OMICIDIO DI ROBERTA RAGUSA, MOTIVAZIONI CASSAZIONE, CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: ANTONIO LOGLI COLPEVOLE, MA ERRORI NELLA RICOSTRUZIONE DEI FATTI
L’errata ricostruzione dei fatti operata su questo punto dai magistrati, ha permesso al Logli di dire in un’intervista: “(…) non torna niente in questa cosa, poi dopo, siccome io sarei stato visto, ho cambiato macchina, cioè cosa sarebbe cambiato cambiando macchina? Se m’hai visto, m’hai visto”
OMICIDIO DI ROBERTA RAGUSA, MOTIVAZIONI CORTE DI CASSAZIONE
CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: ANTONIO LOGLI COLPEVOLE, MA ERRORI NELLA RICOSTRUZIONE DEI FATTI
– Dottoressa Franco, ha letto le motivazioni della sentenza emessa dalla Suprema Corte di Cassazione, che ne pensa?
Certamente e sono d’accordo con le conclusioni, Antonio Logli ha ucciso sua moglie, ma non posso non notare che i fatti che condussero all’omicidio della Ragusa non sono mai stati ricostruiti a dovere, eppure la ricostruzione dei fatti è il fulcro sul quale ruota un caso giudiziario e dovrebbe essere una priorità, perché solo ricostruendoli in modo impeccabile è possibile attribuire eventuali responsabilità o escludere il coinvolgimento di un indagato.
– Dottoressa Franco, che errori sono stati fatti nella ricostruzione degli eventi che condussero alla morte della Ragusa?
Prendo spunto dalla ricostruzione fatta dai giudici dell’Appello per segnalarle alcuni errori.
Secondo i giudici: “La notte della scomparsa la donna (Roberta Ragusa) è in tenuta da notte, intenta a sbrigare incombenze ordinarie, pronta ad andare a letto, il Logli è invece in soffitta a parlare con l’amante impegnato in tre successive conversazioni telefoniche l’ultima delle quali iniziata alle ore 00:17, si interrompe in pochi secondi
È vero che il Logli la notte della scomparsa di sua moglie Roberta fece tre telefonate all’amante, Sara Calzolaio:
a) una prima telefonata di 42 minuti che iniziò alle 23.08 e terminò alle 23.50;
b) una seconda telefonata di 20 minuti che iniziò alle 23.56 e terminò alle 24.16;
c) una terza telefonata di soli 17 secondi che iniziò alle 00.17,
ma non corrisponde al vero che Antonio Logli abbia fatto tutte e tre le telefonate a Sara dalla soffitta.
Di sicuro il Logli fece la prima telefonata all’amante mentre lo stesso si trovava in soffitta, è stata la stessa Sara Calzolaio a riferire agli inquirenti di aver sentito le voci dei bambini durante quella prima telefonata e che il Logli le aveva confidato di essere in soffitta. Dopo la fine di quella telefonata però, ovvero dopo le 23.50, Antonio Logli prelevò sua figlia dal letto matrimoniale e la mise nel lettino e poi lo stesso si recò in autoscuola e da lì fece le altre due telefonate. Chiamò nuovamente Sara alle 23.56 e infine alle 00.17 per un’ultimo saluto affettuoso.
Una ricostruzione confermata dal Logli in un’intervista: “Abbiamo cenato eeee i bambini sono andati a lettooo un po’ più tardi del solito, verso le 11.00, ioooo ho fatto… mmm… delle cose che avevo da fare qui, ho messo a posto della roba in soffitta, sono andato all’autoscuola”.
Inoltre, non è vero ciò che sostengono i giudici, ovvero che Roberta, intorno alle 23.50, al termine della prima telefonata, fosse “intenta a sbrigare incombenze ordinarie, pronta ad andare a letto”; la Ragusa, quando il Logli scese dalla soffitta e prelevò sua figlia dal letto matrimoniale, si trovava nel letto al fianco della bambina, lo prova il fatto che il suo telefonino, al mattino dopo, venne ritrovato sul comodino.
