MORTE DI ELENA CESTE, CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: NESSUN OMICIDIO, LA VERITÀ È STATA SOMMERSA DAL FANGO
L’errore commesso ad Asti non solo ha condotto alla condanna di un innocente per un omicidio mai avvenuto e alla distruzione di una famiglia già colpita da un grave lutto ma ha lasciato passare il messaggio che, nel terzo millennio, una malattia psichiatrica sia uno stigma di cui vergognarsi
MORTE DI ELENA CESTE, CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: NESSUN OMICIDIO, LA VERITÀ È STATA SOMMERSA DAL FANGO
Ursula Franco è medico e criminologo, è allieva di Peter Hyatt, uno dei massimi esperti mondiali di Statement Analysis (una tecnica di analisi di interviste ed interrogatori), si occupa soprattutto di morti accidentali e suicidi scambiati per omicidi e di errori giudiziari.
È stata consulente dell’avvocato Giuseppe Marazzita, difensore di Michele Buoninconti; è consulente dell’avvocato Salvatore Verrillo, difensore di Daniel Ciocan; ha fornito una consulenza ai difensori di Stefano Binda dopo la condanna in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di Lidia Macchi.
Binda, il 24 luglio 2019, è stato assolto per non aver commesso il fatto.
Dall’ottobre scorso, la Franco è consulente di Paolo Foresta, che è difeso dall’avvocato Giovanni Pellacchia.
“La verità sul caso Ceste è agli atti, atti che evidentemente nessuno ha mai letto con il giusto filtro. Elena Ceste è stata uccisa dalla psicosi e dall’ipotermia. I soggetti in preda ad una crisi psicotica perdono il contatto con la realtà e possono mettere in atto comportamenti anomali e pericolosi a causa della perdita della capacità critica.
Il denudamento rientra tra i sintomi comportamentali della psicosi.
La scienza e la casistica parlano chiaro, esistono migliaia di foto e di video di soggetti psicotici che camminano per strada nudi.
Un’infinità di psicotici si sono riversati in strada nudi durante il lockdown, in tutto il mondo.
Impossibile negare l’evidenza. Una crisi psicotica non ha né orari né stagioni, il distacco dalla realtà impedisce infatti a chi ne è affetto di percepire il dolore, il freddo o il caldo.
Il fatto che i carabinieri della stazione di Costigliole e la procura di Asti ignorassero questo dato scientifico li ha condotti a ritenere che il ritrovamento dei resti della Ceste privi degli abiti fosse la prova dell’omicidio mentre non era altro che la conferma della crisi psicotica che l’aveva colpita il giorno della sua scomparsa.
L’errore commesso ad Asti non solo ha condotto alla condanna di un innocente per un omicidio mai avvenuto e alla distruzione di una famiglia già colpita da un grave lutto ma ha lasciato passare il messaggio che, nel terzo millennio, una malattia psichiatrica sia uno stigma di cui vergognarsi.
Il denudamento e la morte accidentale durante una crisi psicotica è l’unica ipotesi che si possa prendere in considerazione quando ad un soggetto è stata diagnosticata la psicosi, sul suo cadavere non vengono rinvenuti segni di una morte violenta e quando i RIS escludono che un cadavere sia stato trasportato sulle auto di famiglia.
È invece disancorata dalla realtà l’ipotesi omicidiaria poiché non è supportata da alcuna risultanza investigativa. Elena Ceste si denudò e raggiunse il Rio Mersa volontariamente e morì a causa delle basse temperature. Solo questa ricostruzione dei fatti spiega l’assenza di segni di una morte violenta sui suoi resti, l’assenza di segni di una colluttazione sul corpo Michele Buoninconti, l’assenza di segni del trasporto di un cadavere sulle auto di famiglia, l’incapacità da parte della procura di ricostruire i fatti in modo logico. Il primo a diagnosticare la psicosi alla Ceste è stato lo psichiatra Pirfo, consulente della procura di Asti, ma il giudice Roberto Amerio, invece di accogliere le conclusioni dell’esperto ha preferito svalutarle perché non erano funzionali all’idea che la procura di Asti si era fatta sul caso.
Nelle motivazioni della sentenza di primo grado, il giudice Amerio ha affermato erroneamente che un disturbo di personalità non è un disturbo psicopatologico e che il “delirio ad intermittenza è privo di riscontro scientifico” mentre invece è provato che l’andamento di un disturbo delirante è variabile e quello che il giudice definisce “delirio ad intermittenza” è di comune riscontro nella pratica psichiatrica in specie nei soggetti psicotici non sottoposti a terapia farmacologica. Piaccia o no al sistema e ai miei detrattori: Elena non è stata uccisa.
Il suo denudamento è la riprova della crisi psicotica che la condusse a nascondersi ai suoi fantomatici persecutori in un tunnel del Rio Mersa dove trovò la morte dopo essersi addormentata perché stremata dal delirio”