ACERENZA, È GUERRA ALL’ANTENNA
9 anni e 772 firme raccolte, il Tar sentenzia ma Scattone ribatte: «si è persa una battaglia, non la guerra, si valuta il ricorso al Consiglio di Stato»
Torniamo a parlare dell’antenna della discordia di Acerenza e questa volta lo facciamo con il primo cittadino Fernando Scattone, all’indomani della sentenza del Tar. L’Amministrazione Comunale invitava Telecom Italia spa a spostare l’impianto in altra località del territorio comunale, “Monte la Guardia”, «come da regolamento urbanistico comunale e come previsto altresì dal piano comunale di localizzazione per l’installazione di impianti di tele radiocomunicazioni».
«Si è persa una battaglia ma non la guerra», afferma in prima battuta Scattone. «Si tratta di una prima vicenda giudiziaria, durata ben 9 anni con la quale la società ha impugnato presso il TAR Basilicata la delibera di Consiglio Comunale n. 23 del 24.06.2011 con la quale si era disposto, unanimemente la delocalizzazione di un grosso impianto di telefonia mobile e fissa». Una notizia che lascia nello sconcerto anche i cittadini acheruntini, mobilitatisi in passato con una petizione popolare. La sentenza, «come tutte le sentenze, va rispettata ma non vi è dubbio che ci lascia perplessi e poco sereni, tanto che l’Amministrazione Comunale sta seriamente valutando, dopo le opportune verifiche con il proprio legale di fiducia, tutte le iniziative per continuare la battaglia iniziata qualche anno fa, ivi compreso l’eventuale ricorso al Consiglio di Stato» incalza il sindaco.
Per capire al meglio la situazione, Scattone spiega la collocazione dell’impianto, «preesistente alla delibera e installato sul territorio comunale quando l’intera area era identificata come agricola. La stessa area, nel corso degli anni, è diventata centrale rispetto all’intero contesto urbano con una collocazione logistica che la colloca, addirittura nelle strette vicinanze delle scuole acheruntine oltre che a diversi condomini. Molteplici -si avvia a concludere il sindaco- nel corso degli ultimi decenni le sollecitazioni giunte da cittadini, singoli ed associati, che hanno indotto le amministrazioni comunali a chiedere alla società la delocalizzazione degli impianti in questione tanto che la stessa delibera impugnata del 2011 è frutto di una petizione popolare sottoscritta da centinaia di cittadini», ben 772.
La vicenda dunque pare tutt’altro che conclusa.