Il Logli, su questo punto, in una delle prime interviste, si è tradito: “(…) e poi la sera siamo andati in casa, abbiamo mangiato e come le altre sere, no, veramente, no, come le altre sere, sono andato a letto un pochino prima io di lei”, in pratica ha riferito alla giornalista che, come le altre sere, Roberta era andata a letto prima di lui e poi si è corretto dicendo che, a differenza dal solito, era andato a letto “un pochino prima” della moglie, peraltro lasciando intendere di essere a conoscenza dell’orario e del fatto che Roberta andò a letto quella sera.
Sempre secondo i giudici: “Il Logli quindi non è a letto, come da lui falsamente dichiarato, è sveglio, ha contezza di dove sia la moglie e assiste anche alla sua fuga, avvenuta in prossimità di questo orario: da tali fatti si evince con chiarezza che la donna si è allontanata in tenuta da notte sotto l’influsso di un’enorme emozione e paura che non può che essere dipesa dalla scoperta definiva dell’identità dell’amante con la qual il marito si intratteneva. Ad avviso di questa Corte la Ragusa, resa più sospettosa e guardinga dagli eventi dei giorni precedenti aveva cercato di comprendere, forse spiando, come aveva fatto già nella precedente occasione, con chi il marito si intrattenesse, finendo viceversa con l’essere essa stessa scoperta. In altri termini la Ragusa, allarmata, in stato di allerta ma ansiosa di raggiungere la verità fino ad allora sfuggita, deve essersi posta in stato di vigilanza, spiando le mosse del marito e cercando di carpirne i dialoghi, fino ad essere essa stessa scoperta: una reciproca sorpresa in flagranza con un istantaneo e terribile faccia a faccia tra i coniugi, rivelatore della scoperta della reciproca raggiunta, consapevolezza”.
Nella ricostruzione dei giudici manca poi un passaggio cruciale, il Logli, dopo le 23.50, dopo aver messo sua figlia a letto, andò in autoscuola; Roberta, che era a letto, si alzò, si mise le scarpe da tennis che usava in palestra e che non furono mai ritrovate e una giacca e seguì di nascosto il marito. Fu proprio nei locali dell’autoscuola che Roberta sentì parlare suo marito Antonio con l’amante, ma soprattutto lo sentì chiudere l’ultima telefonata a Sara con un “Ti amo, buonanotte”, una frase che il Logli pronunciò perché credeva di essere solo, ne nacque logicamente una discussione e la povera Ragusa, decisa ad affrontare la rivale, uscì dall’autoscuola, percorse pochi metri, raggiunse la staccionata, la scavalcò e si incamminò nei campi per dirigersi a casa di Sara Calzolaio che abitava poco distante.
Sempre secondo i giudici dell’Appello: “La sorpresa e il terrore alimentati dalla recente esperienza, vissuta dalla donna come un tentativo di omicidio, non hanno consentito ad avviso di questa Corte che si sviluppasse tra i due alcuna discussione: non vi è stato alcun alterco, alcun litigio, alcun clamore, tanto è vero che neppure i figli sono stati svegliati o hanno percepito alcunché”.
Ed invece, il Logli e sua moglie Roberta discussero per ben due volte quella notte:
a) la discussione iniziale tra Antonio e Roberta ebbe luogo dopo le 00.17 in autoscuola, per questo motivo i bambini non sentirono niente e come loro neanche il titolare della scuola di ballo che si trova sopra l’autoscuola perché se n’era andato poco prima.
b) una seconda discussione impegnò i due coniugi in via Gigli, in quell’occasione un testimone, Loris Gozi, li udì.
Il Logli non minacciò mai di morte sua moglie, una volta intercettatala in via Gigli, la convinse con le buone ad entrare in auto (la C3 di Roberta). Probabilmente il Logli le promise che l’avrebbe portata a casa di Sara Calzolaio per chiarire.
Fu Roberta ad alzare la voce e a sbattere con forza le portiere dell’auto per la rabbia. E’ Loris Gozi a confermarcelo in un’intervista: “Perché c’erano delle urla, la signora urlava, delle urla strazianti, forti. (…) Ho sentito solo urlare, ma forte, come una donna che urla fo… che urla forte”. Il Gozi sentì la voce di Roberta e non quella del Logli perché Antonio cercò di abbassare i toni, cercò di calmare sua moglie per convincerla a salire in auto in moda da condurla in una zona isolata e ucciderla, il Logli, infatti, non aveva alcun interesse a richiamare l’attenzione dei vicini proprio perché aveva deciso di uccidere la povera Roberta.
