40 ANNI SENZA GIUSTIZIA PER SANTORO
Il lucano fu la prima vittima di Battisti
Quarant’anni per aspettare giustizia, forse dopo il cambiamento politico in Brasile sarò possibile. Lasciamo da parte valutazioni politiche o altro, resta il fatto già in campagna elettorale Jair Bolsaro aveva affermato che avrebbe dato l’estrazione in Italia dell’ex membro dei Proletari armati per il comunismo, condannato a diversi ergastoli e rifugiato in Brasile dal 2007. Preciso, nessuna valutazione sull’attuale clima politico, mi spiace registrare solo che la vicenda di Cesare Battisti, sta prendendo sui social toni di politichetta o anche di qualunquismo, arrivando alla battute pseudo satiriche o di un rozzo umorismo. Anche tra lucani, segno evidente che non sappiamo per bene la storia del già terrorista e i delitti di cui si è macchiato. Partendo dal primo, ormai 40 anni fa quando uccise a sangue freddo l’aviglianese Antonio Santoro . Era il 6 giugno 1978, a Udine, dove Antonio Santoro, nato il 26 aprile 1926 nella cittadina gianturchiana, si recava in servizio preso la casa circondariale, dove era maresciallo capo degli allora agenti di custodia. Erano le 7,45, Santoro ci andava a piedi al carcere come consueto, una vittima facile data la consuetudine giornaliera. Lì gli fu atteso un agguato, proprio sotto il carcere. Una vera esecuzione: quando arrivò lo freddarono con una pistola militare, due colpi, l’ultimo alla tempia: il colpo di grazia. A sparare, secondo gli inquirenti e la testimonianza del collaboratore Petro Mutti l’esecutore materiale fu proprio Cesare Battisti, che lo attendeva assieme complice, mettendo in atto una falsa scena di un’innocua coppietta di fidanzati che si scambiavano carezze fino al momento di colpire. Poi i due sicari, fu ricostruito poi, fecero perdere le loro tracce, scapparono con una ‘2 cavallì con tanto di gommone sul tetto, facendosi scambiare per turisti si allontanarono verso Grado. L’omicidio di Antonio Santoro fu il battesimo di fuoco per i Pac. L’omicidio a sangue freddo, in un periodo storico che diede un tragico contributo di sangue con oltre 500 attentati, scosse profondamente Avigliano, dove risiedevano – e ancora risiedono- i familiari e i parenti di Santoro, che non aveva mai perso i contatti con la terra natia. Gli fu dedicata una via, dall’allora primo cittadino Gerardo Coviello, che quando lo contattai nel dicembre del 2010, dopo l’ennesimo rifiuto del governo brasiliano mi disse «fu un atto doveroso e non formale. Antonio Santoro fu un vero servitore dello Stato, che compì il suo dovere fino in fondo. Da Avigliano e dagli Aviglianesi partì un messaggio di difesa della libertà e della democrazia, che ci contraddistinto dai tempi dei Palomba e dei moti del 1799». Antonio Santoro è stato riconosciuto “Vittima del Dovere” ai sensi della Legge 466/1980 dal Ministero dell’Interno e il 15 aprile 2004 gli è stata conferita dallo stesso Dicastero la Medaglia d’Oro al Merito Civile alla memoria, inoltre gli sono intitolate le Caserme Agenti degli istituti penitenziari di Udine e di Nuoro. Poi arrivò nel 2013 l’intitolazione della casa circondariale di Potenza. Nel suo paese natio, vi è sempre stata l’attenzione da parte del sottoscritto che nel 2010 e 2011 riprese la vicenda dell’assassinio del maresciallo Santoro alle istituzioni per chiedere giustizia, dal sindaco Domenico Tripaldi, all’allora consigliere regionale Domanto Paolo Salvatore, dal sindaco Vito Summa una nota ufficiale inviata all’ambasciata brasiliana a Roma.nel 2011.
