BasilicataLettere Lucane

SE AMMALARSI IN BASILICATA DIVENTA UN LUSSO

Lettere Lucane

Durante la fase più drammatica di questa emergenza sanitaria, a volte, uscendo a ora tarda su una strada chiusa al traffico di Roma, chiamavo qualche mio amico in Basilicata, e mi facevo raccontare come stavano vivendo la quarantena. Tutti mi dicevano sempre la stessa cosa: che stavano chiusi in casa e che in giro non c’era nessuno.

Confesso che a volte mi innervosiva, tutta quella prudenza. Una sera, parlando al telefono con mia madre, che vive in una sperduta contrada di Rotonda, ho sbottato: “Ma insomma, che rischio si corre a farsi una passeggiata sulle nostre strade dove non passa mai nessuno? Ma che è tutta questa paura?” Mia madre mi diede una spiegazione che anche altri poi mi avrebbero dato: “Qui in Basilicata gli ospedali sono pochi, lontani e poco attrezzati.

Noi non possiamo permetterci di ammalarci”. In un primo momento pensavo che l’immediato autoisolamento dei lucani fosse causato da un eccesso di prudenza, ovvero da un fatto caratteriale. Poi mi sono reso conto che quell’isolamento estremo era conseguenza di un ragionamento, ovvero di una totale sfiducia nei confronti del sistema sanitario regionale.

Tuttavia organizzare la sanità in maniera efficiente su un territorio così grande, così poco popolato e così polverizzato a livello urbanistico non è affatto semplice, anche perché la popolazione lucana è sempre più anziana e sempre più esigente a livello sanitario. La mia personale opinione è che bisognerebbe investire maggiormente sui medici di base e sugli operatori sanitari territoriali, aumentandone il numero e attrezzandoli in maniera efficace. Affinché l’ospedale diventi l’extrema ratio, e non più la prima opzione per chi sta male o teme di esserlo.

diconsoli@lecronache.info

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