BasilicataCronaca

COSSIDENTE MAFIOSO? ANCORA UNA SMENTITA

Potenza, Corte d’Assise d’Appello: annullata condanna al boss dei Basilischi


Dalla Corte d’Assise d’Appello di Potenza è arrivata l’ulteriore conferma, se ve ne fosse ancora bisogno dopo le diverse sentenze della Corte di Cassazione, che il pentito di mafia Antonio Cossidente, boss dei Basilischi, di mafioso, senza intaccare il tenore criminale delle sue condotte, aveva ben poco. Nell’ambito di un processo in cui l’accusa ha contestato il 416 bis, l’associazione di stampo mafiosa, nonchè l’aggravante del metodo mafioso, Cossidente ne è uscito illeso: nè organizzatore, nè partecipe.

Essendo il reato datato, nei suoi confronti la Corte d’Assise d’Appello ha deciso di «non doversi procedere in ordine al reato ascrittogli perché estinto per prescrizione». Cancellata quindi la pena a 4 anni inflitta in primo grado a Cossidente. In primo grado, nel febbraio del 2017, la Corte d’Assise di Potenza, in riferimento a episodi riconducibili, a partire dalla metà degli anni Novanta, ai due clan del Vulture Melfese: “Delli Gatti – Di Muro” e “Cassotta”, aveva condannato varie persone coinvolte a vario titolo nell’inchiesta su omicidi, rapine, appalti ed estorsioni.

Tra gli episodi oggetto del processo bis conclusosi ieri nel Tribunale di Potenza, l’omicidio di Bruno Cassotta, la rapina, del settembre del 1996, in una gioielleria di Calvello, quella alla sede della Banca Carical di Potenza e un’altra ancora a un giocatore del Casino di Sanremo. Per Alessandro D’Amato, collaboratore di giustizia, confermati i 20 anni di reclusione per l’omicidio, nel 2008, di Bruno Cassotta. Per Carmine Campanella, imputato per la rapina alla gioielleria, esclusa l’aggravante del ruolo di organizzazione dell’associazione mafiosa, la pena è stata ridotta a 9 anni di reclusione. Per Egidio Bollone, coinvolto nella rapina a Sanremo, la pena è stata ridotta a 4 anni e 8 mesi di carcere.

Massimo Aldo Cassotta era stato invece condannato a nove anni in primo grado per l’assalto a un portavalori a Potenza nel 1994: condanna confermata. Emilio Gerardo Caprarella, al centro delle contestazioni nei suoi confronti ci sono gli appalti per i lavori per la nuova ala del cimitero di Melfi e quelli per la realizzazione di un centro commerciale ritenuto partecipe, ma non organizzatore dell’associazione mafiosa: condannato a nove anni.

Ferdinando Moliterni

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