“Eccellenza” scrive Summa “il mancato accoglimento, da parte del Presidente della Repubblica Federativa del Brasile, della richiesta di estradizione in Italia di Cesare Battisti, già militante nel gruppo eversivo Proletari Armati per il Comunismo e condannato anche per il vile assassinio del nostro concittadino Antonio Santoro, Maresciallo Capo della Casa Circondariale di Udine, avvenuto il 6 giugno 1978, offende il desiderio di giustizia che la nostra comunità ha coltivato per tutti questi anni”. Una decisione che ha infranto la speranza della riconsegna alla giustizia italiana di un terrorista “ già sottoposto a giudizio per ripetuti ed efferati delitti” recando-.- una profonda delusione del diniego all’estradizione che “oltraggia la memoria di semplici cittadini caduti sotto i colpi di terroristi senza scrupoli e di un servitore dello Stato, prematuramente sottratto all’affetto dei suoi cari nell’adempimento del suo dovere”…
“Interpretando il generale sentimento di indignazione dei cittadini di Avigliano (Potenza), vorrei esprimerLe la profonda amarezza e l’avvilimento di una intera comunità verso una decisione che ferisce i sentimenti di vicinanza e di amicizia con il popolo brasiliano e con una terra, il Brasile, che nel secolo scorso ha accolto numerosi emigranti lucani ed aviglianesi” concluse Summa “La pregherei pertanto di voler rappresentare questi sentimenti al neo Presidente Dilma Roussef affinché possa rivedere la decisione del suo predecessore ed uniformarsi alla sentenza del Tribunale Supremo Brasiliano, ripristinando il primato della giustizia e rendendo onore ad una pagina triste della nostra storia recente, ancora viva nella memoria dei cittadini aviglianesi”.
Presentando la mozione in consiglio regionale nel gennaio 2011, Gianni Rosa dichiarò «Da Lucano e Aviglianese mi sento colpito e mortificato dalla decisione di Lula, che nega che Giustizia sia compiuta, una Giustizia che anche il popolo lucano e le istituzioni della nostra regione chiedono a gran voce, che rivendicano con forza, affinché il sacrificio di un figlio di Basilicata e umile servitore dello Stato non rimanga vano, lo chiediamo nel ricordo di una delle vittime di Battisti e del suo gruppo criminale». Vi fu una risposta di tutta la comunità aviglianese ha risposto, non solo quella residente , ma anche da parte degli emigrati in Italia ed all’estero, il passaparola attraverso il web, con il sito aviglianonline.eu che e mail, sia col l’onnipresente facebook dove una serie di miei articoli furono condivisi da aviglianesi, da lucani e italiani anche all’estero , sia semplici cittadini che anche figure istituzionali, arriva anche la solidarietà del mondo globalizzato dal Brasile, dove l’opinione pubblica è nettamente contraria alla decisione di Lula. Pedro Luiz Hernandez, residente a São Bernardo do Campo, città dello Stato di San Paolo, dove vi è la più grande concentrazione di italo-brasiliani:“Io come brasiliano…,chiedo scusa al popolo italiano in speciale ai Aviglianese” poi continua con questo commento “ Cesare Batisti,preso aqui no Brasil assassinou este Marechal Antonio Santoro que é natural de Avigliano uma cidade na Basilicata onde fiz grandes amigos.Me contam que a cidade está entristecida com a permanencia dele aqui no Brasil,pois deveria estar na Itália para ser julgado pelas barbaridades cometidas” più o meno “Cesare Batista, che è stato arrestato in Brasile, ha ucciso il maresciallo Antonio Santoro, originario di una cittadina in Basilicata ,Avigliano dove ho molti amici. Mi raccontano che la città è addolorata per la permanenza di Battisti in Brasile, mentre dovrebbe essere in Italia per essere processato per le atrocità commesse”. A Bruxelles nel 2011 vi fu una mozione sottoscritta da tutti i partiti italiani -Pdl, Pd, Idv, Udc, Lega-, per chiedere l intervento dell’ Unione europea a sostegno della richiesta italiana di estradizione di Cesare Battisti dalla Repubblica Federativa del Brasile. L assemblea di Strasburgo diede il via libera con 86 voti a favore, uno contrario e due astenuti. Al dibattito e al voto vi erano anche alcuni familiari delle vittime di Battisti, tra cui Alessandro Santoro, figlio dell’ aviglianese Antonio. Su questa pagine nell’ottobre scorso riprendemmo la intricata vicenda, dopo l’arresto n. di Cesare Battisti nella città brasiliana di Corumbà mentre cercava di fuggire in Bolivia. Battisti sarebbe stato fermato dalla polizia stradale federale durante un normale controllo.I media brasiliani, sostengono e Battisti stava provando a fuggire in Bolivia. L’ex terrorista sarebbe stato fermato dalla polizia stradale federale durante un normale blitz. Condannato a due ergastoli per omicidio, tentato sequestro di persona, ferimenti e una serie impressionante di rapine e altri reati minori. Giudicato in tre gradi di giudizio e condannato sulla base di molteplici prove e testimonianze. Battisti sette anni fa ha ottenuto lo status di rifugiato politico in Brasile dall’allora presidente della Repubblica, Inacio Lula. Nessuna vendetta ma solo giustizia, era ed è il grido delle sue vittime e dei familiari di chi ha perso la vita a causa sua. Questo mentre ballava anche ai carnevali di Rio De Janeiro, da “rifugiato politico”.