI
Deception Indicated
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