Sempre secondo i giudici: “La Ragusa, in preda al panico percependo il grave pericolo per la propria incolumità è semplicemente e istintivamente scappata, così come si trovava, senza mettere niente altro addosso, senza portare niente con sé, e proprio attraverso i campi, come indicato dalle tracce fiutale dai cani, per sottrarsi alla vista e al prevedibile inseguimento del marito di cui aveva paura. Una fuga per la strada pubblica non sarebbe stata funzionale a detto scopo, poiché sarebbe stata visibile e raggiungibile e quanto al chiamare i suoceri, si trattava di persone che la donna sentiva distanti, fredde e non tutelanti”.
È un errore pensare che Roberta abbia sentito il Logli parlare con l’amante mentre si trovava in casa e che, per paura del marito, fosse fuggita tra i campi. Roberta intraprese la via dei campi non perché in preda al panico o per fuggire al Logli ma perché era intenzionata a raggiungere l’abitazione dell’amante del marito, Sara Calzolaio, e proprio perché si trovava in autoscuola, peraltro a pochi passi dalla staccionata che divide il parcheggio dell’autoscuola dai campi, non ebbe accesso alle chiavi della propria auto, che erano rimaste in casa. Ella infatti, se ne avesse avuto la possibilità, avrebbe usato l’auto a causa delle temperature particolarmente basse di quella notte, dell’orario e della fretta che aveva di chiarire con la Calzolaio.
Il fatto che Roberta si sia allontanata a piedi è la riprova che la discussione tra lei e il marito si consumò in autoscuola e non in casa dove si trovavano le chiavi della sua C3.
L’errata ricostruzione dei fatti operata su questo punto dai magistrati, ha permesso al Logli di dire in un’intervista: “(…) non torna niente in questa cosa (…) e poi cambiando macchina Roberta, che è stata minacciata di morte, sta lì e m’aspetta cioè mmm è inverosimile, io credo che cosa più incredibile di questa non… non ci sia”.
Secondo i giudici: “In concomitanza con tale sequenza temporale si colloca la formidabile deposizione del Gozi che inizialmente e consequenzialmente vede il Logli in posizione statica di attesa, circa nel luogo dal quale secondo la direzione intrapresa dalla fuggitiva, la donna avrebbe dovuto prima o poi sbucare dal campo. Questa prima scena così come descritta dai testi Loris Gozi e Anita Gombi, assume il valore di conferma e di decisivo significato indiziario: i testi descrivono una situazione insignificante e di per sé non allarmante, anzi neutra, ma probatoriamente preziosa, perché strettamente complementare e reattiva per tempistica e luogo ad eventi che si erano poco prima consumati tra altre persone, in altra sede e per ragioni a loro estranee. Il Logli ha consapevolezza di essere stato notato dal teste, che aveva un’auto vistosa a lui nota, per tale motivo rientra e cambia auto, che verrà notata dalla Latona posteggiala davanti a casa, in orario che, per quanto sopra detto trattando specificamente di tale indizio, non è affatto incompatibile con la deposizione Gozi, considerando la stretta prossimità dell’abitazione e il fatto che l’avvistamento successivo del Gozi è da collocarsi a circa venti minuti o mezz’ora dopo”
Il Logli non cambiò auto perché fu visto all’interno della sua Ford Escort da Loris Gozi, come affermato dai giudici, non ne avrebbe infatti tratto alcun beneficio. Anzi, il fatto che il Gozi abbia potuto identificare non una ma due delle auto appartenenti alla famiglia Logli/Ragusa, in strada, quella sera, ha danneggiato Antonio Logli.
Purtroppo però inquirenti e magistrati hanno ignorato due fatti di rilievo:
a) una testimone vide il Logli pulire la strada nel punto dove aveva temporaneamente parcheggiato la sua Escort la notte della scomparsa della Ragusa e dove era stato notato dal Gozi;
b) la collaboratrice domestica di Roberta, Margherita Latona, ha sostenuto di aver visto il Logli pulire il vialetto di casa sua e proprio nel punto in cui la notte stessa della scomparsa di Roberta era parcheggiata la sua Escort.
