CENTENARIO GOVERNO NITTI: LO STATO RICORDA
In Senato, da Mattarella a Casellati fino ad Amato, un’analisi a più voci
Alla presenzadel Capo dello Stato, Sergio Mattarella, la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellatiha aperto i lavori presso la Sala Capitolare della Biblioteca ed Archivio storico del Senato con ampia rievocazione della biografia di Nitti e il presidente del Comitato per il centenario, Giuliano Amato, ha svolta la relazione interpretativa dedicata alla complessità e alle criticità di quel particolare biennio 1919-1920 in cui Nitti ha guidato il suo governo di coalizione.
Con una attenta rievocazione biografica la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati ha evidenziato la figura di Nitti quale statista, studioso, europeista che guardava avanti, oltre le contingenze, tanto da abbandonare l’aula per non votare la fiducia, nel 1922, al Governo Mussolini e da mettere in guardia, Cassandra inascoltata, durante la Conferenza di Parigi che mise fine alla prima guerra mondiale, contro la miope vessazione delle altissime riparazioni di guerra alla Germania, perché, come lo statista lucano previde, instillarono nel popolo tedesco una insofferenza che si sostanziò, pochi anni dopo, nel successo di Hitler e nel riarmo della Germania.
Il presidente Giuliano Amato, nella sua meditata prolusione, ha sottolineato come Nitti si trovò di fronte a un’Italia, quella del primo dopoguerra, sempre più attraversata da umori e sempre meno da idee, una costante nella nostra storia. Per superare questo handicap, da Presidente del Consiglio, aveva in animo, con l’azione del suo Governo, di costruire un metaforico ponte che collegasse il Paese alla modernità, attraverso la complessa convergenza fra liberali, cattolici e riformisti. Un disegno – al tempo stesso sociale e di modernizzazione – che lo posizionava come rappresentante di un’Italia che ancora non c’era, ma che in futuro ci sarebbe stata, anche se mai completamente. Nel contributo di Giuliano Amato anche l’approfondita analisi della difficile situazione in cui si trovò Nitti in quell’anno di Governo, assediato da scioperi che scuotevano il Paese, dalle suggestioni dannunziane che si riverberavano sulla politica e sul popolo e dal fragile equilibrio delle forze che lo appoggiavano e se ne dissociavano. Ha concluso ricordando che, nella riforma elettorale del 1919, fu Nitti a pensare al voto alle donne, istanza che venne disattesa per alcuni decenni. Durante la discussione in Parlamento, vi fu chi espresse contrarietà alla concessione del voto al potenziale elettorato femminile, che sarebbe stato costituito anche da contadine analfabete del Sud; e Nitti, docente universitario di fama internazionale ma anche figlio di una contadina analfabeta del Sud, rispose che certamente il voto di costoro sarebbe stato “più intelligente, più sereno, più equanime di quello delle grandi dame”.
“L’eredità di Francesco Saverio Nitti è oggi una sorta di civismo patriottico progressista grato a chi ha consentito all’Italia di intraprendere un cammino di modernizzazione e di sviluppo e impegnato di valorizzarne l’attualità di pensiero”, ha sostenuto, nella sessione di apertura, il presidente della Fondazione Nitti, Stefano Rolando, raccontando il programma annuale delle celebrazioni. Francesco Saverio Nitti, nato a Melfi nel 1868 e morto a Roma nel 1953, presidente del Consiglio e più volte ministro, ha un posto peculiare nel pantheon degli statisti che – come è stato detto – hanno consentito all’Italia di svolgere un ruolo di paese davvero interlocutore dei destini della comunità internazionale ed ha operato nella complessa prima parte del ‘900 per il consolidamento dell’unità d’Italia e del processo di difesa della democrazia italiana.
Ha anche aggiunto altri temi tra cui un importante contributo all’unificazione nazionale di una componente propositiva e orgogliosa del meridionalismo italiano, nonché un pionieristico impegno per la formazione delle nuove classi dirigenti della Pubblica Amministrazione.Ebbe, altresì, da studioso e da statista, una posizione di alto respiro europeista e una responsabile intuizione circa le sorti della pace maturata e sostenuta nel quadro di avviamento della Conferenza di Parigidopo la prima guerra mondiale. Da qui la validità di obiettivi tuttora perseguibili, tra cui l’importanza di studiare e raccontare la sua difesa dei contenuti e dei significati valoriali della democrazia liberale,che Nitti fece – ha detto il presidente della Fondazione -“in anni di insorgenza del populismo e poi del fascismo”, sì da subire il pesante esilio personale e di tutta la famiglia per venti anni; una famiglia costituita da figure con diverso ma nitido rilievo civile. Ritornando dall’esilio di Parigi, abbattuto il fascismo, Nitti, colpito ma non piegato da pesanti lutti familiari, ebbe il coraggio e la forza di ritornare nell’agone politico, partecipando autorevolmente al dibattito e alle deliberazioni dell’Assemblea Costituente.
Ha chiuso la parte introduttiva il sen. Gianni Marilotti – presidente della Commissione per la Biblioteca e l’Archivio storico del Senato – che in occasione dell’evento ha portato in evidenza interessanti documenti di quell’Archivio dedicati al ruolo parlamentare di Francesco Saverio Nitti.
Il convegno è poi proseguito con una seconda sessione, introdotta dal prof. Luigi Mascilli Migliorini(Università Orientale di Napoli e presidente del Comitato scientifico della Fondazione Nitti) particolarmente dedicato a tratteggiare i caratteri sociali, economici e politici del biennio 1919-1920, a cui hanno portato contributi i professori di storia contemporanea Fulvio Cammarano (Università di Bologna) sul difficile crinale tra la vecchia politica post-risorgimentale e le insorgenze dei nuovi partiti del ‘900; Piero Craveri(Università Suor Orsola Benincasa di Napoli)particolarmente centrato sull’originalità di Nitti come innovatore del sistema pubblico e vero e proprio inventore dell’economia pubblico-privata; Simonetta Soldani(Università di Firenze) sulla “drammaticità” di un governo che doveva tener conto dell’esplosione del malcontento sociale senza disporre di una vera e propria maggioranza politica coesa.Ha tratto le conclusioni la professoressa Aurelia Sole, rettrice dell’Università della Basilicata e vicepresidente della Fondazione Nitti, che ha richiamato l’importanza per il Mezzogiorno e per la Basilicata in particolare di nuovi investimenti e nuove sollecitazioni nel campo della cultura e della conoscenza, con importante ruolo del sistema universitario e delle Fondazioni di scopo più rappresentative.
Presenti alla cerimonia numerosi parlamentari (tra cui in prima fila la sen. Emma Boninoe l’on. Giuseppe Moles) ed ex-parlamentari,rappresentanti di istituzioni (tra cui il presidente della Consob prof. Paolo Savona, che rappresentò il governo all’avvio degli eventi del centenario), i sindaci dei comuni “nittiani” (Livio Valvano, Melfi e Daniele Stoppelli, Maratea), l’assessore alla cultura di Matera Giampaolo D’Andrea, studiosi della cultura liberaldemocratica (come il prof. Massimo Teodori) e una ampia presenza della famiglia Nitti, tra cui i nipoti diretti Mariano Dolci, Maria Luisa Nitti e Patrizia Nitti.