CORONAVIRUS, BUONI PASTO: IL TAR BOCCIA MATERA
Sospesa la delibera perchè discriminatoria: per Potenza potrebbe accadere lo stesso
Buoni spesa del Comune di Matera per l’emergenza Coronavirus: sull’operato del sindaco Raffaello De Ruggieri e della Giunta, la scure del Tribunale amministrativo regionale (Tar) della Basilicata. Sospesa l’efficacia della relativa delibera di Giunta, del 31 marzo scorso, nella parte in cui «ha limitato l’accesso ai buoni spesa ai nuclei familiari titolari di permesso di soggiorno e residenti nel Comune di Matera ai fini dell’ammissione della domanda di un cittadino albanese privo di regolare permesso di soggiorno e domiciliato a Matera». In emergenza sanitaria, in Basilicata come nel resto d’Italia, numerose già le pronunce di altri Tar sui buoni spesa Covid-19, nessun tipo di discriminazione è consentito: le limitazioni sono contro la legge. Non casualmente, come ha reso noto l’avvocato Angela Bitonti, «il Tar ha ritenuto non manifestamente infondata la pretesa avanzata dal ricorrente apprestandogli una tutela anticipata perchè ha ritenuto sussistenti gravi e urgenti quali quelli di necessità alimentare non procrastinabili». Il Tar regionale lucano, pronunciandosi con una ordinanza cautelare ante causam, prima, pertanto, della iscrizione al ruolo della controversia, ha iniziato a porre, per quanto di competenza, un punto fermo nella gestione dei buoni spesa a Matera. Ma quella del Tar potrebbe essere solo la punta dell’iceberg. Dalle procedure poco trasparenti, sembra non sia stato previsto neanche un protocollo per la ricezione e l’organizzazione delle domande, alle priorità con cui sono stati erogati i buoni fino alle modalità di selezione dei supermercati dove spenderli, più aspetti appaiono a cittadini e parte della politica ancora nebulosi. Anche il Comune di Potenza, inoltre, per i criteri di erogazione dei bonus pasto, potrebbe andare incontro alla stessa sorte al Tar. Non è escluso che nei prossimi giorni, ma comunque entro il termine stabilito dalla legge, venga impugnata anche la relativa delibera comunale del capoluogo». L’avvocato Angela Bitonti nel commentare con soddisfazione la pronuncia del Tar di Basilicata ha sottolineato «mai in questo momento di emergenza sanitaria che coinvolge tutti gli individui non si possono fare differenze e operare discriminazioni con particolare riferimento agli aiuti di natura alimentare». «Devono – ha aggiunto l’avvocato Bitonti – essere salvaguardati i diritti fondamentali dell’uomo in primis il diritto all’alimentazione che realizza il diritto primario alla vita». Soddisfazione per il provvedimento del Tar espressa anche da Paola Andrisani, impegnata con l’associazione Lunaria di Roma da oltre 10 anni su questioni di discriminazioni e razzismo. Ma non è tutto. Perchè il Comune di Matera, non costituitosi in giudizio, poche ore prima dell’ordinanza del Tar di Basilicata aveva concesso il sostegno al cittadino albanese sulla base della accertata difficoltà economica ma non procedeva alla modifica della delibera di giunta, così come già richiesto precedentemente dall’avvocato Angela Bitonti, referente Asgi Basilicata, con istanza di riesame in autotutela e come si raccomandava in una nota dell’Asgi inviata a tutti i Comuni della Basilicata al fine di consentire a tutti i cittadini italiani e stranieri, residenti e non residenti, regolarmente soggiornanti e irregolari, di richiedere il beneficio.
CORONAVIRUS, BUONI PASTO E DIRITTI. Il Tribunale di Roma, che ha accolto la la domanda cautelare presentata da parte di un nucleo familiare filippino, con tre minori, sprovvisto di permesso di soggiorno e di residenza, nel ricostruire la disciplina dei diritti fondamentali dei cittadini stranieri, tiene conto dell’importante evoluzione giurisprudenziale intervenuta soprattutto in materia di diritti sociali degli stranieri, ribadendo il principio affermato da tempo dalla Corte Costituzionale inerente il «carattere universalistico dei diritti umani fondamentali», per cui «esiste un nucleo minimo» di questi diritti che non può essere violato e «spetta a tutte le persone in quanto tali, a prescindere dalla regolarità del soggiorno sul territorio italiano». «Anche nella disciplina dei diritti sociali – ha specificato il giudice di Roma -, nella quale pure la discrezionalità del legislatore è molto più ampia che nella disciplina dei diritti di libertà, perché sono richiesti l’uso e la allocazione di risorse scarse, il diverso trattamento deve essere giustificato da ragioni serie e non deve, comunque, violare quel nucleo di diritti fondamentali che, appunto, vengono definiti “inviolabili”». In analoga vicenda, a Ferrara, invece, il giudice ha evidenziato come le fonti normative che «riconoscono il diritto alla assistenza sociale quale garanzia della dignità umana e di sostentamento minimo sono plurime, sia di carattere interno (artt. 2,3 e 38 della Carta Costituzionale), sia di carattere internazionale (richiamate ex art. 10, II comma della Costituzione, artt. 1,14 e 26 della CEDU) sia infine di tipo comunitario (art. 34 della Carta dei diritti dell’Unione Europea)». «La illogicità del provvedimento comunale e quindi la sua illegittimità per violazione della normativa delegante è, pertanto, ontologica – ha spiegato il giudice -; ma integra anche la violazione degli artt. 2 e 415 415 TUI (quanto meno per i titolari di permesso di soggiorno della durata di almeno un anno), poiché vi è una disparità di trattamento fondata sulla nazionalità che è, a mente dell’art. 43 TUI6, un fattore discriminante». Da sottolineare, inoltre, anche il passaggio nel quale viene precisato che «i titolari di protezione internazionale, nazionale e richiedenti asilo poi sono equiparati ai cittadini in materia di assistenza sociale, sicché la loro esclusione appare del tutto ingiustificata; i titolari di protezione umanitaria o di protezione per casi speciali hanno diritto alla parità di trattamento perché il relativo permesso di soggiorno ha durata non inferiore all’anno». Nell’ordinanza cautelare del Tar per l’Abruzzo, infine, si dà rilievo anche al fatto che il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio – Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica” (Unar) nelle “Linee Guida in materia di solidarietà alimentare in esecuzione dell’ordinanza della C.P.C. n. 658/2020 ha affermato che «… qualora fosse richiesto il requisito della residenza nei Comuni interessati, … questo requisito avrebbe … l’effetto di discriminare i potenziali beneficiari (senza fissa dimora) individuabili senza dubbio come soggetti in evidente stato di altissima fragilità sociale».