In un’intervista, nel tentativo di sminuire il valore della dichiarazione della Latona agli inquirenti, il Logli ha detto: “Margherita Latona fece una telefonata, l’ho letto nelle carte, era affacciata allo stanzino del… dove io ho la lavatrice di casa e sotto di lei c’è uno stanzino dove tengo, diciamo, un ripostiglio, all’interno avevo una busta con della sabbia che uso per mettere nei commenti del piazzale dell’autoscuola, mentre prendo questa busta e giro per andare verso il piazzale in terra dei ragazzini avevano fatto quei disegni per fare il gioco che ci si salta dentro e mi sembravano brutti e io ho preso qualcosa e ho cominciato a grattare per vedere se lo potevo togliere, in realtà dopo poco mi so accorto che non ci facevo nulla le strisce, le righe che erano in terra son rimaste tali e quali”.
Con questa dichiarazione, il Logli ha aggiunto un tassello cruciale alla ricostruzione dei fatti della notte della scomparsa di Roberta Ragusa, ha affermato di aver usato la sabbia il giorno seguente.
Loris Gozi vide Antonio Logli, in via Gigli, fermo dentro la sua Ford Escort station wagon a fari spenti tra le 00.30 e le 00.40.
La notte del 13 gennaio 2012 la domestica vide la Ford Escort del Logli parcheggiata nel vialetto poco dopo le 00.40.
La sabbia è la chiave del caso
La notte dell’omicidio, Antonio Logli danneggiò il contenitore del filtro del gasolio della sua Ford Escort station wagon ed il giorno dopo pulì sia la strada che il vialetto per nascondere le tracce del fatto che la sua macchina la notte precedente aveva stazionato in quei due luoghi.
Il Logli, la notte dell’omicidio, maturò l’idea di uccidere sua moglie mentre si trovava in strada all’interno della sua Ford Escort station wagon e cambiò macchina non perché lo vide il Gozi, come erroneamente affermato dai giudici nelle motivazioni della sentenza, ma per non rischiare che l’auto danneggiata, ovvero la sua Escort, lo lasciasse a piedi in una delle fasi dell’omicidio e dell’occultamento del corpo di Roberta.
Antonio Logli, dopo essersi accorto del guasto, riportò a casa la Ford Escort, la parcheggiò nel vialetto, dove non era solito lasciarla e dove la vide la collaboratrice domestica, Margherita Latona, e uscì di nuovo, questa volta con la Citroen (C3) di Roberta.
È logico inferire che il Logli non avrebbe perso tempo a riempire con la sabbia i commenti del piazzale dell’autoscuola sia nel caso fosse stato preoccupato per la scomparsa di Roberta sia nel caso l’avesse uccisa, pertanto si può concludere che abbia usato la sabbia per asciugare il gasolio colato dalla sua auto sulla pavimentazione del vialetto.
Il Logli pulì la strada ed il vialetto di casa sua per il timore che la perdita di gasolio lo tradisse, posto che era la riprova che la sera della scomparsa della moglie lui si trovava in via Gigli in auto e non a letto. Per questo stesso motivo, pur sapendola danneggiata, usò la propria auto per raggiungere il cimitero al mattino dopo, lo fece per lasciare la Ford Escort a debita distanza da casa, per evitare che qualcuno notasse che perdeva gasolio e che quindi quella perdita accreditasse il racconto dei testimoni per la presenza di chiazze di gasolio nei luoghi dove la sua auto era stata ferma quella notte.
L’errata ricostruzione dei fatti operata su questo punto dai magistrati, ha permesso al Logli di dire in un’intervista: “(…) non torna niente in questa cosa, poi dopo, siccome io sarei stato visto, ho cambiato macchina, cioè cosa sarebbe cambiato cambiando macchina? Se m’hai visto, m’hai visto”
Secondo i giudici: “A tale proposito vengono citate le dichiarazioni rese da un amico dell’imputato (…) propose di fare un giro in macchina transitando dai due cimiteri ove erano seppelliti i genitori della Ragusa. Saliti sulla Ford di proprietà dell’imputato e giunti al cimitero di Pisa, si constatò tuttavia che il motore dell’auto non si avviava, nonostante l’imputato provasse a caricare il circuito di alimentazione del gasolio con l’apposita pompa del vano motore. A quel punto veniva chiamato il padre dell’imputato che giungeva dopo circa 15/20 minuti e li riaccompagnava a casa (…) A tale proposito affermava che la problematica al motore dell’auto, a dire dell’imputato si verificava frequentemente e che egli stesso, guardando il vano motore, notava che il contenitore del filtro del gasolio era avvolto in una pellicola trasparente del tipo da cucina”
È in questo stralcio di motivazioni la conferma del fatto che il Logli si era accorto, ben prima di giungere al cimitero, che il contenitore del filtro era rotto, lo aveva infatti già rivestito con la pellicola da cucina.
Secondo i giudici: “Il delitto non era certo stato programmato per quella data e in quella occasione, come attestano le circostanze accertate e finanche la mancanza da parte del Logli della possibilità di approntare e addurre più adeguate e logiche circostanze della scomparsa della moglie e di costruire un albi più solido a suo favore, ma tuttavia proprio dal mancato ritrovamento del corpo si deve escludere che si sia trattalo di dolo d’impeto.
In qualunque modo ne abbia cagionato la morte, il mancato rinvenimento del corpo nonostante le già illustrate massicce ricerche, e a prescindere dalla circostanza tecnica che non sia stata contestata la premeditazione, indica chiaramente che l’imputato si fosse comunque già prefigurato nei dettagli l’evenienza della soppressione della moglie, significativamente e a ragion veduta temuta dalla povera Ragusa, ponendosi e con un certo anticipo il problema di disfarsi del cadavere, in modo senza dubbio efficiente alla luce degli eventi. La notte dei fatti invece la situazione è precipitata, con la scoperta da parte della Ragusa, sorpresa a sua volta dal marito e la immediata resa dei conti culminata nel terrore e nella fuga della donna raggiunta e coattivamente trattenuta, e nella sua soppressione. Insomma la mancata scoperta del corpo e delle modalità esecutive dell’omicidio qualificano in modo vieppiù negativo la personalità dell’autore e la sua capacità criminosa, la freddezza nell’ideazione, la precisione nell’esecuzione, e infine l’efficacia nella soppressione del corpo”.
I cadaveri si trovano più spesso per caso che durante le ricerche, pertanto è proprio la casistica ad indurci a dubitare che il fatto che il corpo di Roberta Ragusa non sia stato ritrovato indichi “chiaramente che l’imputato si fosse comunque già prefigurato nei dettagli l’evenienza della soppressione della moglie (…) ponendosi e con un certo anticipo il problema di disfarsi del cadavere, in modo senza dubbio efficiente alla luce degli eventi”.
Ed è proprio il modo in cui il Logli tentò di uccidere Roberta, ovvero facendola cadere dalle scale, che ci permette di escludere che, prima della notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012, lo stesso avesse pensato ad un luogo dove occultarne il corpo.
Il Logli pensò al luogo dove avrebbe potuto occultarne il corpo (lo stesso luogo dove la uccise) mentre si trovava all’interno della sua Ford Escort quella stessa notte, in precedenza aveva pensato di sopprimerla simulando un incidente. In altre parole, il Logli non era preparato al susseguirsi degli eventi della notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012.
– Secondo i giudici della Cassazione “La Corte di Assise di appello ha superato l’obiezione difensiva, richiamando un consolidato insegnamento giurisprudenziale, riferibile anche al caso di specie, secondo il quale, l’indisponibilità del corpo senza vita della Ragusa non consente di accertare con quale mezzo la stessa sia stata soppressa, ma rafforza ancor più il quadro indiziario, perché, diversamente, il cadavere sarebbe stato ritrovato nel corso delle ricerche condotte a lungo”, dottoressa Franco, che ne pensa?
Peccato che questo consolidato insegnamento giurisprudenziale non sia stato applicato nel caso Buoninconti Ceste, le ricordo infatti che non solo il corpo di Elena Ceste è stato ritrovato a poche centinaia di metri da casa ma era anche privo di lesioni riferibili ad una causa di morte violenta
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